Maxi operazione

Frode “carosello” scoperta dalla Finanza, tra gli arrestati anche il commercialista dell’operazione Carioca

Usavano come prestanome persone dipendenti da droghe o gioco d'azzardo. In totale 17 indagati, coinvolte 16 imprese italiane e 5 estere

Savona. E’ il 72enne commercialista Carlo Ciccione uno dei due commercialisti arrestati quest’oggi dalla Guardia di Finanza di Savona nell’ambito dell’indagine che ha consentito di ricostruire una imponente “frode carosello” nel settore della commercializzazione di prodotti informatici, frode basata sulla emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per circa 15 milioni di euro.

Nel 2012 l’uomo era già finito nel mirino della magistratura in quanto coinvolto nell’operazione “Carioca”, che aveva portato all’arresto, da parte della Squadra Mobile di Savona, dell’imprenditore Antonio Fameli, della sua convivente e appunto di Ciccione, commercialista di fiducia che da anni gestiva gli affari delle attività dell’uomo.

Dopo complesse indagini durate circa un anno, questa mattina all’alba sono entrati in azione gli uomini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Savona, comandati dal maggiore Danilo De Mitri e coordinati dalla locale Procura della Repubblica. Sono state eseguite quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere ed una agli arresti domiciliari nei confronti di tre uomini e due donne, tutti italiani. Oltre a Ciccione l’ordinanza è scattata per i tre soci a cui fa capo l’azienda “beneficiaria” della frode: Maurizio Di Lorenzo, Emanuela Garabello e Maurizio Bai. Ai domiciliari invece Paola Manca, 62enne consulente tributaria. Tutti gli arrestati risiedono nell’area di Albenga.

Gli indagati sono in totale 17 inclusi i prestanome (9), tutti “reclutati” tra persone con forti difficoltà legate alla dipendenza da sostanze stupefacenti, da gioco d’azzardo o comunque in condizioni psico-fisiche precarie. Erano consapevoli di quanto accadeva ma la loro fragilità li rendeva pronti a lasciarsi coinvolgere in cambio di un piccolo introito; in realtà erano gli arrestati a gestire di fatto le imprese, anche sotto il profilo bancario e finanziario. Contestualmente si sta dando esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca (direttamente sui conti correnti dei principali indagati e sui loro beni mobili ed immobili) di 3,2 milioni di euro, cifra pari all’imposta evasa accertata.

All’esito delle complesse indagini è stato definito un puntuale quadro indiziario, che ha evidenziato elementi di colpevolezza a carico dei 17 indagati, nonché il coinvolgimento – nella commissione dei reati tributari – di 16 imprese dislocate sul territorio italiano, in Liguria, Piemonte, Calabria e Veneto, oltre a cinque ubicate all’estero, tra Bulgaria e Gran Bretagna. Il sistema di frode accertato, per gli anni d’imposta dal 2014 al 2019, si è basato sull’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per circa 15 milioni di euro, con un danno diretto per l’Erario di oltre 3,2 milioni di euro, pari all’IVA evasa.

Nove delle imprese coinvolte sono risultate essere mere “cartiere”, ovvero di recente costituzione, prive di qualsivoglia struttura e/o sede e con un’operatività limitata nel tempo, caratterizzata dalla crescita esponenziale del volume d’affari, utilizzate con l’unico scopo di interporsi nei diversi passaggi commerciali, senza alcuna finalità economica, ostacolando così la ricostruzione delle filiere illecite e vanificando le pretese erariali derivanti dagli elevati debiti di imposta (IVA) mai versati.

Attraverso il meccanismo fraudolento, le società effettivamente beneficiarie della frode, in tutto tre (ma tutte facenti capo agli stessi soci), ubicate nel ponente savonese, hanno potuto usufruire di un duplice vantaggio, di natura concorrenziale e fiscale: l’acquisto di beni ad un prezzo inferiore a quello di mercato, per effetto del mancato pagamento dell’IVA ad opera del “fornitore-cartiera” (in conseguenza dell’omesso versamento dell’imposta a debito generata dalla vendita), e l’illegittima detrazione dell’IVA riferita all’acquisto di merce.

Il sodalizio criminale agiva anche attraverso un altro sistema fraudolento: le stesse società cartiere, dichiarandosi “esportatori abituali”, riuscivano ad acquistare beni in sospensione d’imposta, che poi venivano acquistati dalle medesime imprese beneficiarie, a prezzi concorrenziali.

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