Stato di agitazione

Schneider, i lavoratori sfilano in centro a Cairo: “Cessione problema dell’intero territorio” fotogallery

Il sindaco di Cairo: "Non solo vorremmo che l'azienda rimanga ma che venga potenziata e implementata la produzione"

Cairo Montenotte. Stamattina alle 10 a Cairo Montenotte è partito da Vittorio Veneto a Cairo, di fronte al cimitero, il corteo dei 130 lavoratori di Schneider Eletric in sciopero per manifestare contro la decisione dell’azienda di cedere il sito valbormidese organizzato dalle sigle sindacali Fim, Fiom e Uilm a livello nazionale.

Alle 11 è previsto l’appuntamento a Palazzo Chebello dove, almeno nelle speranze dei sindacati, dovrebbero essere presenti i 19 sindaci della Val Bormida, i consiglieri provinciali e regionali e i parlamentari savonesi.

“Anche i commercianti e la società civile devono prendere parte a questa iniziativa dei lavoratori, perché domani diventerà un problema per tutto il tessuto economico e per l’intero territorio. Così Andrea Pasa segretario provinciale della Cgil, che insieme alle altre unioni sindacali ha organizzato lo sciopero di oggi. “Abbiamo voluto appositamente transitare nella via centrale della città, passando davanti al Comune e alle scuole: sono proprio le istituzioni che devono aiutarci a convincere la multinazionale a non abbandonare il presidio in Val Bormida, riconvertendo magari la produzione”.

Pasa pone l’attenzione sulle possibilità esistenti: “Le istituzioni devono convocare subito l’azienda. Ci sono le risorse, 50 milioni di euro per l’area di crisi complessa, ci sono le aree, milioni di metri quadri di capannoni in cui trasferire la produzione, attualmente ‘in casa’ di Trench. Agiamo subito, non si può più aspettare”.

Al segretario provinciale della Cgil fanno eco Gianni Mazziotta (Cisl) e Simone Pesce (Uil) e sottolineano l’importanza di fare rete con le istituzioni. “I lavoratori vogliono rimanere Schneider – aggiunge Mazziotta -. Se il prodotto è vecchio e ci esternalizzano, dove andremo? L’azienda che dovrebbe acquistare lo stabilimento di Bragno ha 250 dipendenti, di cui trenta in Italia e i restanti in Tunisia. Quindi che garanzie abbiamo per i nostri 130 lavoratori? Dobbiamo continuare a parlare ‘Schneider’“.

“Il capitale più prezioso sono le persone – sottolinea Pesce -. Facciamo fronte comune con tutte le istituzioni insieme ai sindacati per respingere questa decisione scellerata. Si tratta di un’ennesima brutta pagina di relazioni sindacali sia per metodo che per merito. Purtroppo questa vicenda si annovera tra i tanti casi nei quali aziende multinazionali decidono di abbandonare il nostro Paese con scarso confronto, con motivazioni esclusivamente economiche e senza alcun riconoscimento rispetto ai territori che le hanno ospitate (e, in alcuni casi aiutate) nonché nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno contribuito per anni al loro successo”.

“È inaccettabile – spiega Simone Mara, Coordinatore territoriale Fim Cisl Liguria – apprendere della vendita del polo produttivo di Cairo Montenotte da parte di un grande gruppo come Schneider Electric a mezzo stampa senza aver potuto valutare e condividere insieme e per tempo eventuali soluzioni alternative. La nostra attuale posizione è quella di opporsi strenuamente alla vendita per tutelare le lavoratrici ed i lavoratori che in questi anni hanno contribuito alla produttività ed alla prosperità di tutto il Gruppo Schneider. La mobilitazione di oggi ed il successivo incontro con le Istituzioni hanno voluto evidenziare la necessità di costituire un fronte comune unito per raggiungere l’obiettivo del mantenimento dei posti di lavoro nello stabilimento di Cairo”.

Anche i lavoratori fanno sentire la loro voce: “Abbiamo fatto i salti mortali, non ci siamo mai fermati nemmeno durante la pandemia – ricorda Alex Grillone, rappresentante Rsu -, l’altro giorno eravamo a spalare il fango in azienda dopo il maltempo, lavoriamo anche il sabato e la domenica. Ogni richiesta dell’azienda è stata soddisfatta. Ma adesso cosa possono ancora pretendere in materia di flessibilità?”.

“Rispetto all’impegno sul territorio io ci sono e ci sono sempre stato. È il momento di mettere insieme a tutte le forze politiche e fare la nostra parte – si unisce al coro di sindacati e sindaci il senatore leghista Paolo Ripamonti -. Attendiamo già oggi di essere ricevuti dall’azienda, insieme alla mia collega parlamentare Sarà Foscolo e all’assessore regionale Stefano Mai, oltre che ad Andrea Benveduti già in campo. Il ministro Giorgetti – conclude – ha ribadito di voler dare soldi e risorse a chi merita di impegnarsi sul territorio”.

“Le multinazionali abbondano i territori e lasciano sole le famiglie – punge il consigliere regionale del Partito Democratico Roberto Arboscello -. Non facciamo fughe in avanti, lo dico alle istituzioni: tutti devono impegnarsi su tavoli istituzionali, non politici“. “Vertenze, tavoli e discussioni ne ho fatti fin troppi – aggiunge il consigliere regionale di Cambiamo Angelo Vaccarezza -. Oggi bisogna dire basta, non si può continuare a dividere il territorio in colori politici“.

Il capogruppo regionale di Cambiamo, Angelo Vaccarezza, ha affermato: “Centotrenta dipendenti vogliono dire centotrenta famiglie. Il territorio della Valbormida non può permettersi le ripercussioni negative derivanti da una cessione, dallo smantellamento di una forza lavoro che è fondamentale. Obbligatorio esserci. Imperativo per tutte le forze politiche, fare quadrato per combattere questa battaglia, e far sì che i vertici aziendali mantengano lo stato occupazionale di queste persone, che hanno una dignità, che sono, della Schneider, il capitale più prezioso. Deve essere ricercata ogni possibile via, affinché questa presenza industriale, che è una pagina importante della storia produttiva ed occupazionale della provincia, resti qui. E per far questo la politica deve impegnarsi nell’unico modo utile a portare risultati, facendo squadra per il territorio, e non per visibilità di partito”.

Anche il sindaco di Cairo Paolo Lambertini esprime la sua preoccupazione per uno dei siti produttivi valbormidesi: “E’ un presidio importante per il nostro territorio – sottolinea Lambertini -, che ha lavorato e sta ancora lavorando, quindi siamo qui per chiedere insieme agli altri amministratori locali e ai sindacati di non perdere posti di lavoro. Il nostro è un territorio a vocazione industriale e lo dimostra il fatto che abbiamo ancora oggi molto posti di lavoro. Siamo qua tutti insieme per vedere cosa possiamo fare nelle nostre possibilità. Non solo vorremmo che l’azienda rimanga ma che venga potenziata e implementata la produzione“.

Il corteo dei lavoratori di Schneider
Il corteo dei lavoratori nel centro di Cairo

Lo scorso sabato, 2 ottobre, i lavoratori avevano fatto un picchetto spontaneo davanti alla sede dell’azienda per far sentire la loro voce: “Prima essenziali, poi dimenticati”, si leggeva su uno degli striscioni. A subentrare sarebbe la Semar di Ancora (fornitore di Schneider) ma la preoccupazione è che non vengano mantenuti i livelli occupazionali di oggi.

“La Schneider Electric non è una multinazionale in crisi – avevano tuonato i lavoratori – ma il valore delle sue azioni è molto alto e investe molti soldi anche a fondo perduto. Noi come dipendenti del sito abbiamo sempre supportato, rendendoci disponibili e flessibili in svariate situazioni, le richieste che negli anni ci sono state fatte, credendo in quello che l’azienda faceva. Ora ci chiediamo, alla luce degli ultimi sviluppi, perché il gruppo – che non produce solamente trasformatori ma svariati altri prodotti – non ci abbia proposto soluzioni alternative come ad esempio convertirci ad altre produzioni rimanendo in Schneider”.

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