Carrie, tu ci hai mentito.
A venticinque anni ho acquistato in un outlet, sperperando metà stipendio, le mie prime Jimmy Choo: color ciclamino. Splendide. Sensuali. Mordaci.
Ero assolutamente convinta che senza di esse non avrei mai potuto volteggiare tra i ciottoli di Sanna City, affiancata dalle mie storiche amiche, con il vento tra i capelli , ed andare insieme , a grosse falcate ad arraffare il nostro promettente futuro di donne indipendenti, emancipate, potenti.
In effetti, con quelle scarpe ai piedi mi sentivo come se fossi in grado di mangiarmi il mondo.
Ma siccome, Cara Carrie, a quell’età, non mi mangiavo solo il mondo, ma quotidianamente, anche una quantità di pastasciutta pari al fabbisogno settimanale lordo di una famiglia di muratori bresciani in trasferta, la mia camminata in bilico su quindici miseri centimetri di tacchi a spillo, finiva per assomigliare più all’incedere di un T Rex con i leggins troppo stretti, piuttosto che ad un felino avanzare da pantera.
C’è anche da dire, cara Carrie, che, forse, a Sanna Town sarei anche potuta passare inosservata, non fosse che un bel giorno il mio cane prese la decisione di sgranocchiare le povere Jimmy color ciclamino, lasciandomi orfana, disperata, e con le corde vocali danneggiate dal troppo sbraitare (NDR il cane ancora è vivo).
È rimasto comunque in me lo spirito della donna che corre coi lupi, Carrie, anche con le ballerine di Pittarosso, anche scalza, Carrie, io ti ho creduto, e ho continuato a mangiarmi il mondo, riducendo drasticamente la quantità di carboidrati, per fortuna.
Ma tu, Carrie, ci hai illuso.
Ognuna di noi ha avuto il proprio Mr Big. Quello che ci ha fatto piangere che nella puntata finale di Remì, quello che ci ha preso, mollato, ripreso, e poi rimollato, talmente tante volte che abbiamo perso il conto.
Ma tu, Carrie, ci hai creduto.
Si è sposato con un’altra. E te lo sei ripreso.
Ti ha tradito. E te lo sei ripreso.
Ti ha mollato sull’altare davanti a tutta la city. E te lo sei ripreso.
Ci hai creduto, alla inusuale e rara redenzione dello stronzo per eccellenza, ed alla fine hai avuto ragione tu, e te lo sei sposato.
Tutto bene? Sembrerebbe di sì. Tutto a posto? Ma certo, tutto tranquillo. Tutti felici e contenti.
E invece no.
Arriva il reboot.
Che cosa vuol dire reboot? In definitiva vuol dire “roviniamo definitivamente il ricordo di una serie iconica”
Sì, perché dopo mezza puntata, in cui Carrie e Big sono finalmente felici e innamorati, e passano le giornate a cucinare salmone in una cucina immacolata, e ad ascoltare vecchi vinili in pigiama di seta, sorseggiando chardonnay ghiacciato, lui schiatta.
Mr Big schiatta. Fine. Kaput. Infarto secco. Stecchito.
E non è che schiatti in un modo epico cavalleresco, no. Muore mentre fa la cyclette. Come un qualsiasi geometra di Casei Gerola col colesterolo alto.
Tutto sto casino, anni di tormenti, e questo schiatta così. NON SI FA.
E tu, Carrie, nel reboot sei favolosa. Ancora volteggi su quei tacchi vertiginosi, leggera come un colibrì, ancora ti mangi la città con la tua chioma leonina e quegli abiti che tolgono il fiato.
E sei vecchia. Ma sei sempre tu. Il viso spigoloso con poco trucco, tante rughe, qualche filo bianco. Sei vecchia. Sei tu e sei splendida.
E ci illudi. Mi illudi. Perché vecchia lo sto diventando pure io. E mi sento fuori posto e sopra le righe come la Signorina Carlo, un po’ stramba, fuori tempo. Fuori luogo.
E tu, ancora, Carrie, mi illudi che la femminilità non muore con la tonicità muscolare, che la voglia di giocare con la moda non passa, che ancora mi posso mangiare il mondo a morsi, anche se la vita mi ha segnato, i dolori mi hanno spezzato, l’amore squassato l’anima e il corpo.
A quarantaquattro anni ho comprato il mio secondo paio di Jimmy Choo. Altissime. Dorate. Bellissime.
Non sono più la ragazzona mangiona di vent’anni fa. Sono una donnina piccola e energica, con tutte le rughe che raccontano vita. A volte, è vero, assomiglio più alla signorina Carlo che a Carrie Bradshaw ma stasera, cara Carrie, indosserò le mie Jimmy, correrò con i lupi, volteggerò tra i ciottoli di Sanna City, e, soprattutto, starò molto attenta al mio cane.
“Rosso Pistacchio” è la rubrica di Marzia Pistacchio, che ama definirsi “una truccatrice struccata”. Ogni martedì uno spazio dal taglio volutamente “leggero” con i suoi racconti, nati su IVG e poi diventati un libro. Clicca qui per leggere tutti gli articoli