Albenga. La vicenda dell’Isola Gallinara continua a riservare colpi di scena. L’ennesima puntata nel copione di questa infinita telenovela viene scritta da tre del gruppo di privati proprietari dell’Isola che, dopo aver visto sfumare nei mesi scorsi il sostanzioso accordo con il magnate ucraino Olexandr Boguslayev, ora hanno deciso di presentare ricorso al Tar contro la prelazione esercitata dal Ministero dei Beni Culturali.
Un affare da oltre 20 milioni di euro quello del magnate ucraino che, a seguito della mossa del Mibact, aveva dato forfait e rinunciato all’acquisto. Il Ministero, sollecitato dal coro unanime di tutta la città e dall’amministrazione comunale, aveva dato infatti il via allo strumento della prelazione sulla parte di suo interesse: tutela e valorizzazione dei beni culturali dell’isola Gallinara, interrompendo di fatto l’operazione finanziaria di acquisto dell’uomo d’affari ucraino. Il Ministero ha scucito 8 milioni di euro per entrare in possesso della villa padronale, (peraltro inagibile e con costi per il Ministero davvero proibitivi per renderla effettivamente utilizzabile per il progetto ambizioso di centro culturale), subentrando nell’affare a Boguslayev uscito dai giochi.
I privati, però, non hanno affatto digerito tutta l’operazione e dopo aver acquisito gli atti della prelazione dalla Soprintendenza hanno presentato entro i termini consentiti il ricorso alla giustizia amministrativa. “Visto il valore della posta in gioco non sono rimasto affatto sorpreso dal ricorso dei tre proprietari al Tar e credo che non sorprenda neppure la Soprintendenza, il Ministero e nemmeno l’avvocatura dello Stato. Confido però in una soluzione positiva” ha commentato il sindaco Riccardo Tomatis.
Nel ricorso al Tar i ricorrenti mettono in discussione vari aspetti concernenti la prelazione, primo tra tutti il fatto che Mibact ha esercitato il diritto di prelazione parziale sulla sola villa padronale presupponendo quindi che la villa fosse un bene culturale, sebbene – recita il ricorso – non vi sia alcun vincolo specifico in tal senso. In nessun atto viene dichiarato di specifico interesse culturale la villa costruita negli anni 60 dai privati mentre risultano beni vincolati i resti del convento dei Benedettini e il terreno presente nell’area archeologica che contiene i resti di un’abbazia, la grotta di San Martino e nel sottosuolo, resti romani e paleocristiani.
Pertanto – a detta dei ricorrenti – il decreto di prelazione parziale, riferito alla sola villa padronale, sarebbe viziato e la prelazione avrebbe dovuto riguardare il bene culturale unitario, cioè l’intera isola Gallinara. Va da sé che la vendita parziale danneggerebbe i privati in quanto “la prelazione deprime il valore economico del bene rimasto, l’appartamento e tutti gli altri beni della società La Gallinaria”. Quest’ultima lamenta di essere costretta a sopportare i costi della manutenzione, con il rischio di fallimento in quanto alcuni soci non avendo più proprietà individuali potrebbero smettere di sostenere finanziariamente ed economicamente la società.
A seguito di queste considerazioni chiedono la sospensione degli atti impugnati.