Savona. Lunedì 10 gennaio (giorno in cui gli studenti sono rientrati in classe successivamente al periodo delle vacanze natalizie): è stata questa la data cerchiata in rosso per testare la tenuta del sistema scolastico italiano, un mondo in netto affanno che, forse addirittura più di altri, ha fatto e continua a fare i conti con la soffocante burocrazia presente nel nostro Paese. Le quarantene terminano e ricominciano, una dietro l’altra, man mano che qualcuno diventa positivo. La didattica a distanza invece funziona a singhiozzo, tra orari ridotti, problemi di connessione e professori meno “smart” di altri. È stato insomma un inizio di 2022 che ha sicuramente messo a dura prova gli insegnanti, le famiglie e soprattutto gli studenti, studenti vittime di un sistema oltremodo macchinoso ed ingarbugliato.
Nel savonese le classi interamente a distanza risultano essere 2 su 10, un numero già consistente che però non tiene conto dei singoli alunni collegati da remoto (con i compagni che tuttavia continuano a seguire le lezioni in presenza) a causa della positività al Covid o per colpa di un contatto stretto avvenuto proprio con un positivo al virus. Non poteva dunque mancare il punto di vista degli studenti sulla questione, opinioni differenti che riescono però ad incontrarsi concordando sull’importanza del frequentare le lezioni in presenza.
MELISSA – seconda liceo scientifico: “Si è persa la socializzazione, persone lasciate allo sbaraglio”
Attualmente sto svolgendo le lezioni in Didattica a distanza, cosa che ormai è “di routine” come si suol dire. È per tutti, credo, un dispiacere seguire le lezioni da casa, poiché si è persa sia la socializzazione, ciò che era oggetto di quotidianità, che la possibilità di apprendere e interloquire in modo proficuo stando a “contatto” (perlomeno visivo non virtuale) con il personale scolastico.
Mi duole dire però che la difficoltà prestabilita di questo momento non è aiutata dalla sua gestione, infatti mi sono trovata a sentir parlare di quarantene, 2 casi, 3 casi, seconda dose, 120 giorni più o 120 giorni meno, insomma: un garbuglio di nozioni che piombano nella vita dello studente e delle rispettive famiglie, le quali ovviamente ne vengono spiazzate. Quando si tratta però di un nucleo abbastanza importante di persone alle quali viene comunicato il “possibile arrivo” di un “tempestivo” provvedimento di quarantena, non ci si aspetta di certo di ricevere una comunicazione ASL alle 22 di sabato sera, 3 giorni dopo la comunicazione dei casi positivi. 3 giorni in cui, con il mancato buonsenso di alcuni, questi avrebbero potuto muoversi liberamente.
Ciò che chiedo io, e credo non solo, è che in una situazione del genere si dia maggior priorità alle istituzioni scolastiche, non lasciando allo “sbaraglio” le persone (anche vaccinate, mi sembra doveroso sottolinearlo) che già sono costrette a seguire lezioni a distanza.
SOFIA – quarta superiore al liceo Chiabrera-Martini: “Tornare a suola la scelta migliore”
Tornare a scuola, considerando che non sono state adottate restrizioni in nessun altro ambito o quasi, credo che sia stata la scelta migliore. Chiudere le scuole al fine di limitare i contagi, ma tenere poi aperte e senza limitazioni o quasi tutte le attività commerciali (bar ecc…), luoghi che giustamente frequentiamo durante il nostro tempo libero avrebbe rappresentato davvero un paradosso.
Se tutti seguissero le regole e coltivassero soprattutto il rispetto reciproco sono certa che i contagi all’interno delle classi sarebbero minimi. Ovvio che la situazione che stiamo vivendo rende inevitabilmente anche la scuola, come ogni luogo affollato, una fonte di possibile contagio, ma non possiamo essere di nuovo noi studenti a sacrificarci; la nostra preparazione scolastica ha già risentito abbastanza degli effetti della Dad.
SARA – terza superiore al liceo Giuliano Della Rovere: “I prof si dimenticano di chi è distanza, si vive meglio in presenza”
Io sono stata in quarantena dal 5 al 21 gennaio prima per quarantena preventiva e poi perché sono risultata positiva. Con la dad si è creata una situazione un po’ particolare.
Spesso i prof si “dimenticavano” di noi a casa facendo partecipare alla lezione particolarmente la gente in classe, in più la connessione della scuola non era il massimo quindi spesso non si sentiva o la lavagna non si riusciva a vedere, cosa che impediva di riuscire a seguire lezioni come matematica, fisica e chimica.
I prof inoltre pretendevano/pretendono quasi tutti di fare le verifiche in presenza quindi a me per esempio si sono accumulate tutte al rientro. In sostanza in presenza si vive molto meglio.
FRANCESCO – quarta superiore al liceo Chiabrera-Martini: “Meglio la presenza, ma in questo periodo scelta azzardata”
Sono totalmente a favore della didattica in presenza a livello pedagogico, ma riaprire le scuole in questo periodo trovo sia siata una scelta azzardata e poco produttiva. Il motivo che hanno più utilizzato per giustificare la riapertura è stato “tanto la sera uscite e incontrate gli amici, facendo assembramenti”.
Trovo che questo modo di guardare al problema sia immaturo: l’istituzione deve garantire la nostra protezione e tutela, il fatto di scegliere o meno di uscire la sera è una questione di buonsenso personale, ma il fatto di tornare in presenza visto il numero di contagi è una scelta istituzionale che non garantisce totalmente la sicurezza degli studenti.
Le svariate opinioni degli studenti, chiamati ad esprimersi sul tema della didattica a distanza, confermano quindi quanto già messo in luce da alcuni genitori: frequentare le lezioni in presenza, nonostante qualche naturale dubbio o timore, continua ad essere la soluzione maggiormente gradita, una consapevolezza ribadita soprattutto da chi ha avuto modo di sperimentare una “didattica ibrida” considerata inconcludente e davvero poco stimolante.
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