Allarme

Covid, nell’Imperiese l’incidenza più alta d’Italia: in Liguria +57%. Toti: “Diminuire i contagi senza chiusure”

Fondazione Gimbe: "Servono scelte tempestive e rigorose, i vaccini potrebbero non bastare per arginare la quarta ondata"

coronavirus

Liguria. “Abbiamo davanti una grande sfida: diminuire i contagi senza chiudere il Paese. Per questo ben vengano tutte le misure che sono state elencate durante la riunione della cabina di regia che ho seguito con grande attenzione insieme agli altri governatori”.

Lo ha detto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti in vista del nuovo decreto anti-Covid che prevede una “stretta” per le festività natalizie.

“Condividiamo con il Governo la direzione della massima prudenza, in un momento di ripresa dei contagi e, seppur in modo ridotto rispetto anno scorso, anche delle ospedalizzazioni”.

“Bene quindi la scelta di prevedere ulteriori misure che vogliono essere di attenzione, con l’obiettivo di tutelare la salute dei cittadini e ridurre il più possibile i rischi di trasmissione del Covid, senza però fermare il lavoro e la vita di tutti noi in un momento così importante come le feste di Natale” conclude il governatore.

Parole che arrivano in un momento difficile sul fronte sanitario in Liguria, con il rischio concreto di zona arancione stando all’attuale incidenza del virus: con 861 contagi ogni 100mila abitanti è la provincia di Imperia a registrare in Italia la più alta incidenza settimanale di nuovi casi di coronavirus nella settimana 15-21 dicembre 2021, secondo l’ultimo report della fondazione Gimbe. In Liguria si registra un incremento percentuale dei nuovi casi del 57,1% rispetto al periodo precedente, con 558 persone attualmente positive ogni 100mila abitanti.

Nelle altre province liguri i numeri sono alti ma non così drammatici: a Savona e dintorni 387 nuovi casi ogni 100mila abitanti, alla Spezia 312 casi, chiude Genova con 285 casi. Tutte ben oltre la soglia – ormai soprattutto psicologica – dei 250 casi ogni 100mila abitanti, quella che con le vecchie regole avrebbe fatto scattare immediatamente la zona rossa, mentre ora si guarda alla situazione degli ospedali: in Liguria, secondo il rapporto Gimbe, i positivi occupano il 22,9% dei posti in area medica e il 14,2% di quelli in terapia intensiva. Numeri che al momento valgono la zona gialla, ma che iniziano a pendere verso le soglie della zona arancione (rispettivamente 30% e 20%).

In Liguria il tasso di copertura delle terze dosi è di poco superiore alla media nazionale: 51,7% contro 51,2%. Lievemente superiore alla media anche la percentuale di chi ha completato il ciclo vaccinale (78,2% rispetto al 77,9%) e molto simile quella di chi ha ricevuto almeno la prima dose (80,9% contro 81%). Di fatto solo un ligure su cinque oggi non è mai stato vaccinato (compresi i non vaccinabili, cioè i bambini con meno di 5 anni).

“Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – aumentano ancora i posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +17% in area medica e +17,3% in terapia intensiva». A livello nazionale, al 21 dicembre, il tasso di occupazione da parte di pazienti COVID è del 13,4% in area medica e dell’11,1% in area critica, con notevoli differenze regionali: la Provincia Autonoma di Trento supera la soglia del 15% in area medica (19,1%) e del 20% in area critica (27,8%); le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica risultano entrambe superate in Calabria (23,2% area medica e 12,4% area critica), Friuli-Venezia Giulia (23,4% area medica e 16,6% area critica), Liguria (22,9% area medica e 14,2% area critica), Marche (18,2% area medica e 15,6% area critica), Provincia Autonoma di Bolzano (18% area medica e 19% area critica) e Veneto (17,6% area medica e 16,5% area critica). Inoltre, per l’area medica si colloca sopra la soglia del 15% la Valle D’Aosta (23,2%), mentre per l’area critica superano la soglia del 10% Abruzzo (10,5%), Emilia-Romagna (12%), Lazio (13,6%), Lombardia (10,5%), Piemonte (10,2%), Toscana (10,7%) e Umbria (10,5%)”

E il presidente della fondazione Gimbe, NinoCartabellotta, lancia l’allarme: “L’impennata della curva dei contagi, la lenta e progressiva congestione degli ospedali, l’incertezza sulla reale prevalenza della variante omicron nel nostro Paese, i dati preliminari sulla sua maggiore contagiosità e le incognite sulla protezione vaccinale aprono scenari che impongono scelte politiche tempestive e rigorose, perché i vaccini da soli potrebbero non essere sufficienti a contrastare l’avanzata della variante, come già ribadito dall’Ecdc e dall’Oms”.

Per questo la fondazione ha presentato alcune proposte al Governo: tra queste introdurre immediatamente l’obbligo vaccinale per tutte le categorie di lavoratori a contatto con il pubblico e nel medio periodo per tutta la popolazione, accelerare la somministrazione delle terze dosi e le vaccinazioni nella fascia 5-11 anni, ridurre le tempistiche di somministrazione della dose booster (a 3-4 mesi dal completamento del ciclo vaccinale), innanzitutto per anziani e fragili, istituire l’obbligo di indossare una mascherina FFP2 nei luoghi pubblici al chiuso e sui mezzi di trasporto, allineare la validità del green pass rafforzato ai tempi stabiliti per la somministrazione della dose di richiamo, estendere l’obbligo del green pass base ai luoghi di ritrovo dove al momento non è richiesto (come centri commerciali, luoghi di culto), ma anche ridurre la capienza massima dei luoghi di aggregazione (discoteche, stadi, cinema, teatri), vietare lo svolgimento di grandi eventi pubblici per il Capodanno, incentivare lo smart working.

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