Genova. Emergono nuovi dettagli in relazione all’inchiesta che ha portato alla denuncia di quattro ragazzi, tra cui un minorenne, che agivano in tutta Italia, con un sistema ormai collaudato, per infiltrarsi nelle lezioni svolte con la didattica a distanza, con l’obiettivo di interromperle sistematicamente e farle saltare.
Parolacce, bestemmie, filmati porno condivisi sulla lavagna virtuale e anche apologia di fascismo con qualche ‘burlone’ che sovrapponeva l’audio di Faccetta nera alla voce del prof. E’ questo quanto hanno appurato gli investigatori della polizia postale di Genova, da cui è partita l’inchiesta D(e)ad che ha fatto scattare denunce per interruzione di pubblico servizio e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.
Ci sono anche alcuni studenti liguri tra i partecipanti alla chat, dal momento che l’indagine è partita proprio dalla denuncia dei dirigenti scolastici di alcuni istituti superiori genovesi a cui se ne sono rapidamente aggiunti molti altri in tutta la Liguria e non solo.
I giovanissimi si organizzavano su una chat creata su Telegram dove si sentivano assolutamente intoccabili: “Telegram è crittografato – scrivevano gli amministratori della chat agli altri membri del gruppo – e non rilascia i dati a nessuno nemmeno alla polizia postale”.
Il sistema era semplice anche perché soprattutto nella prima fase della Dad quella di questa primavera, le scuole utilizzavano la piattaforma di google meet.
Era sufficiente che uno studente condividesse l’indirizzo della lezione in cui era fissata l’interrogazione in classe perché altri potessero entrare: “A volte entravano anche in 20 tutti insieme” spiega un investigatore. Il disturbo appunto poteva consistere in urla, schiamazzi, bestemmie, musica, filmati porno o qualsiasi altra cosa venisse in mente ai ragazzini.
Alcuni degli indagati hanno più di 20 anni e uno di loro sarebbe un noto youtuber: quando la polizia postale è arrivata a casa loro hanno subito ammesso le condotte contestate considerandole però un semplice gioco.
Per gli investigatori della Postale, che si occupano solitamente di condotte apparentemente più gravi come la pedopornografia o il revenge porn, questo tipo di reati non va sottovalutato, perché la un lato la Dad è oggi uno strumento vitale per garantire la continuità didattica durante la pandemia, dall’altro per far capire ai giovani che i social al contrario di quello che credono non garantiscono l’anonimato e di conseguenza l’impunità. “Intanto la Polizia Postale non ha tempo da perdere nel cercare di trovarci” dicevano i ragazzi, ma non è andata così.