Savona. “Una festa con una forma diversa, ma non per questo meno significativa”. Parafrasando le parole del vescovo Calogero Marino, è stato vissuto così il momento più importante della solennità di Nostra Signora della Misericordia, patrona della diocesi e della città di Savona nel 485^ anniversario dell’apparizione mariana sulle rive del Letimbro.
Come è noto, a causa del perdurare dell’emergenza sanitaria, seguendo le indicazioni delle autorità e per evitare ogni possibile rischio di assembramento, non solo è stata annullata la tradizionale processione votiva del mattino dalla cattedrale al santuario, ma la messa solenne delle 9.30, anziché nella piazza antistante, è stata celebrata in Basilica “a porte chiuse” con la partecipazione soltanto di alcuni sacerdoti, di pochi rappresentanti degli ordini religiosi, delle aggregazioni laicali e delle confraternite che hanno portato sul presbiterio il Crocifisso del sodalizio di San Michele in Celle Ligure. Nella navata anche le autorità civili, dal sindaco di Savona Ilaria Caprioglio al prefetto Antonio Cananà fino al presidente delle Opere Sociali Giovanni De Filippi. La celebrazione è stata animata dai canti del coro di San Bernardo in Valle guidato all’organo da Francesca Botta.
“Vogliamo Mettere nelle mani e nel cuore di Maria le nostre intenzioni di preghiera, la preoccupazione per i malati, la preghiera di suffragio per i defunti, a Lei ci vogliamo affidare”. Con queste parole il vescovo Marino ha iniziato la Messa che ha presieduto e che è stata concelebrata dal pastore emerito Vittorio Lupi e dal vicario generale don Angelo Magnano.
Significative anche le intenzioni durante la preghiera dei fedeli: per la Chiesa, per il papa, il vescovo, i sacerdoti, per le famiglie “luogo primario di crescita dell’amore”, per le confraternite “perché siano esempio di preghiera e buone opere”, per i “nostri cari defunti in particolare per quelli deceduti per la terribile pandemia che sta sconvolgendo le nostre vite” e, non ultimo, per la città di Savona e “per noi tutti perché imparando da Maria impariamo ad affidarci al Signore”. Al termine dell’Eucaristia il vescovo Gero, assieme a monsignor Lupi e a don Magnano, si è recato nella cripta per omaggiare la statua di N.S. di Misericordia.
Molto seguita la diretta della Messa sulla pagina Facebook de “Il Letimbro” dove il video della celebrazione resterà disponibile “on demand” (www.facebook.com/watch/IlLetimbro/): numerosissime le preghiere a Maria giunte fra i commenti.
Al Santuario, nel pomeriggio, saranno celebrate ancora due Messe alle 16 e alle 18 (aperte ai fedeli, sino al numero massimo di 80). Sarà comunque possibile partecipare all’Eucaristia per la festa di Nostra Signora di Misericordia anche nella propria parrocchia.
Infine, domani alle 18, sempre al Santuario e sempre nel rispetto delle già citate norme, il vescovo Marino celebrerà una Messa in apertura dell’anno dedicato a San Giuseppe e alla famiglia nel giorno in cui la Chiesa ricorda lo sposo di Maria.
L’omelia del vescovo Calogero Marino (testo integrale)
“Una Chiesa da amare, con lo sguardo di Maria”
Il presule ha affidato alla Madre di Misericordia la Diocesi di Savona-Noli che è chiamata a “prendere il largo confidando nel Risorto” con la celebrazione del Sinodo. Molto intenso il momento di preghiera nel silenzio per le persone malate e in suffragio dei defunti.
+ Gero Marino
Ritorniamo al nostro Santuario, in un contesto ancora difficile. Siamo ancora inevitabilmente in pochi, ma è già una grazia poter celebrare insieme questa Eucaristia: non dimenticherò mai la celebrazione in solitudine, nel raccoglimento della cripta, lo scorso anno! Sentivo sulle spalle il peso di tanto dolore, e facevo mio l’atto di affidamento a Maria, pronunciato in quell’anno dal Papa.
Oggi, ringrazio di cuore chi è salito con me. Saluto in particolare monsignor Vittorio, del quale sono proprio amico, e tutti i presbiteri e i diaconi. Saluto e ringrazio le Autorità, in particolare sue eccellenza il Prefetto, il Sindaco di Savona, che ci aiutano a celebrare questa Festa nel miglior modo possibile.
Porto nel cuore i malati e le persone con disabilità, che sono per noi la carne viva di Gesù: non sono potuti salire al Santuario, ma spero che possano seguire da casa la celebrazione.
Vi chiedo un attimo di silenzio e di preghiera per i nostri malati. Custodiamo nel cuore i loro volti e i loro nomi. E anche la preghiera di suffragio per tutti i nostri morti, un attimo di silenzio.Un grazie sentito ai Religiosi e alle Religiose, ai rappresentanti delle Aggregazioni laicali, alle Confraternite e a tutti coloro che hanno consentito e reso bella questa celebrazione. Penso alla Protezione civile, ma non soltanto. Non voglio citare tutti per non dimenticare nessuno. Tutti li ringrazio!
Desidero mettere nella mani di Maria la nostra Diocesi, che a Pentecoste inizierà il suo Sinodo. E quindi ringrazio in particolare quanti sono saliti al Santuario portando in cuore le loro Parrocchie e le Comunità della Diocesi.
Desidero, anche se non tutti sono potuti salire, che questa celebrazione abbia davvero una tonalità diocesana. E quindi in questa breve meditazione mi fermo proprio su questa dimensione: la nostra Chiesa locale e il Sinodo.
So che non è facile vivere la dimensione diocesana della Chiesa. E’ più semplice stare all’ombra del campanile o coltivare ciascuno un piccolo orto. Ma è questa la sfida del Sinodo che inizieremo a Pentecoste: raccoglierci, Chiesa di Dio che è in Savona, e prendere il largo, confidando nel Risorto! Se avremo questo coraggio, scopriremo in questi anni il volto bello della nostra Chiesa, abitata da molti carismi e ministeri, per i quali ringrazio il Signore. Siamo un mosaico fatto di molte tessere colorate, tutte indispensabili per la bellezza dell’insieme. Il rischio è uno solo: lasciarci contagiare da quelli che Papa Giovanni, aprendo il Concilio, chiamava profeti di sventura, “che annunciano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo”. E continuava: “nel presente momento storico, la Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di disegni superiori e inattesi”.
Per questo porto nel cuore, anche senza sforzo, molta fiducia e molta speranza. Perché il Signore mai abbandona la Sua Chiesa. E la nostra Chiesa di Savona è una Chiesa bella, da amare. Certo la bellezza della nostra Chiesa dobbiamo imparare a riconoscerla con lo sguardo di Maria, uno sguardo che vede in profondo e non la superficie. La bellezza più grande della nostra Chiesa è magari sconosciuta, non si vede a uno sguardo distratto: penso alle realtà ecclesiali, alle associazioni, ai movimenti laicali. Ci sono tanti malati che vivono con fede la propria sofferenza. Penso a chi si impegna nel volontariato con attenzione ai poveri. Penso a come in questi mesi di pandemia le nostre case sono diventate luoghi di preghiera.
Per riconoscere la bellezza e la preziosità della nostra Chiesa occorre lo sguardo di Maria. E il volto bello della nostra Chiesa, contemplandolo in Maria, Madre di misericordia e icona della Chiesa. Maria è la Chiesa, è la sua parte pura, bella, che ancora non siamo in pienezza, ma che vogliamo diventare. Bella perché amata!Isaia profetizza di Gerusalemme-sposa “adorna di gioielli. Poiché come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti”. E’ Maria la sposa adorna, “rivestita delle vesti della salvezza”. Ma in Maria Dio ama la Chiesa, pur fragile e infedele. Da Maria, allora, la Chiesa (e ciascuno di noi!) deve imparare il discepolato: Maestra perché discepola, Madre perché “figlia del suo Figlio! Imparando da Maria, e cito Pablo D’Ors “si tratta di essere di nuovo discepoli, non maestri…Si tratta di fare l’esperienza di nascere. Siamo venuti a questo mondo per continuare a rinascere, per nascere a una nuova identità, più di una volta…La passione degli inizi non è nel passato. Gli inizi sono ora, è possibile…L’entusiasmo non è la caratteristica della gioventù, ma della saggezza”
Ecco vorrei che il tempo del sinodo fosse per noi un tempo di nascita e di rinascita. Un tempo in cui ritrovare fede ed entusiasmo.
È questa forma mariana della Chiesa che spero possa manifestarsi nei giorni del nostro Sinodo!
Ma non voglio essere retorico. Il tempo in cui celebreremo il Sinodo è davvero difficile. Le ferite così gravi prodotte dalla pandemia ci rendono gioco forza realisti e fanno emergere fragilità antiche: una Chiesa piccola e stanca; un territorio invecchiato, per l’inverno demografico che perdura e per la perdita di tante attività produttive; il prevalere degli individualismi e la difficoltà a fare rete.
Ma proprio la pandemia ha evidenziato anche segni di luce e di speranza: la cura competente di medici e infermieri, al rischio della vita; la ricchezza grande offerta dal volontariato (penso certo alla nostra Caritas, ma anche – fra i tanti! – a “Savona Insieme”, che quotidianamente si fa vicina, nelle case, ai malati oncologici in fase terminale e ai loro familiari); apprezzo e mi commuovono la dedizione degli insegnanti e la resilienza degli studenti, nel tempo della didattica a distanza. Sono anche convinto che le possibilità di freschezza e di innovazione del Campus possano essere ancor più valorizzate.Una Chiesa dal volto mariano quindi – lo ripeto ancora – chiamata ad essere discepola prima che maestra che celebra un Sinodo in questo tempo difficile. E’ questa la prospettiva.
Non sarà allora un Sinodo per “risistemare la Diocesi”, ma un Sinodo per convertirci al Signore ed essere misericordiati da Lui. Perché solo così potremo “prendere il largo, confidando”. Lo dico con le parole di Padre Vannucci: “quando Cristo chiama gli apostoli dice: ‘Andate al largo!’. Anche noi dobbiamo saperci muovere decisamente verso l’orizzonte sconfinato che Dio ci apre davanti agli occhi e farlo non ciecamente, ma fiduciosi nella sua parola”.
Anche la nostra Chiesa di Savona deve ritrovare questo dinamismo dell’uscire, senza il quale rischia di ripiegarsi in quella mondanità autoreferenziale che, per Padre De Lubac, è la più grande tentazione della Chiesa, e che genera depressione e stanchezza. “Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione” (EG 83)!
Ma, lo voglio dire con chiarezza per finire, non si tratta di “riportare a casa chi si è allontanato”. Si tratta di riconoscere, anche fuori dai confini ecclesiastici, la presenza di Dio, che “non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano in modo impreciso e diffuso” (EG 71). Ne deriva, come evidenzia Pierangelo Sequeri, che “la Chiesa non può più parlare come entità separata che fronteggia la società civile e umana come fosse semplicemente il mondo perduto”
Non siamo uno di fronte agli altri, la Chiesa di fronte al mondo e il mondo di fronte alla Chiesa. Siamo chiamati invece a una reciproca fecondazione.
Continua Sequeri: “L’esercizio della adorazione di Dio dentro la città dell’uomo e fuori dall’ovile protetto è una consegna da prendere sul serio, per recuperare la consapevolezza di avere qualcosa da dire a questo tempo”.
Vivere la fraternità fra di noi per poter, in mezzo al mondo, essere fratelli di tutti. Questa è la prospettiva del nostro Sinodo e della nostra Chiesa.Concludo pregando con le parole di Dag Hammarskjold:
Fa’ che io non disperi mai, perché sono sotto la tua mano,
e in Te è ogni forza e bontà.
Nella Tua mano, o Signore,
ogni ora ha un senso,
elevatezza e grazia,
pace e consistenza.
Signore,
dammi puri sensi per vederti,
dammi umili sensi per udirti,
dammi sensi d’amore per servirti,
dammi sensi di fede per dimorare saldo in Te.
Signore,
Tu che sei al di sopra di noi,
Tu che sei anche in noi,
fa’ che ognuno ti veda anche in me.
Amen.