Alassio. Sicuramente era il più timido della compagnia in quel ritiro che la Nazionale Italiana scelse, prima di affrontare il meraviglioso Mundial spagnolo. Paolo Rossi, che questa notte ci ha lasciato, era spesso in disparte alla Puerta del Sol, quel posto principesco nelle colline di Alassio, dove gli azzurri potevano restare isolati dal resto del mondo.
Non proprio isolati, perché due ore al giorno i cronisti, anche quelli delle televisioni locali che erano in auge, potevano intervistare gli idoli della gente. E mentre Cabrini, Tardelli, Conti e soprattutto Altobelli erano spigliati, Pablito ed Antognoni erano timidi, timidissimi.
A sbloccare Rossi fu una splendida intervista del grande Beppe Viola. Messo a suo agio Rossi diceva di come il Mondial potesse essere occasione di riscatto, dopo le vicende del calcio scommesse che lo avevano coinvolto con una squalifica di due anni. Parlava di Bearzot, che nonostante le critiche di molti lo aveva aspettato, sapendo che avrebbe ripagato la sua fiducia. Anche Alfredo Provenzali in quei dieci giorni di ritiro realizzò una bella intervista con lui anche se a far parlare molto Pablito fu Gianni Minà che gli fece un’intervista molto umana nel quale il calcio era il filo conduttore.
Oggi trentotto anni dopo quel ritiro della Nazionale, che fu reso possibile da quel genio del turismo che era Carlo Tomagnini, torna alla mente di tanti alassino, ma non solo. E proprio nel ricordo di Pablito si rafforzerà quella pazza idea, sulla quale si sta lavorando, di riportare gli azzurri 40 anni dopo ad Alassio, come buon auspicio per i Mondiali 2022.
Un modo per ricordare Rossi, che era sempre il più disponibile a rilasciare autografi agli allora ragazzini, e quelle splendide giornate. Certo che ripensare adesso a quei giorni, rivedendo quel viso timido di Rossi chi avrebbe pensato che meno di un mese dopo avrebbe fatto piangere tutto il Brasile.
[Foto tratte da “Alassio, la Culla dei Campioni del Mondo” di Stefano Franchi e archivio Foto Aldo Alassio]