Acque agitate

Assemblea regionale Pd: dalla fronda degli amministratori pronta la sfiducia a Farello

Il segretario ligure sulla graticola e la videoconferenza si preannuncia dai toni accesi

Partito Democratico via Maragliano

Liguria. Tra pochi minuti, alle 17e30 – in streaming vista la situazione pandemica – attesa assemblea regionale del partito Democratico convocata a sette mesi dalle elezioni regionali (perse) e dopo l’insistente richiesta di parte del partito.

Ma a poche ore da quello che dovrebbe essere l’inizio della riunione i partecipanti non hanno ancora ricevuto né i documenti all’ordine del giorno né l’indirizzo zoom su cui cliccare. C’è chi teme che questo sia il prodromo a un’assenza del numero legale e al rinvio dell’appuntamento.

Le acque non sono calme, si sa. La fronda degli ”amministratori” guidata da Armando Sanna, vicepresidente del consiglio regionale ed ex sindaco di Sant’Olcese, ha pronta una mozione di sfiducia nei confronti del segretario regionale, Simone Farello.

Il documento, che sarà presentato dai proponenti, avrebbe raccolto almeno un terzo delle firme e dovrebbe quindi passare a votazione. A quel punto l’esito non sarebbe scontato.

Dal canto suo, Farello, sotto attacco ormai da mesi da parte di alcuni esponenti del partito ligure, ha affermato in diverse interviste di avere intenzione di traghettare il Pd verso il congresso regionale, un passaggio politico che non viene affrontato dal 2014.

Ecco, il fatto che questa affermazione – che di base sarà il fulcro del suo discorso di oggi – sia stata affidata prima ai media che all’organo dell’assemblea ha fatto innervosire più di un “compagno”.

La fronda che porterà avanti la sfiducia ritiene inammissibile che la stessa figura che ha portato allo sbando il partito nel periodo dell’estenuante trattativa “pre regionale” possa essere il Caronte verso il congresso – teoricamente entro l’estate, ma più probabilmente dopo le elezioni comunali a Savona e forse persino nel 2022 – e si chiede quel rinnovamento che a livello nazionale si è verificato con il passo indietro di Zingaretti e l’arrivo di Enrico Letta al vertice del Pd.

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