Preoccupazione

Sentenza concessioni demaniali: “Colpo fatale alla Blue Economy”

Altri commenti dopo la decisione del Consiglio di Stato: "Effetti devastanti per tutto il settore del turismo nautico e balneare"

balneari bagni marini

Liguria. “Bye Bye Blue Economy… La sentenza del Consiglio di Stato sulle concessioni demaniali avrà effetti devastanti sull’economia del mare”. L’allarme arriva da Assonautica, che commenta la decisione della giustizia amministrazione che ha scatenato rabbia tra i balneari e diverse reazioni politiche.

L’attesa pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è arrivata ieri. Con le Sentenze nn. 17 e 18 del 9/11/2021 il Supremo Giudice Amministrativo si è pronunciato cassando in modo definitivo le proroghe attuate dal legislatore al 2033, riducendone i termini al 31/12/2023. Periodo lasciato al legislatore nazionale per attuare la riforma del settore e prevedere sistemi ad evidenza pubblica per la scelta dei prossimi concessionari a cui affidare i beni del demanio marittimo, il tutto in un’ottica di adeguamento della normativa nazionale ai principi eurocomunitari.

Assonautica, a livello nazionale e locale, ha avviato una profonda e compiuta analisi delle sentenze con l’ausilio dei consiglieri e con gli organi territoriali, con riferimento alle tematiche del demanio marittimo e della nautica da diporto, dichiarando al riguardo: “Rispettiamo quanto statuito in maniera così forte e definitiva dal Consiglio di Stato, ma dobbiamo in ogni caso rilevare che tali pronunce hanno una portata deflagrante per il settore della Blue Economy, ancora profondamente colpito economicamente dalla pandemia Covid-19, tuttora in corso”.

“Gli interventi legislativi oggi cassati avevano proprio il fine di coadiuvare e supportare la ripartenza occupazionale ed economica di un settore economico fondamentale per l’Italia che – come evidenziato nel IX rapporto nazionale sull’Economia del Mare sull’Economia del Mare promosso da InForMare (l’azienda speciale della Camera di Commercio di Latina-Frosinone) presentato durante lo scorso Salone della Nautica di Genova – produce un valore aggiunto pari a 47,5 miliardi di euro, ovvero il 3,0% del totale dell’economia italiana, ma che con il proprio effetto moltiplicatore dell’1,9% arriva ad un ammontare produttivo complessivo pari a 136,9 miliardi di euro, cioè l’8,6% del valore aggiunto prodotto dall’intera economia nazionale e che, soprattutto, occupa circa 900 mila addetti ed operatori, molti dei quali operano proprio in regime di concessione demaniale”.

“Avevamo chiesto al Parlamento ed al Governo certezza del diritto, dobbiamo oggi rinnovare con forza questa richiesta. Solo, infatti, regole certe e ben definite potranno nei prossimi anni permettere all’Economia del Mare di continuare a sviluppare ricchezza ed occupazione per il sistema Italia, assicurando gli investimenti fatti e non ammortizzati e quelli da fare e necessari a garantire l’efficientamento – anche energetico e sostenibile – dei beni concessi, scongiurando, pertanto, ipotesi di deperimento dei beni in concessione, di perdite di posti di lavoro o ancora di calo dello standard qualitativo dei servizi turistici offerti”.

“Per far ciò intendiamo concertare con gli altri rappresentanti istituzionali e datoriali del settore proposte condivise al fine di presentare al Governo strumenti utili di regolamentazione del settore e di valorizzazione del patrimonio marittimo nazionale e che possano dare subito risposte certe al mercato ed agli operatori economici”.

“Assonautica intende porsi in un’ottica proattiva e, partendo da quanto statuito dall’Adunanza Plenaria, utilizzare tale periodo di tempo, coincidente di fatto con l’attuale legislatura, per rilanciare, di concerto con gli altri stakeholder ed a supporto del Governo, in maniera organica la Blue Economy nazionale” conclude.

“È di massima urgenza che Governo e Parlamento approvino una riforma del demanio individuando il giusto equilibrio tra i principi della concorrenza e la doverosa tutela degli investimenti e degli interessi dei concessionari uscenti” afferma Alessandro Riccomini, presidente di Cna Balneari Liguria.

“Si tratta di una sentenza che non tiene conto di una legge approvata dal Parlamento in materia di prolungamento delle concessioni”.

“Occorre scongiurare – prosegue Riccomini – un pesante impatto sociale ed economico su 30mila imprese balneari italiane, e sul loro indotto, che rischiano di essere messe in liquidazione dopo importanti investimenti ancora da ammortizzare per realizzare un’offerta di servizi turistici balneari di alta qualità, capace di attirare clienti e turisti responsabili e di alta gamma, un’esperienza quasi unica nel contesto europeo”.

“La politica deve tutelare le famiglie dei balneari italiani direttamente impiegate nella conduzione dello stabilimento balneare e che da questo traggono la loro unica fonte di reddito” conclude.

“Con tutto il rispetto per il Consiglio di Stato, per le norme europee e della concorrenza, è necessario tutelare chi ha tutelato per anni il nostro litorale a rischio erosione, chi ha fatto la storia del turismo Ligure, chi ha rischiato, investito, dà lavoro e risorse al territorio” ha sottolineato il sindaco di Andora Mauro Demichelis.

“Davvero vogliamo correre il rischio che le aste pubbliche consegnino il nostro litorale a multinazionali con molteplici interessi nel mondo, che sfrutteranno le concessioni per poi investire i ricavi altrove, non lasciare nulla sul territorio o peggio impoverendolo?” conclude.

“Quanto deciso ieri dal Consiglio di Stato rischia di distruggere un tessuto di Pmi dalla forte tradizione storica, spesso a conduzione familiare, che quest’estate e la prossima non farà più alcun investimento a causa dell’incertezza che si è creata. I balneari sono vittime di tutto ciò, ma chi ne esce con disonore sono due generazioni di politicanti che, mentre la Bolkestein veniva scritta a Bruxelles e successivamente applicata, trovando guarda caso solo in Italia il rischio di un’applicazione così nefasta, si sono disinteressati di salvaguardare un comparto strategico per il turismo nazionale – ha aggiunto ancora Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega al Parlamento Europeo -. Solo grazie all’intervento legislativo della Lega e dell’allora ministro Centinaio, nel 2018 si è rotto un immobilismo istituzionale che durava da troppo tempo”.

“L’assurda sentenza di ieri è anche la conferma che in Italia è in corso un conflitto tra diversi poteri, e assieme all’offensiva dei giorni scorsi nei confronti degli operatori balneari da parte di alcuni potenti media fa riflettere su quanto gli attacchi alle nostre imprese vengano da chi, in Italia, vuole mettere in pericolo impresa e lavoro in un settore, quello turistico, in cui le grandi aziende straniere non sono ancora riuscite a penetrare in profondità. Ora la priorità del Governo deve essere chiarire con la Commissione Europea come chiudere la procedura d’infrazione aperta a Bruxelles, tutelando imprese che già formano un mercato con oltre sessant’anni di storia, tutt’altro che bisognoso di presunte norme a tutela della ‘concorrenza’. La Lega non arretra di un millimetro su questa battaglia, come sulle altre, dove ancora una volta ci scopriamo soli contro un sistema che tutela interessi ben diversi da quelli del nostro Paese” conclude.

Infine, il commento del consigliere regionale Angelo Vaccarezza (QUI il video).

Alle parole del coordinatore regionale di Cambiamo ha risposto il deputato ligure del Pd Franco Vazio: “Caro Angelo, nel merito sono molto d’accordo con te! Però per difendere il settore balneare bisognerebbe almeno seguire la cosa, leggere e capire. La politica non ha fallito! Non ha deciso nulla di ciò che parli… È il Consiglio di Stato che ha pronunciato una sentenza in adunanza plenaria. Brutta, ma una sentenza”.

“Ora la politica deve rimboccarsi le maniche e partendo da tale pronuncia deve provare a dare risposte e soluzioni che siano coerenti, utili e positive per il settore. Con grande serietà e determinazione il sottoscritto in questi anni, con tanti altri colleghi, ha fatto quello che era possibile per difendere il valore delle aziende balneari”.

“Ti ricordo – magari lo hai dimenticato – che il problema però nasce a seguito della ratifica della direttiva Bolkestein che ha un padre unico nel governo Berlusconi. Gli altri hanno tentato e tentano anche in queste ore di rimediare. Senza strumentalizzare a fini politici, senza vessilli politici. Facciamolo insieme con serietà!” ha concluso Vazio.

“Sono esaustive le parole di Giorgia Meloni dette ieri: il Consiglio di Stato decide di non considerare una legge del Parlamento e la disapplica nell’assoluto silenzio del Governo – tuona l’ex consigliere Regionale Augusto Sartori che oggi presiede il dipartimento della ristorazione e dei locali notturni di FdI – in questo modo il Parlamento non conta più, ma già il fatto che sul tema delle concessioni il Governo a demandato una decisione che è puramente politica ad un organo tecnico e questo ha tolto il potere al popolo che ormai non è più sovrano, come recita la costituzione, ma che è soggetto al sovrano burocratico”.

“La notizia della disapplicazione della legge Centinaio del 2018 – si legge nella nota congiunta dei dipartimenti liguri contro la direttiva – è arrivata come una tegola sulla testa di centinaia di imprenditori del settore balneare che, come ogni imprenditore, in assenza di una assicurazione sul suo futuro smette di investire e questo vorrà dire che i nostri lidi saranno privati di significativi investimenti sino al 2023 e quindi per 2 stagioni possiamo dire addio a chi ogni giorno si occupava di tenere pulita ed in ordine la spiaggia, di chi assicurava i servizi di salvamento, di chi accoglieva i turisti e i residenti dando a loro un servizio che è economia e cultura, ma soprattutto si bloccheranno investimenti in termini di occupazione e per interi comprati si bloccheranno a cascata tutti i settori collegati da quello agroalimentare a quello del divertimento e svago. Insomma il Governo che permette i rave party illegali oggi de facto impedisce che chi ha investito per anni nell’accoglienza degli stabilimenti balneari di proseguire in un lavoro che è tradizione oltre che sostentamento. Ovviamente non possiamo nasconderci dietro un dito e di fronte a poche storture del mercato e situazioni dubbie il Governo ha punito un comparto che comunque viene da 2 anni di profonda crisi per la mancanza di certezza del futuro”.

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