Savona. “In merito ai ristori per le imprese liguri interessate dalla pandemia Covid che la Regione ha destinato sulla base delle risorse messe a disposizione dello Stato, pari complessivamente a 7,7 milioni di euro (ovvero qualche centinaio di euro a testa se fossero beneficiare tutte le imprese teoricamente interessate) il problema di fondo, che è purtroppo comune a tutte le misure di ristoro fino ad oggi adottate dallo Stato, è che bisogna cambiare impostazione: basta contributi a pioggia, serve, come fatto dagli altri Paesi europei (Francia e Germania ad esempio), pacchetto solido di aiuti per le aziende sulla base delle perdite di ricavi subite nel 2020 e nei primi mesi del 2021 rispetto all’anno 2019 o alle media del triennio precedente al 2020”.
Lo sfogo arriva dal presidente provinciale dell’Unione albergatori – Upa – Angelo Berlangieri, preoccupato per la drammatica situazione di alberghi e strutture ricettive relativa all’emergenza sanitaria e alle nuove misure restrittive, con un 2021 che sarà ancora all’insegna di una pesante crisi che mette a rischio la sopravvivenza di un settore cruciale della nostra economia.
“In concreto se si vuole salvare davvero le imprese turistiche (tutte nessuna esclusa) si deve ristorare almeno il 40% delle perdite di ricavi subite nei mesi della pandemia, ovvero da gennaio 2020 a febbraio 2021, rispetto alla media dei ricavi nello stesso periodo nel biennio o triennio precedente al 2020, il resto è solo propaganda e poco più!” aggiunge.
“Infatti anche se il calcolo delle personale addetto poteva esser fatto più oggettivamente sulla base delle Ula (Unità lavorative per anno), alla fine il risultato sarebbe sempre stato modesto ampliando la platea dei beneficiari e riducendo la quota pro-capite spettante al di sotto dei mille euro! Ho lo Stato cambia rapidamente marcia o il rischio di non arrivare economicamente vivi alla primavera 2021 drammaticamente diventa sempre più reale” conclude il presidente Upa Angelo Berlangieri.
“I parametri individuati da Regione Liguria per assegnare i ristori agli albergatori non rispecchiano la realtà. Vanno rivisti, altrimenti decine di attività rischiano di rimanere escluse e non percepire nemmeno un euro” rincara Federalberghi Savona, che lancia un grido di allarme dopo che la Regione ha individuato ben 6.300 imprese tra i potenziali beneficiari degli aiuti contemplati dal decreto “Ristori Quater”.
I fondi a disposizione ammontano a 7,7 milioni di euro, ma, se da una parte sono state comprese attività che sono chiuse da tempo, benché comprese negli elenchi forniti dalle Camere di Commercio liguri, dall’altra restano fuori molti alberghi che stanno combattendo per superare il periodo di crisi e dare continuità all’attività. Il pericolo è che non bastino i soldi stanziati, circa mille euro per ciascuna azienda, specie se l’elenco è falsato da imprese inesistenti da anni.
Ora, per superare l’empasse, le Camere di Commercio invieranno una pec per controllare i requisiti e filtrare i beneficiari. Ma nel frattempo si allungano i tempi per ottenere i ristori.
“Il problema principale riguarda il calcolo dei dipendenti – afferma il presidente provinciale di Federalberghi, Andrea Valle –. I criteri individuati dalla Regione prevedono che i ristori vengano assegnati alle aziende con meno di nove dipendenti. La reale gestione degli alberghi, però, non può essere inquadrata in parametri così rigidi, ma bisogna tenere conto del periodo di occupazione e del tipo di contratto di assunzione o chiamata. Le nostre realtà hanno solitamente più di dieci dipendenti in estate, ma il personale scende a poche unità o addirittura nessuno a gennaio. In base a una prima analisi con questo calcolo sono rimaste ingiustamente escluse dai ristori dal 20 al 30% degli alberghi. Abbiamo avviato una ricognizione interna in modo da avere un quadro preciso”.
Per Federalberghi indispensabile il cosiddetto calcolo “Ula”, l’indicatore che fotografa e standardizza le ore e le giornate lavorative di un’attività imprenditoriale. Proprio l'”Ula” è il dato che viene preso in considerazione nei bandi a livello nazionale: “Considerato che tra le microimprese vengono inserite tutte quelle che occupano meno di 10 persone – conclude Valle -, per gli alberghi, categoria 55.10, andavano presi in considerazione altri fattori molto importanti: i dipendenti assunti, che essendo quasi tutti a carattere stagionale sono da riferire a un periodo temporale di 5-6 mesi all’anno. Inoltre non sempre a un addetto assunto corrisponde una unità, in quanto lo stesso può essere inquadrato con un contratto part-time o addirittura intermittente”.
Il calcolo dell'”Ula”, anziché il mero numero dei dipendenti, permetterebbe dunque a parecchie realtà di rientrare nei parametri e quindi di beneficiare dei ristori: mille euro, visto che gli alberghi sono stati compresi in seconda fascia, tra le attività a chiusura parziale: “Questo aspetto va affrontato in tempi rapidissimi – continua Valle –. Stiamo vivendo un momento molto complicato: il turismo fatica, non riusciamo a lavorare e neppure abbiamo una data che permetta di capire cosa ci aspetta in futuro. Il piano ristori, però, è andato avanti senza che nessuno ci abbia interpellato: se la Regione si fosse confrontata con noi, avremmo segnalato subito il problema. Inoltre i dati sono stati chiesti alle Camere di Commercio, ma prendendo in considerazione elenchi superati, che addirittura comprendono aziende chiuse, anziché le nostre, che sono aperte”.