Liguria. “Chiediamo un piano di ripartenza che restituisca agli operatori e alle operatrici dello spettacolo il diritto al lavoro, che preveda un sostegno alle piccole e medie realtà culturali che rischiano di scomparire e protocolli di sicurezza per aprire il prima possibile i luoghi di cultura e spettacolo. Chiediamo una data, una progettualità. Il settore è allo stremo. Per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore è stato un anno di profonda precarietà, disoccupazione, assenza totale di prospettive: servono misure di reddito e sostegno strutturali e universali per affrontare una crisi di tale portata. Servono tavoli competenti e di vasta rappresentanza per affrontare la questione della ripartenza e della riforma del settore. I danni si stanno già contando”.
E’ questa la richiesta dei lavoratori dello spettacolo che protesteranno, la prossima settimana, il 23 febbraio alle 17.00, in piazza De Ferrari a Genova. “Il 23 febbraio – spiegano dal Coordinamento delle imprese teatrali della Liguria – torniamo in piazza ad un anno esatto dalla prima chiusura dello spettacolo dal vivo, dal blocco del mondo dello spettacolo e della cultura”.
“Chiudere i luoghi di cultura è un modo per non affrontare le complessità di una società in crisi ben prima dell’arrivo del Covid-19. La pandemia è stata per molti aspetti una cartina tornasole che ha fatto emergere fragilità pregresse. Torniamo a ribadire come un progetto di cura sociale sia quanto mai necessario per tornare a tessere quei legami di comunità inevitabilmente recisi dalle misure di contenimento e garantire spazi di riflessione collettiva”.
“L’ancora degli spettacoli e dei concerti in streaming – continuano – non è e non può essere considerato un appiglio. Non ci ha salvato, non ci salverà e rischia invece di snaturare un’arte antica quanto il mondo. I luoghi di cultura e le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo sono stati troppo a lungo e pesantemente penalizzati. La cultura non è un lusso decorativo che ci si concede solo nei momenti buoni. Occorre una riforma strutturale, formale e concreta, del settore che tuteli la dignità del lavoro”.
“Qual è l’investimento – concludono – che si è disposti a mettere in campo a difesa e salvaguardia della cultura? Quali le condizioni per una visione strategica in grado fotografare l’esistente e superare le gravi criticità riconoscendo lo spettacolo e la cultura come servizio essenziale per la comunità?”.