Savona. C’è da invidiare chi pensa di sapere da che parte stia la ragione, o perlomeno tutta la ragione. Potrebbe essere il pensiero della sera, di questa sera savonese che, da qualsiasi parti la si guardi, rischia di catapultare la nostra città a qualche titolo del tipo “Ruspe in azione contro i rom”. Perché alla fine le ruspe sono arrivate, hanno abbattuto ciò che dovevano abbattere, issato e gettato via cassetti e suppellettili con dentro la vita di persone. Abbiamo guardato negli occhi queste persone, e facendolo è forse più difficile dare giudizi rispetto a farlo da una comoda poltrona davanti alla tv in attesa di conoscere la formazione dell’Italia di Mancini.
Calma, calma. È ovvio, c’è dell’altro, c’era una legalità da ripristinare, una situazione di oggettivo pericolo da evitare. Troppi i rinvii, con i sinti che rifiutavano (persino?) case popolari e provvisorie sistemazioni alberghiere e l’acqua non l’hanno mai pagata. E come dare torto allora agli italiani che la casa popolare non hanno potuto averla dopo anni di attesa? Chi ha ragione in questa tavolozza di colori, di bianco e nero che diventa inevitabilmente grigio?
E alla fine la ruspa arrivò (di Sandro Chiaramonti)
C’è poi tutto un gioco di parole e prese di posizione per capire se si tratti o no di uno sgombero, se può essere considerata violenza arrivare con le ruspe di primo mattino (i sinti però erano stati più volte avvisati, inutilmente), se fosse giusto o meno impiegare uno schieramento così ampio di forze dell’ordine, ma anche pompieri, assistenti sociali, macchina dei soccorsi: e infatti, purtroppo, una 14enne si è sentita male.
Scorrendo la giornata su IVG ognuno può farsi l’idea che vuole. Noi, andando in parte controcorrente, pensiamo che la sindaca Caprioglio (gira che ti rigira la faccia è la sua) non abbia agito proprio in questo periodo per motivi elettorali. Il Comune ha tirato una volata alla Lega? Crediamo – speriamo – che ai leghisti savonesi, molto dei quali piccoli imprenditori alle prese con ben altri problemi, interessino, più delle ruspe, le idee per il rilancio di Savona, soprattutto dei due principali candidati sindaco: un ecumenico Angelo Schirru e un Marco Russo intervenuto a inizio pomeriggio, evidentemente dopo una più lunga riflessione.
In serata ha fatto il punto Caprioglio (che ha incontrato anche il vescovo): due nuclei familiari hanno accettato “soluzioni abitative alternative” ai manufatti demoliti, con gli altri continuerà la trattativa. Il problema, pensiamo, resterà intatto e insoluto fino a quando ai sinti verrà trovata un’area su cui sistemare il loro campo, su cui vivere come vogliono loro: liberi, da rom. E questo non è un peccato. Stavano sotto il Priamar fino al 1994, quando il sindaco Gervasio li trasferì in quest’area, che non hanno scelto loro, dove stamattina sono stati cacciati con le ruspe. La storia dei sinti a Savona è lunga e travagliata, può meritare di essere raccontata nei prossimi giorni.
Franco Zunino, presidente provinciale dell’Arci, aggiunge che una norma europea impone di prevedere aree per i campi rom, qualche campo di patate insomma, così che le case popolari possano andare tutte agli “italiani”. Poi ci sarà l’acqua da pagare, è ovvio, ma con tante persone di buona volontà che si sono mobilitate non dovrebbe essere un problema insolubile.
Si fa sera su una Savona che comunque i più deboli ed emarginati mai ha dimenticato. Speriamo che la notte trascorra tranquilla, domani sarà un altro giorno non privo di problemi.
E ci persero tutti (di Andrea Chiovelli)
Una giornata senza vincitori e con troppi vinti è una giornata triste. Perché questo 23 giugno 2021 rimarrà a suo modo nella storia recente della nostra città, da qualsiasi parte lo si guardi, come un giorno di quelli a cui, in qualche modo, in qualsiasi modo, non si sarebbe dovuti arrivare. Uno di quelli in cui hanno perso proprio tutti.
In primis, ovviamente, ci perdono i sinti. La loro colpa è più che evidente: sono stati incapaci di allinearsi alle regole, non hanno saputo cogliere i reiterati avvertimenti, hanno tirato la corda allo stremo fino a quando si è spezzata. Facile ora piangere e esibire vittimismo: se so che una tempesta sta per scatenarsi sulla mia casa, faccio l’impossibile per salvarla. Se mi accusano di non pagare l’acqua, mi attivo per rimediare: attendere è troppo facile. Se le regole dicono che non posso scaricare nella fogna, non lo faccio. Troppo facile violarle e poi appellarsi a una cultura, o all’avere figli. Se non faccio nulla pensando che tanto alla fine la tempesta non avrà il coraggio di raggiungermi, non è colpa degli elementi: è colpa mia.
Ci perde la destra. Qualcuno oggi nella Lega avrà esultato. E, certo, è possibile che qualche voto sia stato conquistato, che qualche deluso si sia reinnamorato delle ruspe padane. Ma un gesto del genere, per la maggioranza dei cittadini, non ha il sapore dolce della soluzione trovata, ma il puzzo amaro del “celodurismo” gratuito. Una dimostrazione di forza prima del voto, per raccattare consensi sulla pelle di chi consenso non ne suscita alcuno. Quello di oggi non è il frutto di tanto lavoro di mediazione, è un blitz di chi si è rotto le scatole di trattare e ha deciso di passare al manganello.
Ci perde la sinistra. Perché si può fare una cosa facile, mandare comunicati stampa per condannare l’accaduto o salire fino al campo per “verificare la situazione”. Oppure si può più semplicemente avere il coraggio di dire la verità: che la sinistra è stata quasi sempre in amministrazione dal 1994 ad oggi. E per 20 anni ha fatto lo struzzo, contribuendo a procrastinare una situazione che non andava procrastinata. Se oggi un’area “temporanea” è la casa di famiglie da 27 anni, qualcuno deve chiedere scusa. Troppo, troppo, troppo facile ora strillare. Gli esami di coscienza costano molta più fatica.
Ci perde il candidato sindaco del centrodestra, Angelo Schirru: totalmente inconsapevole degli eventi, ha il profilo tipico del vaso di coccio buttato al volo in un camion troppo pieno e troppo caotico di cui non ha ancora minimamente compreso la natura e i confini. Non conosce la vicenda nel dettaglio, cerca di barcamenarsi tra il non far arrabbiare i suoi (appellandosi a porto sicuro della “legalità”) e il non tradire la propria natura di medico e moderato. E denuncia fin dal principio tutti i limiti di chi questo lavoro deve ancora iniziare a capirlo. Nota a margine, nessuno nel suo schieramento ha pensato di avvisarlo che il primo avvenimento che avrebbe dovuto affrontare da candidato sarebbe stato l’evento più “di destra” di questi 5 anni. Lungimiranti.
Ma ci perde anche il candidato del centrosinistra, Marco Russo. In un’altra città, o in altri tempi, o con altra tempra, alle 10 sarebbe stato davanti al campo rom a condannare quanto stava accadendo. Russo invece, incalzato al telefono dai giornalisti, preferisce non commentare. Prende tempo: “Prepariamo un comunicato stampa” (eccolo). Ora, onestamente, se l’accusa che ti muovono i tuoi stessi alleati è quella di non avere il carisma e la leadership necessari, beh, oggi la scelta di passare per quello che “non parla se i suoi consulenti non gli preparano un comunicato” non è stata rassicurante.
Ci perde il sindaco uscente, Ilaria Caprioglio. Perché ovunque la sua mossa viene letta come un gesto elettorale, e la sua faccia fa da scudo proprio a quei partiti da cui si è allontanata dopo i troppi schiaffi. Ci perde perché dopo 5 anni passati a tentar di dimostrare di essere più moderata della propria coalizione, se ne va con la mossa più di destra della storia di questa città. E se è vero quello che si dice, che “il pubblico ricorda l’inizio e la fine”, ora Caprioglio sarà quella “dei tagli” e “delle ruspe”. E attenzione, non può nemmeno trincerarsi dietro il “coraggio di fare scelte impopolari”, perché abbattere le case dei rom NON è una scelta impopolare. I commenti sulla pagina Facebook di IVG sono evidenti. Dai, su, siamo onesti: dei sinti non frega una mazza a nessuno, sono tra le etnie più odiate e se sparissero oggi stesso in pochi si straccerebbero le vesti.
Ci perdono le forze dell’ordine. Non per colpa loro. Spedite alla Fontanassa a decine come se dovessero affrontare un commando. Una immagine brutta in ogni caso: per chi sta con i sinti uno sfoggio brutale e fascista, per chi non li vuole un eccesso comunque ingiustificato di forze utilizzabili meglio altrove.
Ci perde il Comune come istituzione: per un generale non c’è cosa peggiore che avere soldati contrari agli ordini ricevuti, e oggi la sensazione era proprio quella. Assistenti sociali che dovevano convincere i sinti ad andarsene e che parlavano tra loro della “giornata più difficile della mia carriera” o ammettevano: “Io ho solo questi strumenti, non posso proporre altro”. Case senza allacci: possibile che nessuno li abbia avvertiti per tempo??
Ci perdono i media. Perché su, ammettiamolo, per noi giornalisti (sicuramente per il sottoscritto) i sinti sono interessanti solo quando ci scappa un bel titolo. In bene (il dramma delle povere famiglie in mezzo a una strada) o in male (i ladri incalliti che faranno scatenare l’odio social). Il resto del tempo li ignoriamo. Se il 30 giugno insceneranno una bella protesta parleremo di loro tutto il giorno; se se ne andranno senza fare storie, ce li dimenticheremo alla velocità della luce. Anche noi, forse, avremmo potuto accendere la luce prima, facendoci fautori di proposte e soluzioni.
Sapete chi alla fine ci perde più di tutti? Giovanni, il papà della bambina disabile. Lui ci perde due volte. La prima volta per colpa sua: perché incapace di rendersi conto che a sua figlia potrebbe garantire una qualità di vita migliore fuori dal campo, perché ha ostinatamente corso verso il muro fino a schiantarsi nonostante sul cruscotto le spie fossero tutte accese da mesi. La seconda volta ci perde per colpa della politica, che sale al campo con promesse (Lega inclusa… è successo davvero) quando vuole i suoi voti, e con ruspe quando vuole quelli degli altri. Giovanni non è un uomo, è solo un trofeo da conquistare, barattare o esporre in piazza al pubblico ludibrio.
E sapete chi invece non perde? Enrico, il fotografo della Stampa. Lui non scrive ma, forse perché abituato a dover riassumere tutto in un’immagine, o forse solo perché più saggio (non scrivo “più vecchio” o mi uccide), spesso azzecca la frase giusta. E questa mattina la sua sintesi è stata: “Comunque la si pensi, oggi è una brutta giornata”. E’ davvero così.