Savona. “E’ necessario investire in educazione a partire dalle scuole elementari per aumentare la consapevolezza dei fenomeni metereologici estremi”. E’ questa una delle strade da percorrere per affrontare l’emergenza climatica e le sue conseguenze sul territorio secondo il geologo dell’Università di Genova del dipartimento di Scienze della Terra Francesco Faccini. “Se sapessimo come comportarci in situazioni di pericolo, riusciremmo a salvare molte vite. Costa poco e può aumentare considerevolmente il livello della sicurezza”.
Sono frequenti, soprattutto nella stagione autunnale, eventi metereologici estremi che possono provocare danni alle persone e alle cose. “Non sono fatti eccezionali – sottolinea il geologo -. Sono fenomeni che avvengono con una discreta frequenza. Vale sia per le alluvioni nelle pianure alluvionali che per le ‘bombe d’acqua’, i fenomeni tipici della Liguria: pioggia intensa di breve durata (dalle 3 alle 6 ore). Questi eventi però ci sono sempre stati. La differenza che si evidenzia rispetto al passato è la frequenza (in aumento) con il quale avvengono e gli effetti al suolo che provocano”.
Regolarmente i fatti di cronaca, recentemente la catastrofe in Germania, riportano costantemente al centro dell’agenda politica i cambiamenti climatici ma soprattutto all’attenzione dell’opinione pubblica la capacità dei governi e delle amministrazioni locali di affrontare i loro effetti. A livello politico amministrativo la gestione e il tentativo di arginare, in termini di danni, le conseguenze di questi fenomeni è in capo all’Unione Europea che periodicamente, a partire dal 1973, stabilisce nuovi obiettivi da raggiungere entro i successivi anni. Ridurre del 55% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. E’ questo l’obiettivo che la Commissione Europea si è posta il mese scorso con l’adozione del pacchetto “Fit for 55”.
E’ questa la “seconda puntata” che proponiamo come approfondimento del cambiamento climatico e degli effetti dei fenomeni meteorologici estremi in provincia di Savona. Nel primo episodio abbiamo consultato Luana Isella e Alessandro Scarpati, geologi e “Disaster manager”, ma anche amministratori pubblici. Hanno potuto offrire così una doppia analisi da due punti di vista differenti.
Il cambiamento climatico influisce su questi fenomemi
Il riscaldamento globale potrebbe apparire come una cosa astratta che riguarda tutti e che quindi allo stesso tempo non interessa nessuno ma è misurabile concretamente anche in una porzione limitata di territorio come la Liguria: “Il cambiamento climatico è un dato di fatto, se osserviamo l’andamento della temperatura nelle 4 province liguri possiamo notare che negli ultimi 50 anni si è verificato un aumento della temperatura media annua dell’aria”.
Ma non solo, i 4 capoluoghi di provincia mostrano una diminuzione dei giorni piovosi con un volume totale di pioggia che è rimasto invariato: “Quando piove – spiega il geologo -, piove in maniera più intensa. E’ ragionevole associare all’aumento dei fenomeni alluvionali il cambiamento del regime delle piogge”.
Qual è quindi il nesso tra eventi metereologici estremi e temperatura? “Questi fenomeni – spiega il geologo – avvengono tipicamente tra ottobre e novembre quando il mar Ligure è ancora caldo però dal canale del Rodano, in Francia, scendono da Nord verso Sud correnti fredde che interagiscono con il mar Ligure relativamente molto caldo. Due masse d’aria con caratteristiche diverse che si scontrano danno origine a venti estremamente umidi che vanno da Sud verso Nord dove incontrano le Alpi e gli Appennini generando piogge intense, localizzate nello spazio e nel tempo. Se aumenta la temperatura dell’aria, aumenta anche quella del mare e, quindi, aumenta ulteriormente la differenza di temperatura che dà vita a questi fenomeni estremi”.
Sempre più “isole di calore” e allagamenti
“Aumento della temperatura media – spiega Faccini – significa affrontare sempre più spesso le ‘isole di calore’, percepite da noi come sensazione di calura eccessiva quando ci troviamo nelle vie della città, e come un aumento di fenomeni di pioggia intensa di breve durata con le conseguenze che ne comporta. La Liguria ha dei record poco invidiabili: intensità oraria di pioggia e il tasso di precipitazione giornaliera”.
Tutte le alluvioni sono uguali? No, cambiano le cause. Ci sono tre tipologie. “La prima – dice il geologo – è l’allagamento dei centri urbani dovuto all’acqua del mare. Si ricorda la tempesta Vaja di fine ottobre 2018 quando l’altezza delle onde ha raggiunto i 10 metri davanti a Loano. Il secondo tipo “river flood” è dovuta all’esondazione di un corso d’acqua che inonda le aree circostanti. Infine, l’ultimo avviene tipicamente nei centri urbani ‘urban flood’: quando la rete bianca non è in grado di assorbire l’acqua piovana. Spesso sono sporche e raccolgono materiale che non dovrebbero, come aghi di pino, quindi le zone morfologicamente più depresse inevitabilmente si allagano. E’ il combinato disposto tra l’eccesso di urbanizzazione e la rete urbana che non regge quel carico, bisognerebbe fare dei tubi enormi”.
Il cambiamento climatico non può essere un alibi: le colpe sono dell’uomo
Non si può tornare indietro ma si può invertire la tendenza con accorgimenti semplici: “Le piane alluvionali hanno pericolosità da media ad elevata. Laddove si riesce bisogna cercare di rendere le superfici più permeabili possibile, l’unico vero modo efficace. Se si vuole fare un parcheggio in una zona come quella del centro commerciale di Vado il Molo 8.44 andrebbe preferibilmente fatto in materiale drenante invece che in asfalto. A rischio sono prevalentemente i centri urbani più importanti (Loano, Savona, Vado, Finalborgo, Albenga)”. Questo fenomeno si è realizzato l’ultima volta all’inizio di quest’anno in molte zone della provincia quando si era abbattuta sul territorio una forte pioggia. “E andrebbe – aggiunge infine – anche incentivata la piantumazione di alberi“.
Il cambiamento climatico esiste ma le conseguenze degli eventi atmosferici non dipendono esclusivamente da quello: “Non deve diventare un alibi il cambiamento climatico. Esiste e porta ai fenomeni intensi descritti però gli effetti al suolo sono amplificati da una serie di interventi che hanno comportato modifiche del territorio peggiorando così la situazione. E’ stato ristretto l’alveo di quasi tutti i corsi d’acqua riducendone così la sezione idraulica, molti sono stati coperti e deviati. In quasi tutte le piane alluvionali (spazio pianeggiante che si ha intorno al fiume) abbiamo impermeabilizzato il suolo. Il torrente di Savona, il Letimbro, e di Borghetto Santo Spirito, il Varatella, sono piccoli e hanno lo spartiacque vicino alla costa alto (come quota) con un tratto finale urbanizzato e totalmente impermeabile”.
Dalle immagini si può notare come la piana alluvionale dei torrenti raffigurati sia diventata totalmente urbanizzata. Abbiamo ristretto gli alvei dei fiumi in Liguria con percentuali dal 20 fino a 70%, abbiamo impermeabilizzato la piana alluvionale dal 30 al 70%, invece, impermeabilizzato l’intero bacino tra il 4 e il 13%. In particolare, nella tabella sono riportati i valori di queste tre variabili relativamente ai corsi d’acqua presi in considerazione per la provincia di Savona.
“Per affrontare le frane invece bisogna implementare i piani di bacino“. I piani di bacino sono “uno strumento conoscitivo, normativo e tecnico – operativo” – si legge sul sito della Regione Liguria – adottato dall’ente stesso “per pianificare e programmare le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo, al risanamento ed alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base della conoscenza delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato”.
“Non ci sono zone particolarmente soggette ma è un rischio diffuso – spiega Faccini -, la suscettibilità da frana del nostro territorio è elevata per la caratteristiche geologiche, geomorfologiche e climatiche del territorio. Le frane che si innescano in Liguria sono quasi sempre pluvio indotte, legate alla pioggia”. Si ricordano la frana che ha compromesso la funzionalità dell’impianto funiviario e, sempre nell’entroterra savonese, la frana a Marmorassi, entrambe nell’autunno 2019. Però non sono le uniche, “capita anche che ci siano frane di crollo legate a tagli di versante come ad esempio lungo l’Aurelia nel tratto da Noli a Varigotti“.
Frane, alluvioni e mareggiate…
Il litorale savonese, come tutta la costa ligure, è stato sottoposto a mareggiate che hanno provocato notevoli danni. Si ricorda, tra i numerosi danni del 2018, a Celle Ligure è stato spazzato via il porto, e nel 2019 ad Alassio è sparita la spiaggia. “L’innalzamento del livello del mare arriverà a 40 cm nel 2100. Ma questo è un problema che interessa relativamente la Liguria perchè siamo in presenza di spiagge prevalentemente ghiaiose con una discreta pendenza, eccetto quelle sabbiose, come ad esempio Alassio. La provincia di Savona è una di quelle che sta meglio”.
A dirlo è Marco Ferrari, geologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Genova. Un problema quindi da affrontare, ma non così preoccupante eccetto per il litorale alassino, sabbioso e con basse pendenze, particolarmente colpito da mareggiate negli ultimi anni. “Lì l’innalzamento del livello del mare comporterebbe una notevole penetrazione del mare nella costa”.
Nuove modalità di manifestazione del fenomeno
Non si evidenzia un cambiamento dell’intensità quanto delle modalità: “Per quanto riguarda il moto ondoso sono talmente numerose le variabili che vanno a influenzare il fenomeno che senza dati certi delle serie storiche è difficile fare conclusioni. Ma, per questi eventi estremi, non sembrerebbe esserci un aumento dell’intensità massima quanto una variazione con cui la mareggiata si sviluppa, da noi in Liguria il vento dominante, cioè quello più intenso, è quello proveniente da sud ovest (libeccio) ma ultimamente sembra esserci un incremento dei venti di scirocco”.
Ricordiamo tutti la mareggiata che nel 2018 si è sfogata sulla costa ligure, da levante a ponente: “E’ stato un evento particolare – sottolinea Ferrari -. Ha iniziato con un’agitazione ondosa di scirocco e poi ha ruotato da sud ovest. In un mare con moto ondoso in una direzione si è andato a sommare un mare più intenso proveniente da sud ovest e le onde sulla costa ha avuto un impatto particolare”.
Il caso di Alassio e Finale
“Ad Alassio hanno sbagliato approccio – fa notare il geologo -, non si può rimpinguare la sabbia della spiaggia emersa andandola a prendere da quella sommersa. E’ un equilibrio precario che riporta dopo una o due mareggiate la sabbia da dove è stata presa. Invece, andrebbe fatto prendendola da altri punti, ad esempio l’ultimo che è stato implementato era valido perchè hanno raccolto la sabbia dalla Gallinara, sufficientemente distanze”.
Noi consideriamo spiaggia solo la parte emersa, ma in realtà c’è anche la parte sommersa che è molto più ampia: “Dipende dal moto ondoso, le spiagge esposte al libeccio terminano a 8 metri di profondità. Ad esempio la spiaggia di Spotorno finisce a 6/7 metri di profondità, invece Alassio è esposta a Scirocco e arriva fino a 5/6 metri”.
Una spiaggia che ha resistito per inerzia decenni ma che da qualche anno inizia a risentire i cambiamenti dovuti agli interventi nella zona: “Dopo essere andati avanti per 30 anni senza ricevere più sedimenti dal torrente di Andora con la costruzione del porticciolo, dal 2000 la spiaggia stessa ha iniziato progressivamente a manifestare, riducendosi, la mancanza del costante apporto di materiale. Non intervenendo mai con sedimenti esterni piano piano si è ridotta. Quanto è più corta tanto più è erodibile, l’acqua discendente è molto più veloce a causa delle riflessione e porta più al largo i sedimenti”.
La riduzione di apporto di sedimenti riguarda anche il finalese: “A Finale la causa è riconducibile alla chiusura della cava Ghigliazza. In passato ha sempre versato materiale dello scarto di cava, il mare lavorava questo materiale e lo portava sulle spiagge. Dopo con le leggi che hanno iniziato a vietare il versamento fino ad arrivare alla chiusura della cava è venuta a mancare questa fonte di alimentazione. Borgio anche non è messa benissimo e in parte beneficiava in minor misura”.
La spiaggia si difende da sola, l’uomo deve solo aiutarla
E’ necessaria un’operazione di rinforzo e protezione: “Per evitare i danni alle strutture andrebbe fatto un potenziamento delle stesse riadeguando così la costa al nuovo scenario. Si può procedere anche con moli o pennelli che limitino la dispersione nelle adiacenze, la spiaggia si difende da sola con una manutenzione dell’uomo che porta i sedimenti artificialmente”.
Ma la soluzione non è la costruzione di barriere di difesa con cui ripararsi dalle onde ma preparare una spiaggia che sia capace di sopportare questi eventi: “È un problema per le opere di difesa della costa predisposte per difendere la costa da una certa direzione. Non c’è una soluzione definitiva. L’unica strada potrebbe essere un continuo ripascimento delle spiagge“.