Racconto

Il primario di chiurgia della mano Rossello in pensione: “Sono rimasto in Italia grazie al professor Mantero”

Continuerà a lavorare: “La chirurgia è un’arte, non è un lavoro e per questo non si può abbandonare”

Mario Igor Rossello - Chirurgia della Mano, San Paolo

Savona. E’ andato in pensione pochi giorni fa, a 64 anni, il primario di Chirurgia della Mano dell’ospedale San Paolo di Savona Mario Igor Rossello. Arrivato nel nosocomio savonese nel 1983 come medico frequentatore ufficialmente riconosciuto, è diventato medico strutturato nel 1987. Legato da sempre al San Paolo di Savona, si è allontanato per esperienze all’estero tra cui Stati Uniti, Parigi e Liegi che gli hanno permesso di arricchirsi dal punto di vista professionale.

Nessun “cervello in fuga” quindi: “Negli anni ’80 e ’90 ho visto con i miei occhi la crescita di una nazione nel settore sanitario, abbiamo formato uno straordinario ospedale e il reparto a cui il professor Mantero ha dato vita nel 1995 mi ha convinto a fermarmi in Italia dopo tante peregrinazioni all’estero. Quando i giovani vanno all’estero mi rivedo io ai miei tempi ma il nostro paese offriva all’epoca prospettive così buone che avevo deciso di tornare in Italia. Ormai non offre più nulla”.

Il passaggio dalla teoria alla pratica è stato lo snodo cruciale per far scattare la scintilla nel dottor Rossello: “Arrivai al San Paolo da studente di medicina ed ero un po’ titubante perché l’università non offre grandi momenti di entusiasmo. Al quarto anno sono piombato in sala operatoria grazie a mio padre che conosceva il professor Mantero. Così mi si è aperto un mondo. Ho iniziato ad aiutare negli interventi pur nei limiti delle scarse capacità che avevo allora ma mi sono sentito immediatamente inserito nel mondo del lavoro. E’ stata un’occasione per crescere e imparare”.

Una passione per il proprio lavoro sviluppata anche grazie all’ex primario del reparto Mantero che ricorda con commozione: “Ho ricevuto da lui delle strapazzate epiche. Era un personaggio straordinario, carismatico, istrionico e affascinante. Nonostante il carattere burbero e durissimo sapeva riconoscere le qualità, l’impegno e ‘il buon comando’”.

Un onore per Rossello la gestione di un reparto con una fama così affermata: “L’eredità di Mantero è importante. Nel periodo di massimo splendore eravamo 10 chirurghi e facevamo 3mila interventi all’anno. Un peso importante sia sotto il profilo gestionale chirurgico che scientifico, l’attività non è mai stata disgiunta dallo studio. Mi sono impegnato al massimo delle mie capacità”.

Nessun rimpianto nella gestione della struttura di cui era a capo: “Devo dire che sono soddisfatto e ritengo di avere onorato questo impegno soprattutto perché sono riuscito, come dovrebbe fare qualunque direttore di scuola, a lasciare un’eredità ai miei ragazzi. I giovani che sono cresciuti in questi anni sono una squadra meravigliosa e come avvenne all’epoca con il pensionamento del professor Mantero, allo stesso modo ora il reparto potrà continuare ad andare avanti senza di me”.

Gli episodi che Rossello ricorda con un sorriso sono tantissimi, ma il suo orgoglio più grande che tiene a sottolineare è “la crescita negli anni del personale. L’umanità che vive in questi nostri ospedali straordinari con cui ho condiviso la vita intera, infermieri medici e fisioterapisti, tutto il mondo che girano nell’ospedale sono nell’ombra”. E pone l’accento sull’importanza del lavoro di squadra: “Nessuno fa niente da solo in questo lavoro, è un insieme di persone che dedicano la vita con grande sacrificio con massimo impegno e abnegazione per risolvere un compito tutt’altro che semplice”.

Tra gli interventi che hanno lasciato il segno ricorda quello famosissimo al pilota di rally Robert Kubica e un altro, meno famoso, a una donna giovane, madre di due figli, che lavorava nel campo della floricoltura che si era tagliata la mano con una motosega pareggiando i gambi di rosa. “Fu un reimpianto straordinario – commenta Rosssello -, è stato commovente che per tanti anni nel giorno del ‘compleanno’ dell’intervento mi portava un mazzo di rose per celebrare quel momento”.

Il dottor Rossello ha lasciato il San Paolo ma continuerà a mettere a disposizione la sua conoscenza con la libera professione: “La chirurgia è un’arte – conclude Rossello evocando il titolo del libro uscito recentemente “Il sapere della mano, dalla medicina all’arte” -, non è un lavoro e per questo non si può abbandonare”.

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