Nera-mente

I colletti bianchi e il silenzio italiano

"Nera-Mente" è la rubrica di Alice, appassionata di criminologia

neramente 23 gennaio

“Nella mancanza di scrupoli con cui piega beni e persone ai propri scopi, nell’impassibile noncuranza per i sentimenti e i desideri altrui e per le conseguenze ultime delle proprie azioni, il tipico uomo pecuniario assomiglia al tipico delinquente; rispetto a quest’ultimo, tuttavia egli possiede un più acuto senso di classe e una maggiore lungimiranza che gli consente di perseguire mete più lontane”.  Thorstein Veblen

Con “crimini dei colletti bianchi” si intendono i reati commessi da persone rispettabili e di elevata condizione sociale, nel corso della loro occupazione. Il nome (dall’inglese white collars) deriva dall’abito che normalmente queste persone indossano: una camicia bianca, il cui candore rimanda, appunto, al bisogno di non sporcarsi per compiere le proprie mansioni.
Ciò che è rilevante in questi reati è che questi non risultano associati alla povertà o alle patologie e problematiche personali. Questo tipo di criminali sono professionisti salariati come medici, magistrati, insegnanti, impiegati, manager d’azienda, dirigenti e funzionari pubblici, ma anche leader della politica e dell’economia.

I reati dei colletti bianchi, quasi sempre sottovalutati ed impuniti, colpiscono una o più delle seguenti categorie di vittime: consumatori, concorrenti, azionisti e altri investitori, inventori, dipendenti. Tra le vittime figura anche lo stato, leso dalle frodi fiscali e dalle corruzioni dei pubblici funzionari. Questi reati non sono semplici violazioni di norme tecniche, bensì comportamenti premeditati con un chiaro scopo finale.
Nel tempo, le mafie e le organizzazioni criminali hanno riversato nell’economia e nella finanza grandi patrimoni percepiti in maniera illecita, rendendo sempre più difficile la loro separazione da quelli leciti, spostando così l’utilizzo di mezzi illegali nel mercato delle normali transazioni, dando in appalto l’uso della violenza: non più esplicita, diretta e visibile, ma sempre più invisibile e indiretta.

Parlare di colletti bianchi oggi, significa affrontare il tema dell’unione tra economia legale ed economia criminale, che trovano sempre più spesso forme e luoghi di pacifica convivenza.
Uno tra i più recenti esempi in tal senso è certamente quello vissuto in Italia negli anni novanta, con la serie di inchieste Mani Pulite (fenomeno comunemente noto anche come Tangentopoli).
La criminalità del “colletto bianco” si esprime, di solito, nel campo degli affari in:
falsità di rendicontazione finanziaria di società, speculazione illegale in borsa, corruzione diretta o indiretta di pubblici ufficiali al fine di assicurarsi contratti e decisioni vantaggiose, falsità in pubblicità, frode nell’esercizio del commercio, appropriazione indebita, frode fiscale, in altre “scorrettezze” operate nell’ambito delle curatele fallimentari e nella bancarotta. Questi reati, e molti altri ancora, sono frequenti nel mondo degli affari; sono quelli che Al Capone definì “rackets legittimi”.

Nella professione medica, quella che a primo impatto esprime meno criminalità di altre, si ritrovano vendite illegali di alcool e narcotici, aborti, cure compiacenti ai delinquenti, false testimonianze negli incidenti automobilistici, false dichiarazioni di infermità mentale, magari per scagionare qualche “privilegiato”, eccetera.

In Italia, così come in molti altri paesi, i colletti bianchi sono molto più presenti di quanto non si possa pensare. Il problema è che molti di loro risultano “intoccabili”, perché protetti anche da chi avrebbe il compito di fermarli. Inoltre, non si trovano molte testimonianze a riguardo, sebbene siano così presenti nella nostra società. Si ha paura a parlarne. C’è silenzio.
Per dare un’idea di quanto siano protetti questi esponenti, da noi molto più che nel resto del mondo, basta pensare che meno di un detenuto su cento, in Italia, è in carcere per “reati dei colletti bianchi”.

Dando un’occhiata ai dati Istat, secondo le informazioni del ministero di Giustizia, al 31 dicembre 2017 erano in carcere 57608 individui tra uomini e donne, condannati in via definitiva o in attesa di giudizio. Di questi, solo 370 individui erano detenuti per “peculato, malversazione e altri delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”. Insomma, una percentuale dello 0,6 per cento sul totale dei detenuti.Se paragonato però con i numeri di altri Paesi europei, il dato sui detenuti con condanna definitiva per reati economici e finanziari sembra essere un’anomalia italiana.

La media dei 47 paesi membri del Consiglio d’Europa, nell’anno 2016 era, infatti, ben del 6,3 per cento. Germania e Francia hanno una percentuale di “colletti bianchi” nelle carceri addirittura maggiore, rispettivamente con il 13,2 e il 5,8 per cento.

Risale solo all’altro ieri, 21 gennaio, una grande operazione svolta in Calabria, denominata Basso Profilo, che vedrebbe coinvolti anche noti esponenti politici calabresi, amministratori locali, imprenditori e professionisti in operazioni correlate all’n’drangheta: movimentazioni illecite di denaro per un valore di oltre trecento milioni di euro.  Tredici persone arrestate, trentacinque ai domiciliari. Oltre alle misure cautelari, la Procura della Repubblica di Catanzaro ha disposto l’esecuzione di numerosi sequestri di beni costituiti da compendi aziendali, immobili, autoveicoli, conti correnti bancari e postali per un valore che è stato definito “ingente”. Grande operazione, certo. Ma quanto dureranno i provvedimenti presi?

“Nera-mente” è una rubrica in cui parleremo di crimini e non solo, scritta da Alice, studentessa ed aspirante criminologa: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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