Nera-mente

L’incredibile storia della killer fantasma di Heilbronn

"Nera-Mente" è la rubrica di Alice, appassionata di criminologia

Nera Mente 2 gennaio 2021

Questa è la storia di una caccia all’uomo durata ben sedici anni. Di un’indagine costata quasi 20 milioni di euro e di una ricompensa di circa trecentomila per chi fosse stato in grado di fornire informazioni utili alla polizia tedesca.

Siamo in Germania, è un pomeriggio di ottobre del 2001. Una mamma è al parco giochi con il suo bambino. Lo perde un attimo di vista, e dopo poco sente un urlo che le fa gelare il sangue: il piccolo le sta correndo incontro, con l’ago di una siringa conficcato in una mano.
Si precipita in ospedale, dove i medici cercano di calmarla: anche se la siringa fosse infetta, non è facile ammalarsi in quel modo.
Mandano comunque tutto in laboratorio, per cercare il virus dell’HIV ed il DNA del tossico.
Nessuna traccia di AIDS, per fortuna. Però si accorgono che nei computer della polizia quel profilo genetico è già stato registrato: lo hanno raccolto sulla scena di due brutali omicidi mai risolti, il primo dei quali è avvenuto otto anni prima, in Renania. Il secondo, nel 1993, a Friburgo, in Svizzera.
Lo stesso DNA, sesso femminile, una donna serial killer.

Il 24 ottobre le sue tracce biologiche vengono trovate su un tovagliolo di carta contenente degli avanzi di biscotto, accanto al rimorchio di un tir, forzato e ripulito.
Ma le soprese non sono finite: la stessa impronta genetica viene ritrovata su una pistola giocattolo utilizzata in una rapina in Francia, ad Arbois.
Il 6 maggio 2005, due fratelli rom si azzuffano per una questione banale: di nuovo il laboratorio genetico scopre un collegamento con la donna senza volto. È a questo punto che comincia a farsi strada un’ipotesi: questa criminale deve essere legata a qualche gruppo di nomadi specializzati in furti, gente che non guarda in faccia nessuno, in grado di ammazzare senza problemi se qualcosa non va per il verso giusto.

25 aprile del 2007, Heilbronn, cittadina del sud della Germania. Michele Kiesewetter, una giovane agente della squadra antidroga, è impegnata con un collega in un’operazione sotto copertura. Si trovano in macchina quando due individui saltano sui sedili posteriori e sparano. Michele muore sul colpo. Il collega, ferito gravemente, rimane in coma per diversi giorni, ma al risveglio non ricorda nulla di quanto sia accaduto. Chi ha compiuto il crimine si è portato via le loro armi e le manette, ma ha lasciato una traccia di DNA sul sedile posteriore: sempre la stessa.
È da questo momento che l’assassina, la donna senza volto, diventa “Il fantasma di Heilbronn”. Uccidere un poliziotto viene considerato un crimine eccezionale, una task force non è più sufficiente: le unità destinate al caso, così, diventano tre, con un centinaio di agenti che interrogano migliaia di testimoni.
È a questo punto che il governo tedesco decide di mettere una taglia di trecentomila euro sulla testa del fantasma, destinati a chiunque sia in grado di fornire informazioni in merito.
I genetisti forensi, intanto, rilevano un’altra informazione utile: il DNA appartiene a un soggetto che proviene dall’Europa orientale. E tutto sembra quadrare, perché alla periferia di Heilbronn vive accampato un gruppo di rom, e la città e la Romania sono efficientemente collegate da un servizio di linea: proprio poche ore dopo il delitto è partito un pullman con destinazione Bucarest.
Ma, nonostante ciò, non si riesce a risalire al fantasma.

Il 30 gennaio dell’anno successivo, un fiume che scorre alla periferia di Heppenheim restituisce i cadaveri di tre uomini, uccisi a colpi di pistola. Si tratta di tre georgiani che trafficavano sul mercato di auto di lusso, in un giro d’affari di milioni di euro. Viene sospettato un uomo asiatico insieme ad un georgiano, e la svolta nelle indagini avviene quando sulla auto del primo viene trovato il sangue di una delle vittime. Però c’è qualcosa di strano: sulla sua macchina si trova, nuovamente, anche il DNA della killer-fantasma. Cosa c’entra lei questa volta, in un episodio che appare come un regolamento di conti tra bande rivali?

Gli investigatori arrivano alla conclusione che la donna, dopo aver ucciso la poliziotta tedesca, mostrando coraggio e sangue freddo, sia diventata un’executioner, una killer da ingaggiare per i lavori più sporchi, una donna talmente fredda ed efficiente da trasformarsi in un boia su commissione. E talmente brava (o fortunata) da non lasciare alcun indizio in giro che riconduca a lei.
I due complici arrestati non confermano, né smentiscono: è evidente che abbiano paura di questo tremendo fantasma, e certo non sono le mura del carcere a farli sentire al sicuro.
Intanto il fantasma continua a colpire, nei modi più diversi tra loro, facendo saltare ogni ipotesi di movente, ogni accenno di profilo, facendo impazzire gli investigatori : nel marzo del 2008 forza i cancelli di una piscina pubblica di Niederstetten, in Germania. Poi svaligia cinque appartamenti. A maggio aggredisce una donna e le ruba la borsa. Poi uccide di nuovo. Questa volta si tratta di un’infermiera, a cui fracassa il cranio per rubare trecento euro.

Finalmente, nel 2009, arriva una svolta nelle indagini: in Francia viene trovato il cadavere di un clandestino, ucciso e bruciato. È indispensabile il profilo genetico, per stabilirne l’identità.
Il laboratorio del DNA restituisce una risposta bizzarra: il campione apparterrebbe ad un individuo di sesso femminile. Ma, per quanto carbonizzato, non vi è dubbio che il cadavere appartenga ad un uomo. Indovinate? Il profilo corrisponde proprio a quello del fantasma di Heilbronn.
Si effettuano nuovi test e, nel giro di pochissimo tempo, il fantasma ha finalmente un volto. Che non è quello che ci si aspettava, di una brutale serial killer, ma appartiene ad un’ignara signora, impiegata in una fabbrica di cotton fioc.

Questa donna, con il suo DNA, aveva involontariamente e inconsapevolmente contaminato moltissimi tamponi destinati alle polizie scientifiche di mezza Europa.

“Nera-mente” è una rubrica in cui parleremo di crimini e non solo, scritta da Alice, studentessa ed aspirante criminologa: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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