Quale sentimento patriottico possono emanare gli eredi di quel partito comunista che si rese protagonista di altrettante pratiche epurative e assassinii di massa, perpetrati ciecamente nell’asservimento ideologico allo stalinismo, nella sua massima espressione di negazione della libertà e della democrazia?
E che dire dell’appropriazione indebita della data simbolica di “pace” e “libertà” del 25 aprile da parte di una sola “cultura”, che poi è quella che si dimostrò subalterna al regime sovietico, fino al punto di sentirsi in diritto di monopolizzarne l’abuso celebrativo senza averne né merito né diritto?
L’Anpi, che il governo ha autorizzato a “violare” la quarantena durante il lock-down riconoscendogli un privilegio escluso a milioni di cittadini a cui è stata negata l’Eucarestia il giorno della Pasqua di Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo e altri migliaia non hanno potuto concedere l’estremo saluto ai propri cari periti per mano del virus cinese, ancora oggi manifesta pulsione negazioniste sulle Foibe e sugli atroci crimini compiuti dai partigiani a guerra conclusa contro i fascisti o presunti tali e gli antifascisti non comunisti.
Ma questi sono solo alcuni dei tanti episodi di follia assassina, feroce e impunita, che a certi cultori della libertà a senso unico non piace affatto ricordare e quantomai citare.
Vogliamo parlare di Stalin che insieme a Mao è senza dubbio il più grande criminale della Storia?
Stalin è stato a capo dell’Unione Sovietica dal 1924 a 1953 anno della sua morte. Ha governato con estrema durezza, sulle orme tracciate da un’altro massacratore di popolo, il suo predecessore Lenin. Stalin ha utilizzato qualsiasi metodo nel perseguire i suoi scopi. Non ha avuto scrupoli nel servirsi di omicidi politici, di processi farsa, e nell’ordinare la deportazione di milioni di persone. Stalin è arrivato al punto di favorire e indurre l’insorgere di carestie per avere la meglio sui contadini ucraini. E sempre lui, ha deliberatamente sterminato milioni di persone per il solo fatto di appartenere a un gruppo sociale o a una etnia considerata ostile al regime comunista.
Sotto il suo regime si è vissuto un vero e proprio terrore: bastava una parola o uno sguardo per essere accusati (e condannati, ovviamente) di attività anticomunista. Un enorme apparato di polizia politica incombeva in ogni ambito della società e poteva contare uno spropositato numero di delatori. Tutti erano incoraggiati alla delazione, che veniva premiata. La mancata delazione era considerata un crimine.
Mentre milioni di persone vivevano nell’incubo dell’arresto e della deportazione nei “gulag”, paradossalmente erano proprio i criminali comuni (ladri, scassinatori, assassini) a poter stare tranquilli. La polizia era estremamente lassista nei loro confronti. Se qualche criminale comune veniva catturato rischiava pochissimo: un rapinatore o un assassino potevano anche cavarsela con un anno di galera (e un’abbondante riduzione di pena) ciò in quanto, secondo l’ideologia marxista e leninista, “la proprietà è un furto”. Lo stesso valeva nei confronti di chi si macchiava di fatti di sangue nei confronti di chi aveva la colpa di appartenere a una classe “nemica”: sacerdoti, fedeli, funzionari e tecnici del precedente regime.
Si poteva finire in Siberia per dieci anni (con ben poche possibilità di tornare) se si rubava da una fabbrica di vestiti un rocchetto per rammendarsi gli abiti. Solo in Ucraina Stalin fece 7 milioni di morti. Più di Adolf Hitler. Ma nessuno ne parla.
Intanto il governo Conte ha equiparato a livello nazionale il centenario della nascita del partito comunista celebrandolo addirittura con l’emissione di un francobollo a seguito di varie sollecitazioni (proposte di stanziamenti ed emendamenti alla Legge di Bilancio) giunte dai deputati del Partito Democratico e di Leu.
Dobbiamo, invece, cancellare definitivamente l’idea che i comunisti italiani siano stati preda ingenua e romantica di un sogno di libertà e giustizia sociale. Tanto la dittatura in URSS quanto quella applicata nelle nazioni del comunismo reale, si sono svelate come incubo di sopraffazione e morte.
Infine, agli europeisti a targhe alterne ricordo che il Parlamento europeo ha equiparato il Nazismo e il Comunismo. La risoluzione è stata votata con 535 voti a favore, 66 contro e 52 astenuti. Partito Democratico compreso. Rispetto chi ha creduto in buonafede nel PCI ma stento a capire, preso atto delle tragedie che il comunismo ha causato, perchè si ricorda con enfasi la sua nascita in Italia. I comunisti riuniti a Livorno il 21 gennaio del 1921 volevano, anche con la violenza, trasformare l’Italia in una piccola Unione Sovietica nella quale sono stati perseguitati e uccisi gli oppositori del regime. Non c’è nulla da festeggiare ma tanto da ricordare e su cui riflettere.
Fabrizio Marabello
Responsabile Dipartimento Cultura e Innovazione
Fratelli d’Italia-Coordinamento Provinciale di Savona