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Per un pensiero altro

Il segreto di Prometeo

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Generico ottobre 2021

“Così non si può di Zeus ingannare il volere né ad esso sottrarsi:/ né infatti il figlio di Iapeto, Prometeo benefico,/  sfuggì l’ira profonda di lui; ma è pur necessario,/ per quanto scaltro egli fosse, che un grande legame lo tenga” scrive Esiodo nella Teogonia (vv: 613 – 616) La narrazione esiodea nella Teogonia non segue ulteriormente le vicende del Titano ma il mito greco sviluppa la sua vicenda collocandolo, a mio modo di vedere, con un ruolo centrale nello sviluppo non solo della teologia dell’epoca ma nella definizione di quegli archetipi, tanto illuminanti nella prospettiva junghiana, che ancora oggi suggeriscono riflessioni sorprendenti nell’interminabile viaggio alla scoperta di chi siamo e del senso del nostro esserci ed agire. Non è possibile presumere di poter sviscerare le infinite sfaccettature del mito prometeico in questa sede, ci limiteremo ad un elemento della vicenda che riassumo nel suo complesso per renderne comprensibile l’analisi parziale. In verità anche il particolare dettaglio che prendiamo in considerazione può essere letto in numerose prospettive, proverò a suggerirne alcune che mi sembrano particolarmente interessanti in questo momento che, credo sia difficilmente contestabile, è espressione di una grande crisi culturale, politica, esistenziale, certo, speriamo foriera di positivi sviluppi ma sicuramente destabilizzante … ma torniamo al nostro eroe.

Già dobbiamo dare per acquisita la conoscenza della Titanomachia, la lotta tra Zeus ed i suoi alleati, tra i quali si schiera lo stesso Prometeo, e Cronos per il quale combattono altre forze divine tra le quali i fratelli di Prometeo, Atlante e Menezio che, sconfitti, verranno terribilmente puniti. A seguito dell’aiuto ricevuto da Prometeo, fondamentale per la vittoria, Zeus lo incaricò di un compito di grande responsabilità: generare l’uomo. Prometeo decise di assolvere l’incarico modellando l’umanità con il fango. Non sfugge di certo all’attento lettore il facile parallelismo con la narrazione ebraica. Aggiungiamo anche il non trascurabile dettaglio che, risiedendo presso l’Olimpo, il nostro Titano aveva avuto modo di assistere alla nascita di Atena dalla testa di Zeus, insomma, ben era partecipe della nuova divinità olimpica: la ragione. Lasciamo in un angolo l’evento che per ora non può entrare nella nostra riflessione ma che, inevitabilmente, dovrà trovare lo spazio che gli compete in una nuova occasione. Non sarà certo un caso se Zeus, successivamente, incaricherà Prometeo della distribuzione delle peculiarità ad ogni specie di vivente, compreso l’uomo, come ben ci narra Platone nel Protagora, mito anch’esso centrale che porterà alla “funesta generazione della donna”, Pandora, la curiosità della quale sarà l’origine di ogni male per l’umanità. Non procediamo oltre lungo il piano inclinato dell’ottuso maschilismo che oramai abita la cultura greca e torniamo all’argomento in oggetto.

Dopo aver perorato la causa degli umani nei confronti di Zeus per quanto riguarda quale parte dell’animale sacrificare a Zeus questi, furioso per essere stato ingannato pur avendo lui stesso deciso di cadere nella trappola ordita dal Titano, decise di punire gli incolpevoli umani privandoli del fuoco. Prometeo, forse afflitto dal senso di colpa per non essere riuscito a tutelarne gli interessi, decise di sacrificarsi per loro, ascese all’Olimpo e rubò il fuoco. Il mito, come spesso accade, presenta numerose varianti, le più note segnalano il furto a danno di Elios o di Efesto, ma il punto è che il fuoco tornò ad essere accessibile ai mortali. Solo in quel momento Zeus, ancora una volta stranamente o deliberatamente non onnisciente, “scoprì” l’accaduto e decise di punire il colpevole, questa volta non gli uomini, bontà sua, che pure, ricevuto in dono intelligenza e memoria, lo preoccupavano non poco, infatti erano diventati potenti e, pertanto, una minaccia per chi il potere lo deteneva. L’oltraggio subito da Prometeo giustificò, almeno agli occhi del dio, la sua vendetta: il Titano venne incatenato ad una montagna nel Caucaso ma, non contento, Zeus deliberò che un rapace si nutrisse del suo fegato durante il giorno ma che questo si rigenerasse nella notte così da consentire un eterno dolorosissimo banchetto perenne per l’animale ed un’espiazione perpetua per l’irrispettoso Titano. Il gesto coraggioso di Prometeo viene così a connettersi con le dimensioni del suo fegato tanto che, ancora oggi, per indicare un particolare ardimento in un umano si afferma che il soggetto “ha fegato”.

Finalmente possiamo scrivere del “segreto di Prometeo”: il Titano, infatti, era a conoscenza di un’informazione fondamentale per Zeus, sapeva che un possibile futuro neonato sarebbe potuto divenire più potente del padre degli dei. Fu forse questo “asso nella manica” a indurlo a sfidare il sommo Zeus, non ci è dato saperlo, ciò che ci è noto è che Climene (oceanina che il mito presenta sia come madre che come moglie di Prometeo) confidò al Titano che la ninfa Teti, la più bella fra le Nereidi, avrebbe generato un figlio più potente del genitore. Ebbene, Zeus, noto “tombeur de femme” oltre ché signore dell’Olimpo, si era invaghito della splendida ninfa e ne voleva ascendere il talamo, eppure era inquieto: quale segreto custodiva Prometeo? Cosa aveva mai potuto indurlo all’oltraggio se non la certezza di una informazione fondamentale per la sopravvivenza del suo potere? Il collegamento sembra criptico e forse lo è, ma Zeus aveva detronizzato il padre così come questi, Cronos, aveva fatto con suo nonno, Uranos, probabilmente covava un profondo terrore che la storia si potesse ripetere ed a ragione, è nella natura delle cose che il vecchio venga sostituito dal giovane, è forse il fondamento anche della lotta di classe nella prospettiva marxiana, ma non allarghiamo eccessivamente la nostra riflessione. L’antico alleato caduto in disgrazia torna ad essere importante ma il potere non può concedersi di scendere a patti, ne andrebbe della sua immagine, ecco che il “padre divino” decide di ricorrere al “figlio prediletto”, ci ricorda qualcosa? Venne incaricato Eracle di mediare con Prometeo per una “nuova ed eterna alleanza”, il fortissimo semidio, non dimentichiamo che è figlio di Zeus e di una donna mortale, promise al Titano incatenato che lo avrebbe liberato dai ceppi se lui gli avesse rivelato il segreto che custodiva e così accadde. Compreso il pericolo, Zeus decise che Teti sarebbe andata in sposa a Peleo il quale, infatti, ebbe un figlio più forte del padre, Achille piè veloce. Ecco come Zeus conservò il potere e Prometeo ottenne la libertà grazie all’intervento di Eracle.

Quanto meriterebbe di essere sviluppata questa comparazione ma, per ora limitiamoci a qualche suggestivo interrogativo: se è nella natura il sopravvenire del giovane non è, al contrario, violenza, tracotanza disdicevole l’agire del padre? È lecito riconoscere il comportamento strategicamente funzionale alla conservazione del potere messo in atto dal Padre come “politicamente corretto”? Che razza di padre è quello che “sacrifica” il figlio per conseguire i propri scopi anche a costo di sottoporlo a “terribili fatiche” o “cruenta passione”? Ed ancora più suggestiva e provocatoria, insomma, “altra” la seguente domanda: se il potere di Zeus può vacillare se privato del soccorso di chi conosce la sua debolezza è davvero così potente il dio? Se Prometeo è l’immagine ed il difensore degli uomini e Zeus la rappresentazione più evidente del potere come simulacro, non sarebbe lecita l’equazione i cui termini si possono riconoscere nel ruolo del popolo – suddito e del multiforme potere che pretende di controllarlo? Non sarebbe fondamentale riflettere su di quale segreto siamo i custodi noi, che siamo popolo, che potrebbe permetterci di emanciparci dall’odioso ruolo di sudditi?

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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