Campione del mondo

Bocce, Simone Nari porta Ferrania in cima al mondo: “Mondiale dedicato a mio papà”

Mondiale di bocce vinto a 49 anni a coronamento di una carriera sempre sugli scudi

Simone Nari campione del mondo

Diventare campioni del mondo è una cosa tanto grande e tanto bella che forse non si osa nemmeno sognare troppo. Diventarlo scegliendo di percorrere una strada tortuosa, come quella di uno sport di grande tradizione ma lontano dalla luce dei riflettori, e quando forse non ci si spera neanche più è un qualcosa di ancor più difficile da immaginare.

Simone Nari ha il grande merito di avere trasformato il sogno in realtà e di aver portato agli onori del racconto sportivo la località Ferrania del comune di Cairo Montenotte, dove vive da sempre nonostante sia nato a Genova. Eh sì, nel firmamento dell’anno che verrà ricordato come quello dello sport azzurro ci sarà anche lui insieme a Mancini e Vialli, Jacobs, le nazionali di pallavolo e tanti altri.

Quarantanove anni, Nari gioca a bocce da quando ne aveva sette. Una passione tramandatagli dal papà, grande appassionato. Ed è proprio a lui che è volato il primo pensiero una volta conquistato il Mondiale di Bocce ad Alassio. “Se fosse ancora qua, sarebbe stato orgoglioso di me. Per questo la mia dedica va a lui”, afferma.

Una vittoria mondiale giunta a coronamento di una carriera nella quale il giocatore della BRB di Ivrea, campione d’Italia quest’anno, è riuscito a vincere quattro volte il titolo mondiale a livello giovanile e due titoli europei senior nel 1996 e nel 2008. La vittoria di sabato scorso è stata una rivincita, visto che l’ultimo mondiale disputato, nel 2011, lo aveva visto perdere in finale contro gli sloveni nell’edizione tenutasi a Feltre (Belluno).

“Per motivi familiari – spiega- non ho più partecipato alla Coppa del Mondo da quel momento. Quest’anno mi hanno richiamato, ma ho rischiato di non partecipare a causa di un dolore al tallone. Sono stato in dubbio fino all’ultimo. Era però l’ultima occasione e quindi ho deciso di provarci nonostante il problema non si fosse risolto del tutto. Detto questo, credevo di poter fare bene anche perché sapevo che avrei giocato con un grande compagno come Luigi Grattapaglia”.

Entusiasmo misto a senso di appagamento al momento della vittoria: “Una soddisfazione immensa. Dopo quelli delle giovanili, questo era il tassello mancante della mia carriera. La realizzazione di un sogno, pensavo ormai di non potercela più fare. Cosa farò delle bocce mondiali? Non ci ho ancora pensato bene, ma mi sta balenando l’idea di conservarle in una sorta di bacheca”.

Un successo che assomiglia un po’ alle vittorie mondiali del calcio: qualche dubbio iniziale, una vittoria a un certo punto inattesa e ottenuta in finale contro la Francia. “I francesi – prosegue – sono i nostri rivali da sempre. Ci sono altre nazioni che stanno crescendo molto in questo sport. Giocano molto bene i croati e gli sloveni. Guardando agli altri continenti, gli Stati Uniti non sono a un grande livello. Sono molto bravi gli argentini, contro i quali abbiamo rischiato di uscire agli ottavi”.

Infine, una considerazione generale sulla situazione del suo sport, poco praticato dalla giovani leve: “Si tratta di una disciplina che richiede tanta concentrazione, basta perdere per pochi attimi l’attenzione e si rischia di perdere una partita. Aiuta a stare in forma e a essere coordinati nei movimenti. Anche a livello psicologico è impegnativo, in particolar mondo quando bisogna giocare delle bocce importanti, è ancora più difficile di un rigore perché per fare il colpo giusto bisogna colpire un punto esatto: o quello o nulla”.

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