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Maltempo, il grido d’allarme di un coltivatore: “Così non posso lavorare, devo sapere se continuare o chiudere” fotogallery

"Qua sembra che sia scoppiata una bomba. Ma l'acqua non ce l'ho portata io con i secchi, ci vuole qualcuno che si prenda le proprie responsabilità"

Savona. “Qua sembra che sia scoppiata una bomba. Ma l’acqua non ce l’ho portata io con i secchi, ci vuole qualcuno che si prenda le proprie responsabilità“. A dirlo è Alessandro Pisacane, titolare dell’azienda agricola a conduzione familiare che si trova lungo la strada che porta dal centro di Savona a località Santuario dove il torrente Letimbro è esondato. Questa è una delle attività che ha subito danni delle piogge del 4 ottobre 2021 che ha causato danni in tante realtà della provincia.

Terreno coltivato con fagioli, finocchi, piante d’uva e di albicocche e serre con spinaci e borragine spazzati via dalla furia dell’acqua: “E’ sparito un migliaio di metri, io voglio sapere se posso ancora dare da mangiare ai miei figli, questo è l’unico reddito della mia famiglia”. Nessun confronto con l’alluvione di inizio anni ’90: “Nel ’92 non è mai salita a questo livello l’acqua – ricorda il titolare dell’azienda agricola -. Soprattutto, in questa occasione tornava indietro. Ma non è pensabile avere 4 alberi enormi vicino all’argine del fiume“.

Una conta dei danni ancora approssimativa ma sicuramente consistente: “I danni sono parecchi – commenta Pisacane – si aggirano sicuramente sulle migliaia di euro. Se non interviene qualcuno a dare una mano e pulire per provare a cominciare, se riusciremo a ricominciare, non ce la facciamo. Ora come ora non ho neanche le parole. Questi terreni erano il risultato di tanti anni di lavoro e sacrifici, ferie mancate, Natali senza bambini“.

“Il nostro lavoro è un po’ particolare, non è un lavoro ma una passione – prosegue Pisacane -. Se si tratta di avere una serra solo come hobby è un conto, ma qui è diverso. E’ stato dato a chi ha studiato potere di fare qualcosa con la carta e con la penna ma qui bisogna lasciare fare le cose a chi è capace a lavorare, perchè non si può pulire solo un tratto del fiume e poi smettere. Se si pulisce dalla cima e si fa prendere forza e l’acqua ha un imbuto è finita”.

Un aiuto rivolto a chiunque lo possa aiutare ma sicuramente alle istituzioni: “Io chiedo aiuto a tutti e a tutti quelli che possono intervenire, che mi dicessero ‘guarda scusa cerchiamo di non farlo più’, sapere se io devo mettere in sicurezza quello che è rimasto o se chiudere“.

Una situazione di incertezza: “Io in queste condizioni non posso continuare a lavorare perchè non posso permettermi gli investimenti che dovrei fare”. L’unico modo è riprendere l’attività: “Io non posso andare in piazza a protestare, se lo stipendio arriva è perchè ho lavorato bene e l’ho sempre avuto ma ora non mi è più possibile. Voglio sapere – ripete – se qualcuno si interesserà della situazione per aiutarmi“.

Danni azienda agricola Santuario San Bernardo
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