Decisione

“Ragioni sanitarie per discriminare gli stranieri”: Corte d’appello condanna Alassio e Carcare

"Hanno adottato delibere, per inesistenti ragioni sanitarie, che vietavano l’accesso a stranieri senza fissa dimora".

immigrati

Alassio-Carcare. “Dopo il Tribunale di Genova anche la Corte d’Appello condanna per discriminazione i Comuni di Alassio e quello di Carcare per aver adottato delibere che, prospettando inesistenti ragioni sanitari, vietavano l’accesso nel Comune agli stranieri senza fissa dimora”.

Lo hanno fatto sapere i rappresentanti delle associazioni Arci, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Avvocato di Strada onlus, Federazione Regionale Solidarietà e Lavoro onlus.

La vicenda nasce nel 2015 quando, il Comune di Alassio, allora guidato dall’ex sindaco Enzo Canepa, ha adottato una ordinanza sindacale con la quale vietava a  “persone prive di fissa dimora, provenienti da paesi dell’area africana, asiatica e sud americana, se non in possesso di regolare certificato sanitario attestante la negatività da malattie infettive trasmissibili, di insediarsi anche occasionalmente nl territorio comunale”. E poco dopo il vicino Comune di Carcare ha fatto lo stesso.

Le ordinanze erano motivate da “presunti rischi di diffusione di malattie delle quali sarebbero portatori proprio gli stranieri provenienti dalle aree geografiche indicate (venivano citate espressamente Ebola, HIV, scabbia, tubercolosi).

Le associazioni Arci, Asgi, Avvocato di Strada onlus,  Federazione Regionale Solidarietà e Lavoro onlus hanno quindi proposto ricorso al Tribunale di Genova che, già con un provvedimento del 2017, aveva ritenuto “discriminatorie” le due ordinanze (leggi qui). I due Comuni avevano comunque deciso di insistere nella loro posizione, impugnando la decisione davanti alla Corte d’Appello di Genova.

“Ora, – hanno spiegato i legali, – con sentenza del 26 agosto 2020,  la Corte ha confermato la decisione di primo grado ribadendo il carattere ingiustificato e discriminatorio delle ordinanze comunali e condannando i Comuni al pagamento delle spese. Secondo la Corte,  le ordinanze non solo sono del tutto illogiche (‘un certificato che attesti che un soggetto non abbia nessuna malattia infettiva è impossibile in quanto comporterebbe decine e decine di analisi’) ma l’assenza di un serio esame dei presupposti di fatto ne evidenzia proprio  la finalità  discriminatoria. Scrive la Corte : ‘Il fatto che secondo notizie giornalistiche vi fossero nel territorio comunale molte persone provenienti da Africa, Asia e Sud America non è una buona ragione per inventarsi una urgenza sanitaria inesistente per allontanarle ed anzi è la dimostrazione che quella inesistente emergenza sanitaria era un escamotage per allontanare persone sgradite per altri motivi'”.

“Ancora una volta, dunque, resta confermato quanto sia assurdo e contrario alla legge l’uso delle istituzioni per perseguire finalità meramente ideologiche  che vogliono dipingere gli stranieri  sempre e comunque come portatori di pericoli per la collettività, al fine di aumentare un clima di avversione  nei loro confronti”. 

“E ancora una volta resta confermato che simili comportamenti nuocciono all’intera cittadinanza non solo per i costi che ne derivano (le spese del contenzioso graveranno infatti sul bilancio comunale e dunque su tutti i cittadini) ma soprattutto perché gettano semi di divisione e di conflitto in una comunità locale che l’amministrazione dovrebbe invece guidare secondo i valori della solidarietà e della coesione sociale”, hanno concluso.

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