Viaggio nei misteri

Forte San Giacomo a Vado Ligure: fascino e mistero. Affreschi ai soffitti e i segreti dei sotterranei fotogallery

Viaggio all'interno del Forte insieme a Claudio Arena (Savona Sotterranea)

Vado Ligure. Ha cambiato nome, ha cambiato volto nel corso dei secoli, dal lontano 1600. San Lorenzo, Santo Stefano, San Giacomo. Controllo, difesa del litorale, del porto. Imponente, al confine tra Vado Ligure e Bergeggi. Il Forte resiste al tempo.

Era il giugno del 1745 quando iniziarono ufficialmente i lavori dell’attuale struttura. Presto però comparvero umidità e infiltrazioni d’acqua. Passò qualche tempo: si cambiarono ingegnere e progetto e il forte prese il nome di San Giacomo.

Da un livello la fortezza passò agli attuali tre, si potenziò la sicurezza della struttura con due speroni e si aggiunse, sul fianco della montagna, un lungo muro perimetrale che si potesse unire alla ridotta situata alla cima del monte stesso dove ora rimangono le spoglie del forte Santo Stefano Superiore. Poteva ospitare una batteria di venti cannoni e proteggere la rada di Vado Ligure dove ormeggiavano le navi. Nella cava poco distante, da dove prelevarono il materiale per la sua costruzione, vennero alla luce monete e manufatti in bronzo di epoca romana.

Successivo restauro nel 1799. Battaglie, guerre, storia. Occupato dall’esercito napoleonico. Poi la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Il tempo che passa, e questa fortezza che rimane. Abbandonata, sì, ma ancora in grado di parlare di sè. Basta saperla ascoltare.

E noi ci proviamo con la nostra guida, Claudio Arena, Savona Sotterranea: passione per la ricerca. Il mare di Vado, che poi diventa quello di Bergeggi, è uno specchio. La costa si staglia su quella tavola così immobile che sembra dipinta. E si perde lontano. Da una finestra scorgi l’imponenza del Priamar e il cristallo della Torre Bofill.

Contrasto, passato presente da lontano e anche da vicino: da quassù i mattoni delle finestre sgretolate ci spalancano la vista sui container movimentati dalle gru del porto. Il suono delle loro sirene, insieme a quello del traffico che scorre là in fondo, sotto ai nostri occhi. Da qui parte un precipizio, è quello della storia. Dal passato scivoli al presente.

E allora inizia questo viaggio. Saliamo lungo scale prese a morsi dal tempo. Esploriamo ampi locali. Arriviamo al Palazzo degli Ufficiali. Sui soffitti delle sale parlano gli affreschi. Il primo è così bello che ti sembra di alzare gli occhi al cielo da in angolo di un giardino e intravedere l’azzurro che sta al di là di un delicato gioco di edera.

Altra stanza, altro soffitto affrescato: i toni dell’arancio. Si sale ancora là dove il panorama diventa sempre più spettacolare. Muri. Feritoie. Domina il rosso dei mattoni: nelle volte, lungo i pavimenti. Esce prepotente, rompe il grigio del cemento.

Il forte nasconde un bunker della Seconda Guerra Mondiale dove si svolgevano interrogatori. Il San Giacomo cela sotterranei dove il buio ti inghiotte, dove devi stare attento a non scivolare. Qui c’è una stanza con un masso così grande da impressionarti.

Quando entri, sarà perché non ci pensi, non te lo aspetti. Sembra essersi staccato e quasi venirti addosso. Ma invece sta lì da secoli. Lo hanno lasciato durante i lavori che non sono mai più proseguiti.

Filtra un po’ di luce, per guadagnarla però bisogna risalire. Fuori c’è il vento leggero di una bella giornata, l’ erba alta dell’estate. Rubiamo ancora due immagini a questo forte e lo lasciamo all’incanto del suo tempo.

Scendiamo la discesa: c’è il parcheggio, la vettura poi la lunga strada che ci riporta al presente.

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