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Sanità, Pasa (Cgil): “La Regione sbanda ancora una volta. Valbormida e albenganese pagano ancora una volta il conto”

"Sanità al collasso, anni di tagli presentano il conto"

andrea pasa

Liguria. “Sulla sanità la Regione sbanda ancora una volta. Anni di tagli presentano il conto. E la Valbormida e l’albenganese pagano ancora una volta il conto”. Lo afferma Andrea Pasa, segretario generale della Cgil di Savona.

“Se il sistema ha retto l’onda d’urto, durissima, della prima ondata della diffusione del coronavirus e sta reagendo alla seconda, lo si deve alla professionalità e anche generosità, degli operatori e delle operatrici. Ma a pagare il conto di tutto questo, oltre al personale, sono gli uomini e le donne in deficit di salute per ragioni diverse dal coronavirus. La gestione della sanità ligure fa acqua da tutte le parti. Ormai è oggettivo, è sotto gli occhi di tutti. Le scelte politiche messe in campo dall’amministrazione Regionale in questi 5 anni in tema di sanità hanno prodotto confusione, disorganizzazione e soprattutto hanno portato il nostro sistema sanitario ad essere uno degli ultimi in Italia, così come certificato dalla Corte dei Conti nella sua analisi annuale. La scelta di svendere ai privati alcuni ospedali Liguri (Albenga, Bordighera e Cairo Montenotte) si è rivelata un fallimento ancor prima di privatizzarli, con decine di ricorsi e l’intervento del Tar della Liguria che ha bocciato le strategie sanitarie della regione Liguria. Nell’attesa del Privato si è fatta una scelta molto semplice ma profondamente sbagliata, non si è investito e si sono distrutti due ospedali, Cairo e Albenga, e tutta la rete territoriale socio-sanitaria dei due territori valbormidese e albenganese che contano oltre 80 mila residenti”.

“Non può essere il punto di arrivo, ma di partenza, quello annunciato ieri dal presidente Toti con l’assunzione di 500 infermieri al San Martino di Genova. Non bastano gli annunci: serve rapidamente nelle corsie, nelle sale operatorie, nei pronto soccorso, sul territorio l’inserimento di nuovi medici, infermieri, tecnici, operatori socio sanitari e tutte le figure necessarie per affrontare questa emergenza e costruire, attraverso percorsi di stabilizzazione, la sanità pubblica oltre il Covid. Non solo a Genova ma in tutta la Regione. La sanità è al collasso per decenni di tagli e sottofinanziamenti. Lo sono gli ospedali che vedono riempirsi i reparti Covid e le terapie intensive, Lo sono i pronto soccorso che non riescono tempestivamente a dare risposte, Lo sono i malati non a causa del virus che rischiano di non essere assistiti. Servono confronto, assunzioni e risorse”.

“Il collasso della sanità italiana non comincia con il Covid. La pandemia è, in ordine di tempo, l’ultimo terribile colpo che arriva dopo i 37 miliardi di tagli al Sistema Sanitario Nazionale e i dieci anni di blocco del turn over che ha decimato medici, infermieri, operatori socio sanitari e tutte le professioni sanitarie. Lo scorso 9 marzo, giorno d’inizio del lockdown, tutte le regioni registravano e lamentavano carenze di organico significative in ospedali, ambulatori, medicina generale. Mancavano all’appello in oltre 60 mila tra le fila del Ssn e più di 20 mila medici di medicina generale. E purtroppo non finisce qui. Non solo ci sono pochi medici e infermieri assunti, ma sono pochi anche quelli in cerca di lavoro. Il numero chiuso nelle facoltà universitarie e nelle scuole di specializzazione mediche ha avuto e continua ad avere come effetto la scarsità di professionisti formati e pronti per essere assunti. Mancano pediatri, ginecologi e guarda un po’ anestesisti rianimatori, quelli cioè che servono nelle terapie intensive. Il governo ha provato a correre ai ripari, prima con il Decreto del 9 marzo e poi con quello Rilancio sono state previste procedure e risorse per assumere personale sanitario per far fronte all’emergenza. Complessivamente ne risultano reclutati, rigorosamente assunti con contratti precari, circa 30mila”.

“Secondo il Rapporto di Altems sembrerebbe che al 30 settembre solo 4 regioni abbiano deliberato per impiegare le risorse stanziate con il Decreto agosto per l’abbattimento delle liste d’attesa, Piemonte, Marche, Toscana e Veneto. A marzo aprile maggio tutte le prestazioni non urgenti, e forse in parte quelle che urgenti lo erano, sono state sospese. Screening per la prevenzione oncologica o cardiaca, indagini strumentali, visite specialistiche, interventi chirurgici programmatici sospesi per due ragioni: medici e infermieri spostati nelle terapie intensive e sub intensive o nei reparti Covid svuotando quelli ordinari. E poi i nostri ospedali non hanno il doppio percorso, covid non covid e quindi per evitare il diffondersi dell’epidemia semplicemente sono stati chiusi ambulatori e studi medici. Sulla base del ‘Monitoraggio strategie di intervento per recupero liste d’attesa’ effettuato dalla Direzione Generale della Programmazione sanitaria del ministero della Salute il 13/07/2020, la riduzione tra 2019 e 2020 è stimata in circa 13,3 milioni di prestazioni di accertamenti diagnostici e in circa 9,6 milioni di visite specialistiche, pari a circa il 36%. E la stessa indagine stima in 309.017 il numero di mancati ricoveri, di cui 230.428 chirurgici e 78.589 medici. Il Decreto agosto ha stanziato risorse per recuperare questi numeri, ma non molto è stato fatto. ‘Tutto questo ha creato inevitabili conseguenze in oncologia: i medici dichiarano impatti in termini di diagnosi e biopsie dimezzate del 52%, ritardi negli interventi chirurgici per il 64%, visite pazienti/ settimana diminuite del 57% (Dati Sondaggio IQVIA). E il futuro, senza adeguate misure,- si prospetta ancora più drammatico’”.

“Se cambia la patologia la situazione non migliora. Secondo uno studio della Società italiana di cardiologia ‘I ricoveri per infarto acuto al miocardio durante la pandemia da Covid 19 si sono significativamente ridotti in tutta Italia, con un parallelo aumento della mortalità e dei tassi di complicanze. Questo rappresenta un grave problema sociale, che richiede attenzione da parte delle comunità scientifiche e sanitarie e delle agenzie di regolamentazione pubbliche”’ Ancora Altems certifica che la riduzione di questi ricoveri è pari al 48,8% mentre vi è stato un calo di trapianti del 16,9%”.

“Ora siamo di nuovo in emergenza, i Reparti Covid degli ospedali cominciano ad essere pieni e in molte regioni si iniziano a sospendere ricoveri programmati e a chiudere di nuovo gli ambulatori e i pronto soccorsi o punti di primo intervento. Succede già in Lombardia, Piemonte, Campania e Liguria ma di ora in ora aumentano le serrate. I Pronto Soccorso dei nosocomi sono già presi d’assalto. I reparti Covid sono pieni ed i Ps stanno diventando un ‘parcheggio’ per questi pazienti anche per 3-5 giorni. Stiamo assistendo tutti ma mancano medici e infermieri. Che fare allora? sono tre le parole chiave da utilizzare per affrontare questa emergenza e per garantire a tutti e tutte il diritto alla salute. Assunzioni, risorse, dialogo e confronto. Esiste una sola strada, assumere il più rapidamente possibile medici, infermieri operatori socio sanitari, tecnici e anche personale amministrativo. E soprattutto occorre immediatamente potenziare la sanità di territorio. Malati di qualunque patologia, anziani, disabili debbono essere presi in carico e seguiti il più possibile a casa. È necessario e prioritario implementare e di molto l’assistenza domiciliare. Investire risorse, risorse, e ancora risorse in sanità. Bisogna farlo perché non sarebbe accettabile tornare a quel che è accaduto a marzo con la sospensione di tutti i servizi non Covid, ancora non si è riuscito a recuperare visite, esami e interventi chirurgici saltati per il lockdown”.

“Qualche suggerimento su come fare per ottimizzare il lavoro la Cgil ce l’ha, il tracciamento è importante strumento per contenere la pandemia, ma non è indispensabile sia svolto necessariamente da medici, operatori socio sanitari e personale amministrativo, con una formazione ad hoc potrebbero svolgerlo egregiamente liberando professionisti da impegnare nella cura dei malati. Come, sostengono Fp, Filcams e Cgil: ‘Farmacie e studi privati dei medici di medicina generale non sono luoghi contemplati per percorsi differenziati Covid, potrebbero essere messi a rischio professionisti e pazienti, nonché coloro che si recano negli studi medici o nelle farmacie per altre evenienze. Avrebbe più senso chiedere a medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e a tutti i professionisti sanitari abilitati, anche privati, di dare la propria disponibilità a potenziare l’effettuazione dei test in luoghi dedicati, sanificati, protetti e, per alcune fasce orarie, dai presidi mobili agli ambulatori nelle aziende territoriali già predisposti nei dipartimenti di prevenzione insieme ad altri professionisti del SSN’. Suggerimenti e idee il sindacato le ha, quel che manca è la terza parola chiave: confronto. Lo abbiamo già fatto e torniamo a farlo, lo abbiamo chiesto c al ministro della Salute Speranza di convocarci subito e di aprire un confronto duraturo e costante con le organizzazioni sindacali per affrontare insieme una situazione difficilissima e lo abbiamo fatto con il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti”.

Cgil Cisl e Uil di Savona ad inizio ottobre hanno costruito “un documento con proposte concrete, e lo hanno presentato ai comuni del distretto socio sanitario della valbormida, proposte che chiedono la ricostruzione della rete territoriale socio sanitaria e quindi il rispristino dell’ospedale. Il depauperamento della sanità Ligure e soprattutto del territorio savonese, e il peggioramento dei servizi nell’entroterra ha un nome e un cognome: Regione Liguria. La situazione relativa al contagio Sars Cov 2 in Liguria appare completamente fuori controllo. In Liguria lo scatenarsi dell’epidemia ha esasperato una gestione sanitaria già fragile e un sistema minato da un’organizzazione centralizzata che ha prodotto una carenza di organico pre crisi di oltre mille unità (di cui quasi 200 medici), non è stata in grado di costruire graduatorie utilizzabili, penalizzato anche nel reclutamento nelle fasi più complicate della diffusone epidemica. Alisa, in questi anni, ha neutralizzato anche quasi tutti i tentativi di organizzazione progettati dalle ASL in raccordo con il territorio”.

“Nella prima fase della crisi Covid abbiamo riscontrato ritardi, confusione nella costruzione della rete e carenze parzialmente giustificati dalla novità ed eccezionalità della situazione. Fra marzo e maggio sono stati emessi dal Governo numerosi decreti che contengono norme e dotazioni finanziarie finalizzate al riposizionamento del sistema sanitario per garantire una miglior tenuta di fronte alla pandemia. Riscontriamo che nei mesi estivi nella nostra regione pochissimo sia stato fatto. La predisposizione dei piani ospedalieri e territoriali di assistenza, previsti dal D.L. 34/2020 sono stati poco più di un atto formale. La scelta di chiudere ancora una volta i punti di primo intervento negli ospedali di Albenga e Cairo di queste ore è vergognosa non perché siamo in un momento di crisi sanitaria ma lo è perché sono scelte che partono da lontano, partono dalla volontà di privatizzare e quindi svendere i due ospedali senza preoccuparsi delle ricadute in termine di servizi ma soprattutto di tutela della salute dei cittadini”.

“I tanti amministratori locali, soprattutto della valbormida, che in queste ore criticano le scelte della Regione Liguria in tema di sanità, sono gli stessi che un mese fa alle elezioni regionali hanno appoggiato il programma dell’attuale Presidente della Regione, noi lo diciamo da tanto, troppo tempo, la sanità è una cosa seria che non deve essere svenduta ai privati. Ora è davvero arrivato il momento di mettere da parte le appartenenze politiche e badare solo alla tutela della salute dei cittadini, tutti insieme organizzazioni sindacali, istituzioni locali e cittadini con l’obbiettivo di cambiare il modello di sanità voluto dalla Regione Liguria che sta provocando disservizi e inefficienze su tutto il territorio regionale. Il primo 0banco di prova’ lo avremo tra qualche giorno, venerdì 30 ottobre, quando i sindaci del distretto socio sanitario della valbormida e Cgi, Cisl e Uil di Savona si ritroveranno per condividere e deliberare il documento finale da presentare alla Regione Liguria”.

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