Tensione

Schneider Electric, a Cairo picchetto dei lavoratori davanti allo stabilimento: “Prima essenziali, poi dimenticati”

"Due mesi fa tutto era in linea con gli obiettivi, ora non siamo più strategici. Perché non ci hanno riconvertito?"

Cairo Montenotte. Un picchetto spontaneo davanti ai cancelli, con decine di persone e diversi striscioni: così i lavoratori della Schneider Electric di Bragno hanno urlato tutta la loro rabbia contro la comunicazione dell’azienda in merito alla cessione del sito, con la produzione di trasformatori di misura per media tensione che dal marzo 2022 dovrebbe passare di mano.

Un provvedimento accolto da subito con grande preoccupazione sia dai circa 130 dipendenti (a cui si aggiungono interinali e indotto) che dai sindacati: il dubbio, date le dimensioni dell’acquirente (la Semar di Ancona, uno degli attuali fornitori di Schneider), è che non ci siano garanzie sulla capacità di mantenere in piedi la produzione con gli stessi standard occupazionali. Per questo, dopo una assemblea, i lavoratori hanno annunciato nei giorni scorsi lo stato di agitazione, il blocco dello straordinario e delle flessibilità e uno sciopero.

E questa mattina molti di loro si sono ritrovati davanti allo stabilimento di Bragno per far sentire la loro voce. Una protesta pacata nei modi e nei toni, ma disperata nei contenuti: “Prima essenziali poi dimenticati”, recita uno degli striscioni.

Schneider electric protesta

“Stupisce – recita il messaggio letto alle telecamere da uno di loro – che una multinazionale come la Schneider, impegnata in tutto il mondo a promuovere i concetti di solidarietà, etica, trasparenza e integrazione razziale e di genere, agisca mettendoci davanti ad una situazione diametralmente opposta. Il direttore di questo stabilimento non più di due mesi fa, durante le assemblee informative che trimestralmente l’azienda ci propone da anni, ci comunicò che tutto era in linea con gli obiettivi del gruppo, complimentandosi per la reazione positiva nei confronti della pandemia che ha colpito tutti noi. E infatti il sito non è stato chiuso nemmeno un giorno durante il lockdown. Ora avviene che, improvvisamente, non siamo più ‘strategici’ e ci viene comunicato che verremo ceduti probabilmente a un nostro fornitore. E questa è la migliore ipotesi formulata dal gruppo”.

“La Schneider Electric non è una multinazionale in crisi – tuonano i lavoratori – ma il valore delle sue azioni è molto alto e investe molti soldi anche a fondo perduto. Noi come dipendenti del sito abbiamo sempre supportato, rendendoci disponibili e flessibili in svariate situazioni, le richieste che negli anni ci sono state fatte, credendo in quello che l’azienda faceva. Ora ci chiediamo, alla luce degli ultimi sviluppi, perché il gruppo – che non produce solamente trasformatori ma svariati altri prodotti – non ci abbia proposto soluzioni alternative come ad esempio convertirci ad altre produzioni rimanendo in Schneider”.

“Il sito andava spostato comunque, essendo in affitto (la proprietà è di Trench Italia, gruppo Siemens, ndr), e di questo sì che eravamo tutti a conoscenza – continuano – e i denari che il presunto investitore vuole mettere in campo saranno sufficienti a rendere credibile un tipo di produzione già complessa per una multinazionale? Ci sono 130 famiglie già ulteriormente in difficoltà, sono una tragedia per la realtà industriale della nostra provincia; ma vista la trasparenza, l’etica e l’impegno sociale del gruppo nel mondo sarebbero una goccia nel mare per questa multinazionale dall’immagine irreprensibile”.

Schneider electric protesta

Venerdì 8 ottobre è prevista una mobilitazione di tutti i siti Schneider a livello nazionale contro la decisione del gruppo di depotenziare la parte di produzione legata alla media tensione: sarà proclamato lo sciopero per l’intero turno e verranno messe in campo iniziative di mobilitazione.

“Coinvolgeremo le istituzioni, che devono fare la loro parte per evitare un ulteriore depauperamento produttivo e della qualità dell’occupazione nel nostro territorio – fanno sapere da FIOM CGIL Savona – Il fatto che una multinazionale come Schneider intenda lasciare il nostro territorio è una pessima notizia anche se nell’immediato tutti i posti di lavoro venissero salvaguardati. Il progetto industriale che il gruppo ci ha illustrato per sommi capi non ci convince in alcun modo”.

“Gli affidamenti in questi anni erano altri ed i lavoratori hanno sempre fatto la loro parte per garantire la produttività e la profittevolezza del sito. Si tratta quindi di una nuova e bruttissima pagina nelle relazioni industriali sul nostro territorio. Per questo ci batteremo affinché si receda da una decisione che contestiamo sia dal punto di vista della prospettiva industriale che occupazionale” concludono dai sindacati.

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