Liguria. Dopo due anni e mezzo dalla tragedia del ponte Morandi, l’inchiesta della magistratura genovese fa un passo avanti determinante (leggi qui), suscitando l’indignazione del Comitato delle vittime (leggi qui).
Non c’è molto da aggiungere: la tragedia avrebbe potuto e dovuto essere evitata, dal 1993 non furono eseguiti i necessari e doverosi lavori di manutenzione, tra l’altro previsti e indicati proprio da Morandi, il progettista del ponte, lavori che avrebbero evitato che la corrosione del tirante della pila 9 provocasse il crollo.
I dirigenti di Autostrade hanno invece perseguito il profitto dell’azienda e il loro potere personale, un atteggiamento di cui risponderanno, speriamo presto, di fronte alla Giustizia esercitata nel nome del Popolo Italiano.
Il resto fa parte della tragica comicità della nostra politica, con tutti a gridare – dal giorno del crollo all’inizio dei lavori fino all’inaugurazione del nuovo ponte – basta con i Benetton e collegati vari, bisogna togliere loro la concessione.
Invece non è così, la concessione è ancora di Autostrade e dovremo persino pagare (lo Stato, intendiamo) per togliergliela, in un frullatore di malafede e, cosa ancor più grave, di incompetenza.
Ma oggi è giusto riflettere ed essere soddisfatti per il passo avanti dell’inchiesta, magari lenta ma nel tentativo di ancorare prove certe in vista del processo, lasciando meno spazio possibile ai cavilli delle difesa.
Un passo avanti verso quella verità che conoscevano tutti ma che, in un Paese democratico come il nostro, garantisce giusti diritti anche davanti alla vergogna di chi è accusato di aver provocato la morte di 43 persone e messo in ginocchio l’economia di un’intera regione.
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