Savona. E’ stata fissata per il 25 maggio l’udienza in Cassazione per esaminare il ricorso di Alessio Alamia, condannato all’ergastolo per aver ucciso brutalmente il 7 aprile del 2017 l’ex fidanzata Janira D’Amato, sferrandole 49 coltellate nella sua casa in piazzetta Morelli a Pietra Ligure. Quel giorno verrà esaminato il ricorso presentato dal legale del ragazzo, Laura Razetto, dopo che il 17 dicembre 2019 la Corte d’Assise d’Appello di Genova ha confermato la condanna all’ergastolo comminata ad Alamia in primo grado (qui sopra il video).
Il 18 gennaio 2019 Alessio Alamia era stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Savona per l’omicidio della ex fidanzata. In appello il procuratore generale aveva chiesto la conferma di quella sentenza (inclusa l’aggravante della premeditazione) e (sposando la richiesta del pm di Savona, Elisa Milocco) la condanna anche per il reato di stalking (per il quale il 21enne era stato assolto in primo grado). Condanna aggiuntiva che non è arrivata, ma la famiglia di Janira si era detta comunque soddisfatta: “L’importante era che venisse confermato l’ergastolo” il commento a caldo dei genitori Rossano e Tiziana. “L’ergastolo è una pena pesante che, però, ci stava tutta a prescindere da altre considerazioni – spiega Simone Mariani, che assiste i familiari insieme a Fabrizio Biale – Lo stalking? Non importa, lo avevamo considerato un po’ più ‘sfumato’ tanto che come parte civile non avevamo impugnato quella sentenza. Siamo soddisfatti, ora confidiamo che la famiglia D’Amato possa passare un Natale non dico più sereno, ma almeno ‘liberatorio’ e non nell’attesa di giustizia”.
L’avvocato di Alamia, Laura Razetto, aveva invece chiesto di rivalutare la perizia psichiatrica, di concedere le attenuanti generiche e di eliminare la premeditazione. Nessuna delle tre richieste è stata accolta. “Pensiamo che la pena sia eccessiva – commentò il legale annunciando il ricorso in Cassazione – in relazione alla personalità dell’imputato e al suo difficile passato familiare”.
Nel corso del processo di appello Alamia ha letto in aula una breve lettera autografa, incentrata sulle scuse alla famiglia di Janira e sulla presa di coscienza della propria responsabilità. Una lettera “figlia” del fatto che, nel primo processo, Alamia aveva chiesto e non ottenuto di potersi scusare guardando negli occhi i genitori della vittima.
Sul banco delle parti civili anche un peluche di un cagnolino dalmata (qui sopra nella foto), che la madre di Janira, Tiziana, aveva con sé anche il giorno della lettura della sentenza di primo grado. “Era di una delle sue più care amiche – aveva spiegato in quella occasione – siccome per lei è sempre stato un portafortuna oggi me lo ha prestato. E ha funzionato”.
In Corte d’Assise l’impianto accusatorio del pm Elisa Milocco venne confermato quasi integralmente (qui le motivazioni): Alamia venne condannato per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione (non fu concessa nessuna attenuante), mentre fu assolto dall’accusa di stalking “perché il fatto non sussiste”. Inoltre la Corte d’Assise lo ha dichiarato interdetto perpetuamente dai pubblici uffici, in stato di interdizione legale e decaduto dalla responsabilità genitoriale.