Lavoro

Liguria, in 9 mesi perse 59mila assunzioni. Cgil: “Rilasciare subito investimenti pubblici e privati”

Vesigna: "2020 anno terribile senza ammortizzatori sociali e blocco dei licenziamenti"

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Liguria. Nei primi 9 mesi del 2020 l’Inps ha rilevato una perdita di 58.871 assunzioni in Liguria. I dati, elaborati dall’Ufficio Economico Cgil Liguria, non si riferiscono a lavoratori in carne ed ossa, ma al numero di contratti attivati.

“Un solo lavoratore può essere titolare di più rapporti di lavoro, basti pensare agli stagionali, a molti lavoratori part time o ai precari della scuola. Ciononostante il dato desta molte preoccupazioni” affermano dalla Cgil.

Per Federico Vesigna, segretario generale Cgil Liguria, “l’emergenza sanitaria si è tradotta in una forte contrazione delle assunzioni che è proseguita anche per effetto della seconda ondata. Dal punto di vista occupazionale il 2020 è stato un anno terribile e senza ammortizzatori sociali e blocco dei licenziamenti, fortemente chiesti dal sindacato, ci si sarebbe trovati davanti ad un vero e proprio disastro sociale. Fa presto ad arrivare il 31 marzo e se non ripartono gli investimenti il rischio collasso è alle porte. Non è rinviabile il confronto sul recovery plan per utilizzare al meglio le risorse europee”.

Ad entrare nel dettaglio dei numeri è Marco De Silva responsabile dell’Ufficio Economico Cgil Liguria che ha elaborato i dati Inps: “Dalle rilevazioni emerge come tutte le tipologie di contratto siano in calo rispetto ai primi nove mesi dell’anno precedente e quello più marcato, con oltre 32 mila contratti in meno, riguarda le assunzioni a tempo determinato che rappresentano da sole oltre il 40% di tutte le assunzioni con contratto di lavoro dipendente”.

“In totale, in Liguria mancano quasi 59 mila assunzioni toccando il livello più basso dal 2014 – continua De Silva, poi conclude – Da gennaio a settembre 2020 sono state 101.656 le assunzioni in Liguria contro le 160.527 dello stesso periodo dell’anno precedente con una contrazione che investe tutte le tipologie contrattuali, ma in particolare, quelle a tempo determinato con una diminuzione del 44.4 per cento, segno evidente che in questo anno di pandemia i contratti a termine o non sono proprio iniziati o non sono stati rinnovati. In calo oltre il 30% rispetto all’anno scorso anche tutte le altre tipologie di contratto (intermittente, somministrato, apprendistato e a tempo indeterminato); solo il lavoro stagionale, grazie ad un parziale recupero nel terzo trimestre, limita i danni ad un -16,7%”.

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