Savona. Una sessantina di riders savonesi questa sera hanno aderito alla mobilitazione nazionale proclamata dalla rete “RiderXiDiritti”. Una trentina di loro sono scesi anche in strada, in Piazza Mameli dalle 19 per manifestare, mentre altri 30 riders hanno scioperato non andando a lavoro.
Le rivendicazioni espresse riprendono quanto già espresso durante le manifestazioni dei mesi scorsi: durante la fase pandemica le aziende del food-delivery hanno visto aumentare a dismisura i propri fatturati senza che ci sia stato alcun miglioramento contrattuale e lavorativo per i riders, lavoratrici e lavoratori che, fin dalla dichiarata emergenza sanitaria, sono diventati essenziali.
La Camera del Lavoro di Genova, insieme alle categorie Cgil di Nidil, Filt Filcams hanno espresso sostegno a questa mobilitazione nazionale: “Il 15 settembre 2020 è stato firmato da Assodelivery (l’associazione padronale del food delivery alla quale aderiscono Deliveroo, Glovo, SocialFood e Uber Eats) e Ugl un contratto per i riders che regolamenta il pagamento a cottimo e di fatto nega l’accesso ai diritti del lavoro subordinato, in quanto i riders sono considerati esclusivamente lavoratori autonomi. La recente inchiesta della Procura della Repubblica di Milano ha posto l’attenzione sull’estrema precarietà di questi lavoratori e sui diffusi comportamenti ‘illeciti’ da parte delle aziende. L’indagine ha portato alla predisposizione di verbali in cui si prevede la ricostituzione di rapporti di lavoro di oltre 60 mila lavoratori a livello nazionale. Le aziende stanno facendo ricorso contro il provvedimento e la Cgil è disposta a dare tutta l’assistenza necessaria ai lavoratori interessati” hanno detto.
“L’inchiesta della Procura di Milano conferma ciò che da anni la Cgil rivendica: i riders devono avere diritto a tutele contrattuali effettive. Ai riders vanno riconosciuti i diritti derivanti dal rapporto di lavoro subordinato, devono essere tutelati e con un monte ore garantito; lavoratrici e lavoratori del settore devono avere una retribuzione oraria congrua (agganciata al Contratto nazionale della Logistica e Trasporti) che tenga in considerazione anche i tempi di attesa oltre ad un pacchetto di diritti irrinunciabili, quali malattia, ferie, tfr e permessi studio”.
“Come fattorini del delivery intendiamo ribadire, alla luce anche delle indagini effettuate dalla Procura di Milano, la nostra opposizione all’accordo capestro firmato da UGL e Assodelivery lo scorso 3 Novembre e rivendicare con urgenza la necessità di applicare un Contratto Collettivo Nazionale di settore (Trasporti e Logistica o il Commercio) che regolamenti tutta la categoria riconoscendo a lavoratrici e lavoratori finalmente tutti i diritti e piene tutele” spiegano.
Anche il consigliere regionale Roberto Centi, della Lista Sansa, si è dichiarato “solidale con i riders che oggi sono in sciopero e sosteniamo le loro giuste rivendicazioni. Il settore della ristorazione, gravemente colpito dalla pandemia, ha fortemente puntato sulla modalità di asporto. Ma i riders non possono essere sfruttati con compensi e condizioni di lavoro ai limiti dello schiavismo; va riconosciuto loro un contratto nazionale, uno stipendio equo, condizioni di lavoro dignitose e sicurezza. E questo deve valere per le grandi catene e per le piccole attività. Da parte nostra ci impegneremo a portare le istanze di questi lavoratori nelle sede istituzionali dove operiamo in accordo con le organizzazioni sindacali”.
Maurizio Acerbo e Antonello Patta, rispettivamente segretario nazionale e responsabile lavoro di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, hanno aggiunto: “I padroni di Glovo, Uber Eats e Deliveroo vanno costretti a rispettare i diritti di chi lavora. Indispensabile però che la politica faccia la sua parte. Bisogna seguire la strada della Spagna dove per iniziativa della ministra di Unidas Podemos, la nostra compagna comunista Yolanda Diaz, sta per essere approvata una legge che stabilisce che i rider debbono essere assunti come dipendenti. Non bisogna farsi prendere in giro dalla retorica degli algoritmi e delle piattaforme digitali: una persona che percorre le strade per fare consegne con un’app non è un imprenditore ma un lavoratore subordinato a cui vanno riconosciute tutte le tutele. Si approvi una legge anche in Italia. Va ringraziata la Procura di Milano che, oltre ad aver confermato la natura di subordinazione del rapporto di lavoro e aver disposto il pagamento di 700 mila euro per gravi inadempienze, ha richiesto l’assunzione di tutti i riders da parte delle aziende del delivery. I diritti di 60 mila lavoratrici e lavoratori in realtà sono diritti di tutte/i”.
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