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Giustizia, il magistrato Davigo: “Se vince il sì al referendum niente carcere per alcuni reati sessuali”

Audizione in commissione, la delibera approda in Consiglio regionale: Liguria pronta ad aderire all'iniziativa di Lega e Radicali

Violenza Donna stalking

Liguria. Se vincerà il sì al referendum sulla giustizia promosso dalla Lega e dai radicali, gli autori di reati sessuali senza violenza fisica non potranno più subire la custodia cautelare in carcere. Il monito è arrivato, secondo quanto rivelano fonti della minoranza in Regione, dal magistrato Piercamillo Davigo, nato a Genova, già presidente della seconda sezione penale della Corte di cassazione, durante l’audizione in commissione sulla proposta di deliberazione presentata dal centrodestra per la richiesta di indire la consultazione da parte del Consiglio regionale.

Il quesito abrogativo interverrebbe eliminando il pericolo di reiterazione del reato come motivo sufficiente per l’applicazione di misure cautelari prima della sentenza di condanna. Davigo si è detto “sorpreso che il referendum sia sostenuto da forze politiche che hanno fatto della sicurezza il proprio programma“. In questo modo, ha avvertito il magistrato, i giudici non potranno incarcerare in maniera preventiva i delinquenti seriali e questo “sarebbe un caso unico al mondo” per cui l’Italia rischierebbe anche una procedura d’infrazione europea.

Critico sul punto anche Gian Carlo Caselli, anche lui chiamato in audizione su richiesta del consigliere Ferruccio Sansa. Il magistrato ha parlato di un “calcolo sottile” per scaricare sui magistrati gli effetti perversi della misura stessa. Se il quesito fosse approvato, ha aggiunto Caselli, sarebbe un “boomerang” perché per molti reati non potrebbe essere applicato il carcere preventivo.

Le sei proposte di deliberazione sui differenti quesiti dovranno adesso passare al vaglio del Consiglio regionale. In commissione hanno votato a favore tutti i consiglieri di maggioranza, mentre la minoranza si è astenuta. Tecnicamente l’iniziativa della Liguria sarebbe ininfluente perché altre cinque Regioni (Veneto, Friuli, Lombardia, Sicilia e Puglia) hanno votato per la richiesta di referendum abrogativo. Sull’ammissibilità dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale.

Secondo Davigo e Caselli ci sarebbero problemi sull’intero impianto referendario. Il quesito che punta a introdurre la possibilità di rivalersi direttamente sui magistrati in sede civile, ha detto, potrebbe essere inammissibile a causa di una precedente pronuncia nel merito della Corte costituzionale. Una misura che, se venisse comunque approvata, potrebbe “spingere i magistrati a stare lontano dai guai”, ad esempio su pressione di multinazionali o soggetti molto ricchi pronti a intentare cause milionarie contro i giudici “scomodi”.

Dito puntato anche contro la separazione delle carriere, punto forte della riforma proposta per via referendaria, perché “di fatto è già così: per passare da una funzione all’altra bisogna cambiare distretto”, ha spiegato Davigo. Se si entrerà in una logica “per cui il pm dovrà ottenere risultati, andremo verso un processo di cui ho paura”, ha aggiunto il magistrato. Caselli ha rimarcato che il quesito consta di oltre 1.500 parole e che il rischio è quello di avere pm che “prenderanno ordini” dal ministero, perdendo così la propria indipendenza.

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