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Regione, Candia (Lista Sansa): “I fondi del Recovery Fund per l’equità sociale”

"Per azioni che si rivolgono alla vita quotidiana di uomini e donne con particolare attenzione alla questione dell'occupazione femminile"

palazzo regione

Regione. “Come lista Sansa Presidente chiediamo che il 50% dei fondi del Recovery Fund siano distribuiti paritariamente sulle azioni che si rivolgono alla vita quotidiana di uomini e donne con particolare attenzione alla questione dell’occupazione femminile”. Questa è la proposta della consigliera regionale Selena Candia.

Seguendo l’iniziativa di livello nazionale promossa dall’associazione “Il Giusto Mezzo” alla quale la Lista Sansa ha deciso di aderire, verrà chiesto in Consiglio regionale che sia discusso il tema della qualità del lavoro dell’occupazione femminile in modo da contrastare discriminazioni di genere e molestie.

“I fondi del Recovery Fund destinati all’Italia e quindi alle Regioni non potranno prescindere da progetti e azioni destinate alle donne che sono la maggior parte delle persone che lavorano nella sanità, nel sociale, nella scuola e nelle imprese a più alto tasso di innovazione e che rischiano la segregazione lavorativa, sociale, economica ed esistenziale.” conclude Candia.

Nella sua sua proposta, i consiglieri della lista “Sansa Presidente” affermano: “Basterebbe anche solo un dato, quello relativo alla disoccupazione femminile, per capire lo squilibrio di genere che è ancora presente nella nostra società: secondo l’Istat nel 2019 la disoccupazione femminile ha toccato il 12,2%, mentre quella maschile si è fermata al 9,2%. Come lista Sansa Presidente, su proposta della consigliera regionale Selena Candia, chiediamo che il 50% dei fondi del Recovery Fund siano distribuiti paritariamente sulle azioni che si rivolgono alla vita quotidiana di uomini e donne con particolare attenzione alla questione dell’occupazione femminile”.

“Questa è un’iniziativa di livello nazionale promossa dall’associazione ‘Il Giusto Mezzo’ e alla quale come Lista Sansa abbiamo deciso di aderire. Un progetto che prende ispirazione dalla proposta presentata da Alexandra Geese, membro del Parlamento europeo del partito Verde/EFA, e nato per chiedere alla Commissione europea e al Consiglio europeo che almeno la metà del Fondo per la ripresa sia spesa per l’occupazione e la promozione dei diritti per le donne, nonché per la parità di genere e i servizi della cura della persona dall’infanzia alla terza età. L’idea di Geese comprende anche azioni mirate per il miglioramento dell’istruzione e per il rafforzamento del welfare”.

“Partendo da questi presupposti, chiediamo in Consiglio regionale che sia discusso il tema della qualità del lavoro dell’occupazione femminile in modo da contrastare discriminazioni di genere e molestie. Chiediamo di potenziare le infrastrutture sociali per la conciliazione, per l’autonomia e per l’inserimento lavorativo delle donne con differenti abilità. Chiediamo di monitorare lo sviluppo delle forme di smart working e lavoro agile affinché non diventino ostacolo ai percorsi di carriera e miglioramento professionale delle donne; consigliando agevolazioni e premialità per le aziende che praticano le pari opportunità nella propria organizzazione e promuovono l’inserimento lavorativo di donne in carico a percorsi assistiti di uscita dalla violenza. La nostra richiesta è anche di incentivare azioni di contrasto alla povertà estrema attraverso progetti di reinserimento lavorativo per le donne in estremo disagio sociale”.

“Questo segue la linea dettata dal rapporto del Segretario Generale dell’Onu dedicato all’impatto del Covid-19 sulle donne. Lo studio ha individuato cinque ambiti in cui la pandemia avrà specifiche ricadute sulle donne ‘per il semplice fatto di essere donne’. Ovvero l’ambito economico e occupazionale, la salute, il lavoro di cura non retribuito, la violenza di genere e i contesti di fragilità e il conflitto o altre emergenze. A causa della recessione innescata dalla pandemia è stato disposto dalla Commissione europea il Recovery Fund; i fondi destinati all’Italia e quindi alle Regioni non potranno prescindere da progetti e azioni destinate alle donne che sono la maggior parte delle persone che lavorano nella sanità, nel sociale, nella scuola e nelle imprese a più alto tasso di innovazione e che rischiano la segregazione lavorativa, sociale, economica ed esistenziale”.

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