Liguria. “Prendiamo atto del fatto che la Regione Liguria, dopo aver chiuso drasticamente le scuole superiori per tutto il mese di gennaio, e poi dal 5 marzo al 10 aprile, con l’ordinanza del 9 Aprile ha finalmente riaperto la frequentazione in presenza nella misura del 50%. Pur consapevoli che questo provvedimento rappresenti un importante passo avanti rispetto ai precedenti, rileviamo che essendo consentito dalla normativa vigente riaprire le scuole in presenza tra il 50% e il 75%, non sono affatto chiare le ragioni per cui si è scelta la misura minima stabilita per legge”.
Così le associazioni Giuristi Democratici e Riapriamo la Scuola della Costituzione.
L’ordinanza è infatti genericamente motivata “in ragione del quadro epidemiologico relativo all’intera Regione”, dicono i soggetti che protestano, richiamando le relazioni di Alisa e senza contenere alcuno specifico riferimento al contesto scolastico.
“Inoltre – attaccano Giuristi Democratici e Riapriamo la Scuola della Costituzione – le relazioni di Alisa sulle quali si fondano provvedimenti tanto restrittivi di diritti fondamentali degli adolescenti non vengono pubblicate dalla Regione e non sono accessibili al pubblico, che non è in grado di verificare la congruità delle scelte dell’amministrazione”.
“Ricordiamo che l’Italia è all’ultimo posto in Europa per aperture delle scuole durante la pandemia – concludono le associazioni, che si riservano di ricorrere al Tar contro l’ordinanza del 9 aprile – e che l’Organizzazione mondiale della sanità ha raccomandato che la chiusura delle scuole “deve essere considerata solo se non ci sono alternative”, e deve essere utilizzata solo “quale ultima risorsa, perché l’impatto negativo sulla salute fisica, mentale e sull’istruzione dei ragazzi non è giustificato dai benefici”. Non sembra che queste raccomandazioni siano state considerate a oggi”.
E sul tema del rientro tra i banchi di scuola si sollevano anche le voci dei genitori. Ecco la riflessione ricevuta oggi dalla redazione di IVG.it da parte di una mamma, che riprende le preoccupazioni di parecchi studenti savonesi, parole che sono paradigmatiche di altri pensieri di queste ore in merito alla riaperture degli istituti superiori: “Effettivamente dopo due settimane di zona rossa, e con una situazione poco al di sotto di livello guardia, che durerà sino a domenica sera, riaprire le scuole il giorno dopo non è veramente una scelta opportuna. Forse lo sarebbe stata se da una settimana almeno fossero scesi tanto i contagi e fossimo in una situazione ottima in tema di vaccinazioni e ospedali scarichi. Invece, gli ospedali si stanno appena riprendendo, come enunciato dalla Asl2, e i contagi stanno poco a poco scendendo nel savonese, e noi rimettiamo i ragazzi in classe, non in sicurezza”.
“La scuola è un posto sicuro, se “io studente” sono negativo… Allora prima di rientrare facciamo un bello screening ai ragazzi e poi riapriamo. Senza uno screening dopo un periodo ad alto rischio, c’è un’altissima probabilità di ritornare in zona rossa tra una decina di giorni, quando invece dovrebbe essere il momento di auspicare in riaperture graduali. Le vaccinazioni sono insufficienti, lo dico personalmente, in quanto i miei genitori, tra cui mio papà ultra vulnerabile sarà vaccinato solo a fine mese. Le varianti continuano a uscire ogni giorno, con un indice di contagiosità alto, come gli addetti alla sanità pubblica riferiscono giornalmente, e noi ci prendiamo la responsabilità di aprire le scuole superiori in presenza senza un tracciamento. Ma dove sono allora tutti questi progetti di miglioramento che il nostro paese vuol fare in tema di sanità e scuole?”.
“Fino a due anni fa si sopprimevano le classi con 20 alunni per farne di meno e creando classi da 27 o 28 studenti sempre negli stessi ambienti, tutti ben ammassati, ma il Covid non c’era, e la parola “distanza di sicurezza” o “distanziamento sociale” non si conosceva. Ora rispetto all’anno scorso, a causa delle varianti, dicono di aumentare le distanze nei luoghi chiusi, dove si permane per lungo tempo. Un po’ di igienizzante e le mascherine non bastano in una classe di 30 alunni, troppo vicini, per sei ore, in una stagione oltretutto che non consente di lasciare le finestre aperte tutto il giorno. Sarebbe come aprire i centri commerciali sabato e domenica…anzi peggio, perché una persona non sta sei ore in un centro commerciale. E quindi sì alla zona arancione per riaprire i negozi e tutto quanto consentito in sicurezza, e far lavorare le persone, ma il tema scuola sicura si contrappone in maniera eclatante, con le regole previste di ingressi contingentati in tutti gli altri posti pubblici”.
“I ragazzi delle superiori non vengono accompagnati dai genitori a scuola e sono indipendenti nello studio (esistono le università online), pertanto a fronte della situazione epidemiologica, rischiamo un cluster come è successo nei contesti scolastici nell’ultimo periodo. La speranza di tutti è che nel prossimo mese le vaccinazioni avanzino più velocemente e si possa lavorare tutti in sicurezza”.
“Quindi a sostegno degli studenti preoccupati e consci di potersi infettare e contagiare le proprie famiglie: andare a scuola in presenza è una delle cose più importanti per i giovani che saranno il nostro futuro, ma così è un rischio veramente alto. Quindi visto che i ragazzi, come tante categorie di lavoratori, potrebbero rientrare nelle persone da vaccinare, ma saranno gli ultimi in quanto giovani, almeno “tracciamoli” prima di rientrare. Solo così potremmo evitare un altro lockdown. E poi non è d’obbligo il tampone, prima di fare un concorso?” conclude la riflessione.