Magazine

Nera-mente

Il “cold case” di Nada Cella: vicino alla risoluzione dopo 25 anni?

"Nera-Mente" è la rubrica di Alice: un viaggio tra i fatti oscuri dell'attualità

Generico dicembre 2021

Quello di Nada Cella è un triste delitto rimasto irrisolto per ben venticinque anni. Nelle ultime settimane si è tornato a parlarne, specialmente durante la trasmissione “Chi l’ha visto”, per via di alcune novità che potrebbero portare alla risoluzione del caso.

Ma torniamo un attimo indietro per capire di cosa stiamo parlando.

Nada Cella era una giovane ragazza, nata nel 1971, trovata morta nello studio del suo datore di lavoro il 6 maggio 1996. Originaria di Chiavari, all’epoca dei fatti venne tratteggiata dai parenti e dagli amici come una ragazza timida e semplice, i cui interessi, oltre alla famiglia e al lavoro, erano la fotografia, il cinema e la palestra. A soli vent’anni Nada trovò lavoro presso lo studio di Marco Soracco, commercialista, l’uomo che cinque anni dopo trovò il suo cadavere.

Lo studio di Soracco si trovava in via Marsala a Genova, motivo per cui questo fatto di cronaca è conosciuto anche come “l’omicidio di Via Marsala”.

In base a quanto risulta dalle indagini, Soracco, il 6 maggio 1996, arrivò in ufficio alle 9:12. Dopo aver risposto alla telefonata di una cliente andò verso l’ufficio di Nada per capire come mai non avesse risposto al telefono, visto che era lei a filtrare le telefonate. Il commercialista trovò la Cella a terra, viva ma agonizzante, in un lago di sangue. Dopo essersi avvicinato alla ragazza per capire cosa fosse successo, alle 9:15, come risulta dai tabulati del 113, chiamò i soccorsi.

La ragazza, secondo gli inquirenti e il medico legale, fu aggredita tra le 8:50 e le 9:10. Nello studio del commercialista non furono trovati segni di effrazione e nella stanza di Nada, così come nelle altre stanze, non vi era alcun segno di lotta. Tutto si consumò in pochi minuti: la ragazza fu colpita ripetutamente, anche quando era a terra già priva di sensi.

L’esame autoptico dimostrò che sul corpo di Nada Cella erano presenti tre tipi di lesioni. Le prime erano causate da un corpo contundente, mai ritrovato, dotato di spigolo. Le seconde erano state provocate da una serie di calci e pugni che l’assassino aveva sferrato a Nada. Il terzo tipo di lesioni era stato causato dall’urto violento con il pavimento. Queste ultime furono considerate dai periti medici le più letali.

Procedere con le indagini non fu semplice: la scena del delitto fu contaminata da vari soggetti. I primi furono i sanitari che arrivarono sul posto per prestare soccorso a Nada. Poi, Marisa Bacchioni, madre di Marco Soracco, nota per la sua fissazione con le pulizie, per eliminare le tracce di sangue, pensando che Nada fosse caduta in seguito ad un malore, lavò il vano ingresso dello studio e le scale del palazzo.

Il medico legale constatò che l’assassino doveva per forza essersi sporcato con il sangue della vittima ed infatti, secondo la testimonianza della persona che viveva nell’appartamento sotto lo studio, l’acqua del rubinetto del bagno fu fatta scorrere a lungo, segno che chiunque avesse ucciso Nada si lavò per cancellare le macchie di sangue. Accanto al corpo della giovane segretaria fu trovato un bottone, appartenente probabilmente a un cardigan o a un paio di Jeans.

I carabinieri raccolsero la testimonianza di un mendicante e di una persona vicina alla famiglia Soracco : questi avevano visto una donna somigliante ad Annalucia Cecere, amica del commercialista, uscire dal palazzo di Via Marsala proprio nelle ore in cui si sarebbe consumato il delitto.

Il primo ad essere iscritto nel registro degli indagati fu proprio Marco Soracco: ci fu l’ipotesi che l’uomo avesse corteggiato la Cella venendo respinto, ed uccidendola di conseguenza. Ipotesi mai confermata, fatto che, anche se dopo ben un anno, fece uscire ufficialmente il commercialista dal gruppo degli indagati. Furono poi presi in considerazione un’inquilina dello stabile affetta da schizofrenia, un altro condomino, che aveva gettato lo scontrino di un bar per le scale, raccolto dalla signora Bacchioni e messo nei cestini dello studio. Inoltre fu preso in considerazione un ex fidanzato di Nada, che però aveva un alibi.

Una cliente dello studio, tale signora Di Vaio, chiamò per quattro volte tra le 8.45 e le 9.20 la mattina del 6 maggio 1996 allo studio Soracco. Alla seconda e alla terza telefonata le rispose una voce femminile che, in maniera molto brusca, disse alla signora che aveva sbagliato numero ed attaccò velocemente. La quarta volta rispose Marco Soracco, che la informò dell’aggressione alla segretaria. Questa pista non è mai stata approfondita.

Annalucia Cecere fu indagata all’indomani del delitto poiché il bottone trovato sulla scena del crimine era simile ad altri trovati nella sua abitazione, ma il raffronto venne fatto dagli inquirenti solo tramite foto. La donna oggi ha 53 anni ed è un ex insegnate in pensione che vive in provincia di Cuneo. Sembra che all’epoca Annalucia Cecere fosse innamorata di Marco Soracco e, probabilmente, considerava Nada un ostacolo alla loro relazione.

Il 9 agosto del 1996 la madre di Soracco ricevette una telefonata anonima, lunga ben sette minuti, da parte di una signora che si presentò come “signorina”, raccontando di aver visto la Cecere sconvolta infilare qualcosa sotto la sella del suo motorino parcheggiato davanti al negozio di calzature di via Marsala a una decina di passi dal portone del palazzo, proprio la mattina dell’omicidio. Quella chiamata fu registrata e fu consegnata agli inquirenti; ad oggi non si sa chi abbia fatto quella telefonata, e chi siano state le altre quattro signore in compagnia della “signorina”, anch’esse, a suo dire, testimoni del fatto.

Nel maggio 2021 la Procura di Genova ha riaperto il caso di Nada Cella e, servendosi delle nuove tecnologie, ha deciso di analizzare alcuni profili di DNA femminili e maschili trovati sulla camicetta di Nada e sulla sedia dell’ufficio, oltre ad una impronta papillare. Annalucia Cecere è indagata per omicidio aggravato, mentre Marco Soracco e sua madre Marisa Bacchioni, 89 anni, sono indagati per false dichiarazioni.

Il caso è stato riaperto anche grazie alla criminologa Antonella Pesce Delfino, che aveva deciso di ritornare sul delitto di Via Marsala tre anni fa, quando, arrivata a Genova per frequentare un corso di criminologia, per la sua tesi conclusiva iniziò a lavorare al ‘cold case’ di Nada Cella. Dopo aver parlato con la Cecere la criminologa ha ricevuto minacce attraverso messaggi audio: “Ti ci trascino per i capelli“, “Non fare la finta tonta, stronza“, “Hai paura, eh?“. Queste sono alcune delle minacce che le ha inviato l’ex insegnante dopo averla incontrata.

Il caso è tutt’ora al vaglio degli inquirenti. Alla luce di tutto ciò, non possiamo che augurarci che, finalmente, dopo tanti anni, la povera Nada ed i suoi familiari possano finalmente ricevere la giustizia che meritano.

“Nera-mente” è una rubrica in cui si parla di crimini e non solo, scritta da Alice: clicca qui per leggere tutti gli articoli

Più informazioni

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.