Il racconto

Euro 2020, un valbormidese a Wembley: “Inglesi sportivi solo perché erano convinti di vincere” fotogallery

"Dopo la vittoria ai rigori, sono rimasti ammutoliti e hanno abbandonato lo stadio"

Londra/Carcare. C’è chi ha preferito rimanere comodo sul divano di casa oppure chi ha optato per il tavolo di un bar condiviso con gli amici o il maxischermo in piazza. Altri, solo pochi, pochissimi fortunati, hanno invece avuto il privilegio di assistere dal vivo alla finalissima di Euro 2020: Inghilterra- Italia. Tra loro anche un valbormidese residente a Londra, il suo nome è Mattia Sappa ed è lui che ci racconta in esclusiva le meravigliose emozioni, gli sfottò, la delusione degli inglesi e la felicità degli italiani di una notte londinese davvero magica.

Mattia (originario di Carcare, lavora come software developer nella capitale del Regno Unito) ieri sera infatti era a Wembley, dove ha potuto ammirare da vicino l’impresa degli Azzurri. Nonostante i pronostici (soprattutto in terra britannica) dessero la squadra di Mancini come la sfavorita, la nazionale italiana non si è fatta intimorire ed è riuscita dopo più di 50 anni a riportare la coppa a Roma.

It’s coming Rome” è la frase simbolo della vittoria azzurra, un’altra versione, ironica, di “It’s coming home”, tanto osannata dagli inglesi e diventata, durante i giorni precedenti la gara, un vero e proprio tormentone oltre Manica (numerosi, infatti, i meme che stanno spopolando sui social in queste ore). E se in Italia siamo abituati alla scaramanzia, diverse invece le abitudini in Inghilterra con chi addirittura si è fatto tatuare la coppa e la data della “presunta” vittoria prima ancora che si giocasse la finale.

Gli inglesi erano sicuri di vincere – commenta Mattia – e, soprattutto dopo il primo gol, continuavano a ripetere ‘It’s coming home’ e a cantare come se avessero la vittoria in tasca. Nei giorni precedenti in molti, in particolare sui social, avevano invitato i tifosi a non fischiare l’inno di Mameli ed effettivamente è andata così. La loro sportività, però, secondo me, era legata al fatto che erano così convinti di portarsi a casa la coppa che non erano tanto interessati a noi italiani, quanto a se stessi”.

“Sappiamo tutti, infatti, quanto può essere ‘caldo’ il tifo inglese. All’inizio, avevamo un po’ di timore a muoverci per la città con parrucche, bandiere e magliette dell’Italia, ma tutto sommato è andata bene. A parte qualche sfottò e ad alcuni episodi isolati sia nel viaggio verso lo stadio che sugli spalti, non mi sono mai sentito in pericolo”, sottolinea Mattia.

“Essere allo stadio è stato davvero emozionante – aggiunge – vedere Wembley riempito da oltre 60mila spettatori  è sempre una grande emozione, anche se era dipinto per lo più di rosso e di bianco. Per noi italiani è stato difficile continuare a fare il tifo e a cantare, data la netta minoranza, ma non ci siamo mai fermati. E anche i giocatori ci ringraziavano, ad esempio Donnarumma spesso si girava per applaudire la curva”.

E proprio di fronte a quella curva che si è decisa la partita, almeno fino ai supplementari. Dopo appena 2 minuti il gol di Shaw e al 67’ la riposta di Bonucci: “E’ venuto verso di noi per festeggiare esultando con il suo gesto inconfondibile”, racconta Mattia. Ma se quella porta è stata l’unica a gonfiarsi durante i più di 134 minuti giocati, i rigori sono stati calciati dalla parte opposta.

“Ho avuto la fortuna di riuscire a vedere allo stadio anche la semifinale con la Spagna – spiega il carcarese – e in quel caso, i rigori sono stati tirati nella porta davanti a me. Ieri sera invece no, ma è andata bene lo stesso. Nessuno si sarebbe aspettato che Jorginho sbagliasse dal dischetto, ma subito dopo è arrivato anche l’errore di Saka che ha firmato la vittoria azzurra. In quel momento i tifosi inglesi si sono ammutoliti e hanno iniziato ad abbandonare lo stadio”.

La premiazione è avvenuta in un Wembley praticamente vuoto – prosegue – solo noi pochi italiani abbiamo assistito. Poi i giocatori sono venuti verso la curva per esultare, salutarci e scattare qualche foto ricordo”.

“Anche il viaggio di ritorno verso casa è stato tranquillo, quando siamo usciti dalla stadio verso mezzanotte, nessuno ci ha detto nulla, la maggior parte degli inglesi era già andata via. Alcuni italiani sono andati a festeggiare a Piccadilly Circus, ma io ho preferito tornare a casa”.

“È stata un’esperienza bellissima, fin dalla cerimonia di apertura, una di quelle partite che ti porti nel cuore per sempre e che ti regalano immense emozioni”, conclude Mattia.

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