Pensiamoci

Il momento delle riflessioni

Il 7 giugno 2021 è una data storica: cade il coprifuoco, Priamar illuminato per la ripartenza tra speranze e cautele

Ma nulla sarà come prima, ognuno farà i conti con le proprie sofferenze e aspettative in un mondo comunque diverso

Coronavirus, ultimo aperitivo in centro storico prima dell'ingresso in "zona arancione"

Savona. Domani, 7 giugno 2021, sarà una data storica, aggettivo fin troppo abusato ma che in questa circostanza riteniamo pertinente. La Liguria entra in zona bianca, con le conseguenze positive che ne derivano, ormai conosciute da tutti. Ci sono ancora cautele da mantenere ma cadrà il divieto più evidente, il coprifuoco, e tutti potranno liberamente circolare per l’intera notte. Potranno anche esserci “effetti collaterali” indesiderati ma inevitabili, come gli incidenti stradali o l’aumento della delinquenza.

Il ritorno alla quasi normalità sarà segnalato e festeggiato illuminando di bianco, su iniziativa della Regione, quattro monumenti simbolo della Liguria: il nostro Priamar a Savona, il palazzo della Regione in piazza De Ferrari a Genova, il Municipio di Imperia e il castello di San Giorgio alla Spezia. Alle 22 partirà il countdown che alle 23 lascerà il posto al marchio voluto dalla Regione per segnalare proprio la ripartenza.

Per una volta non si può non essere d’accordo con il presidente Toti su soddisfazione per la ripresa e cautele che vanno ancora seguite.

Togliamoci subito le note dolenti. Ancora non sappiamo se potranno esserci “ricadute” per colpa delle varianti (la più temuta, persino in Inghilterra, nazione tra le più vaccinate, è quella indiana), né se proprio i vaccini ci copriranno anche da quelle: per ora sembra di sì, ma è chiaro che siamo noi i “volontari obbligati” a fare da sperimentatori. Non potrebbe essere diversamente, perché i tempi di sperimentazione dei vaccini anti Covid sono stati per forza di cose molto più brevi di tutti gli altri.

Preoccupa anche la ancora scarsa capacità di tracciamento perché tre casi su quattro sono asintomatici e il 23% dei postivi è under 18, quindi categoria ancora poco o nulla vaccinata.

Ci sono statistiche assai ottimistiche sulla ripresa economica – che da noi significa soprattutto turismo – ma l’esperienza insegna che un conto sono le statistiche e un altro la realtà. In questo ambito due aspetti meritano di essere sottolineati. Il primo è la difficoltà di reperire addetti per alberghi e ristoranti, nonostante si pensasse a una fame di lavoro. Ciò si deve a fattori diversi, ma non dovrebbe essere estraneo il fatto che tra reddito di cittadinanza e sussidi vari (che servono a poco o non a molto, ma impiegano molte risorse dello Stato) tante persone fanno due conti e concludono che è più conveniente starsene a casa.

Il secondo fattore riguarda le discoteche e i locali da ballo, unico settore che non ha ancora date e regole certe per la riapertura. Si tratta di un settore molto importante, che ha già visto chiudere il 30% delle attività e che, al di là dell’impatto diretto sull’economia, rappresenta un fattore di immagine molto importante per il segmento giovanile del turismo: il nostro futuro.

Il resto dipende molto dai sentimenti, dalle emozioni, dalle esperienze e dalle speranze di ciascuno di noi. Molti hanno pianto vittime, vissuto l’esperienza drammatica del Covid, hanno dovuto chiudere la propria attività o affrontare enormi sacrifici familiari o imprenditoriali: alcuni non si sono ripresi, altri ci provano ora.

Ma niente è più come prima perché siamo reduci da una sorta di guerra i cui contorni non sono ancora ben delineati.
Giriamo per le nostre città e osserviamo serrande abbassate, cartelli con le scritte “vendesi” o “affittasi”. Nessuna attività o ben poche, compresi alberghi, bar e ristoranti, si basa sulle stesse fondamenta di prima e molti cercano di riconvertirsi alla (difficile) scoperta di varianti più redditizie.

Andiamo in giro, dicevamo, in un mondo diverso da “prima”. Può prenderci lo sconforto o possiamo essere contagiati dalla speranza. Dobbiamo aggrapparci a quest’ultima: è un dovere che dobbiamo a questa terra meravigliosa, a noi stessi e ai nostri figli, o comunque a chi sarà al timone quando la “guerra” sarà davvero finita e saremo anche in grado di affrontare meglio l’arrivo – speriamo mai o il più tardi possibile – di una nuova emergenza sanitaria.

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