Emergenza

In Liguria il Covid ha già spazzato via il sogno di 2 mila imprenditori: si teme boom di licenziamenti

La "bomba sociale" rischia di esplodere nei prossimi mesi

Serranda chiusa negozio

Liguria. Nel 2020 in Liguria ci sono state 1.888 imprese che sono entrate in scioglimento o liquidazione volontaria, in altre parole hanno deciso di chiudere senza dover portare i libri in tribunale. Molte meno quelle che hanno imboccato la strada del fallimento o del concordato preventivo: 131 nell’arco dei dodici mesi. Sono dati che arrivano dalle Camere di commercio e che dimostrano da una parte le conseguenze tragiche della crisi Covid, dall’altra una situazione di stasi che rischia di deflagrare tra pochi mesi.

I numeri complessivi, infatti, non sono così alti come potrebbe sembrare. Scioglimenti e liquidazioni sono calati dello 0,4% rispetto al 2019, i fallimenti sono crollati del 33,9% e i concordati preventivi del 41,2%. Merito da un lato degli ammortizzatori sociali che hanno consentito a tanti imprenditori di rinviare l’estrema decisione tenendo in piedi aziende ormai defunte, e dall’altro di alcune modifiche alla legge fallimentare che hanno scoraggiato il ricorso a questa procedura.

Nonostante questo, per alcuni settori la contrazione sta diventando comunque allarmante: nel quarto trimestre del 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le chiusure “spontanee” sono aumentate del 12,1% nel commercio, del 25% nei trasporti, del 31,9% nei servizi. Su scala annuale il turismo è l’unico che ha visto un concreto boom di scioglimenti e liquidazioni con 327 imprese, il 6,5% in più rispetto al 2019.

Il turismo ormai è disintegrato, completamente azzerato – conferma Silvia Avanzino, segretaria generale della Fisascat Cisl che rappresenta anche i lavoratori del commercio, della ristorazione e dei servizi -. Noi ormai viviamo con terrore la scadenza del 31 marzo. Se non verrà rinnovato il blocco dei licenziamenti, la tenuta occupazionale sarà veramente a rischio”.

Al momento è impossibile dire quanti lavoratori in concreto rischiano il posto, sia perché i datori di lavoro sceglieranno di tagliare personale sia perché magari molleranno il colpo e andranno a ingrossare le statistiche di cui sopra. “Chi oggi non ha ancora avviato procedure di licenziamento collettivo molto probabilmente lo farà – avverte Avanzino – e chi ha aspettato finora gli ammortizzatori sociali non è detto che continuerà a percorrere quella via. Per ora navighiamo a vista, sperando che le misure attuali diventino strutturali e non più d’emergenza”.

Intanto i dati congiunturali sul quarto trimestre 2020, i più recenti a disposizione, dicono che rispetto all’anno precedente gli addetti totali delle imprese con sede principale sul territorio sono il 4,1% in meno, nonostante lo stesso blocco dei licenziamenti. Una percentuale che rischia di lievitare a dismisura se arriverà il “liberi tutti”.

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