Disturbi alimentari

Liguria, dopo un anno di Covid in aumento i casi di anoressia e bulimia tra i giovani

In crescita anche i disturbi da alimentazione incontrollata a causa di ansia e depressione che portano all'obesità

anoressia

Liguria. Le statistiche ancora non sono state stilate, ma i numeri spiccioli sembrano confermare come la pandemia e il lockdown lascino strascichi pesanti e lunghi da curare, soprattutto nei più giovani. Dà da pensare, ad esempio, il fatto che ogni giorno, un nuovo o una nuova paziente con problemi di anoressia, bulimia o alimentazione incontrollata si rivolga al centro per i disturbi alimentari della Asl3 di Genova Quarto. Anzi di più: la media è di sette persone a settimana su cinque giorni lavorativi.

“Le richieste di aiuto sono senza dubbio in aumento – spiega Barbara Masini, coordinatrice del centro – perché la pandemia ha recluso soprattutto i più giovani. Come dico spesso il Covid uccide gli anziani ma ferisce nell’anima i giovani”.

La reclusione dovuta alla restrizioni e rafforzata dalla dad allontana i giovani gli uni dagli altri e li rende ancora più fragili e insicuri: “Così i social fanno ancora più danni – spiega la coordinatrice del centro – Le ragazze arrivano qui e ce lo dicono loro stesse che non ce la fanno più, che vorrebbero chiudere con instagram ma poi non riescono e lì non fanno altro che confrontarsi con modelli che pensano di non poter raggiungere. E ne parlano tra loro, sempre sui social, chiedendosi sempre più in se stesse”.

Le attività del centro disturbi alimentari della Asl3 di Quarto, nato nel 2004, nell’anno della pandemia non si sono mai fermate “se non nella fase del vero e proprio lockdown – ricorda Masini – ma certamente abbiamo dovuto sospendere alcune attività come i pasti assistiti e le attività di gruppo che stanno riprendendo proprio ora utilizzando gli spazi esterni e creando gruppi più piccoli. Finalmente ora le ragazze che frequentano il centro saranno vaccinate e potremo riprendere tutte le nostre attività”.

Al centro si arriva tramite richiesta del medico di famiglia: fin dalla prima visita i pazienti incontrano psicologi, nutrizionisti, medici e dietisti. Insieme si decide il percorso che può comprendere anche i cosiddetti ‘pasti assistiti’ con l’obiettivo di normalizzare il comportamento alimentare.

Covid a parte, negli oltre sedici anni di attività del centro, le caratteristiche dei pazienti sono cambiate: “Anzitutto l’età – spiega Masini – prima arrivano soprattutto ragazze dai 18 ai 25 anni, oggi sono più piccole, 13-14 anni. Poi i maschi, all’inizio assenti oggi sono circa 3 su 10”.

Oltre che di anoressia bulimia il centro si occupa anche dei disturbi da alimentazione incontrollata, noto anche come binge eating: “Questo riguarda soprattutto gli adulti maschi o femmine di diverse fasce di età. E se di solito parlando di disturbi alimentari si fa riferimento ad anoressia e bulimia, il binge eating è altrettanto serio perché porta all’obesità che ha conseguenze molto gravi per la salute”. Ai pazienti che manifestano disturbi da alimentazione incontrollata al centro si fanno soprattutto psicoterapia di gruppo e si insegnano tecniche per la gestione dell’ansia e delle emozioni”.

Quale consiglio si può dare a un genitore che si accorge che il proprio figlio ha problemi con il cibo: “Il consiglio è di non sottovalutare i segnali e di convincere i ragazzi a chiedere aiuto. Spesso i genitori arrivano qui dicendo che loro sono disposti a portare al centro la propria figlia o figlio ma che sanno che loro non vogliono assolutamente saperne di essere aiutati. Invece magari i ragazzi vengono qui e non riusciamo ad agganciarli perché in tanti anni di esperienza ne abbiamo accumulata”.

Poi una volta che i ragazzi sono inseriti nel percorso “i genitori devono un po’ fare i soldatini rispetto alle indicazioni che diamo loro. Non devono arrabbiarsi né disperarsi, ma non devono avere atteggiamenti impulsivi perché il rischio è il loro comportamento possa peggiorare le cose”.

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