Liguria. È persino troppo facile, oggi, per chi deve scrivere questa rubrica e a quest’ora, scegliere l’argomento del giorno. Purtroppo è troppo facile.
Dovunque, a cominciare da Genova, non si placa la rivolta dei ristoratori per il “dispetto di San Valentino” del ministro Speranza, che fa coppia con il rinvio dell’annunciata riapertura delle piste da sci, anche questo da un momento all’altro.
Si teme la conseguenza sui contagi delle varianti, di cui è giusto tenere conto ma che non c’entra nulla con il “dispetto di San Valentino”. La rabbia sale e costituisce un pericoloso detonatore sociale: la gente non capisce più il perché di certe decisioni ed è inevitabilmente portata a ribellarsi e – in un futuro molto, molto prossimo – a non seguire più le indicazioni del governo, quali che esse siano, persino quelle corrette.
San Valentino e sci, una protesta che accomuna parti politiche e zone del Paese diverse.
Non comprendiamo nel nostro piccolo (non è una provocazione, lo pensiamo davvero) come una persona come Draghi, l’Uomo del Destino, possa non aver calcolato reazioni del genere per decisioni così disastrose e così facili da disinnescare (due ore di pranzo per salvare San Valentino), e si sia accodato alle sciagurate decisioni del suo appena confermato ministro della Salute.
Così Draghi, a neanche un giorno, dal giuramento, ha fornito ottimi motivi a chi aveva già iniziato a giocargli contro nell’ombra pur facendo parte della sua stessa maggioranza. E a nulla vale promettere ristori, perché l’esperienza del passato, ancora da ribaltare, insegna che sono irrisori e che arrivano quando arrivano.
Di tutte le cose sentite nelle ultime 24 ore la meno strampalata sembra l’ipotesi avanzata da Walter Ricciardi, che ha proposto un lockdown vero: chiudiamo tutto per qualche settimana e speriamo di ripartire per Pasqua.
Ma ormai l’Italia è una polveriera, drammatica ma facilmente prevedibile conseguenza da quando Mario Draghi e Sergio Mattarella hanno pronunciato quel nome per il ministero della Sanità: Roberto Speranza.