Da sinistra in piedi: Ezio Volpi, Remo Moscino, Giulio Mariani, Corrado Teneggi, Valentino Persenda, Pierino Cucchi, Roberto Longoni, Nanni Ciglieri, Walter Colombo, Giancarlo Tonoli, Felice Pelizzari, Stefano Del Buono; accosciati: il magazziniere “storico” Bussetti, Luciano Angelini, Nino Parodi, Mino Persenda, Ciccio Varicelli, Albino Cella, Andrè Galindo, Duilio Zilli
Il futuro del Savona Fbc (inutile tornare su promesse mancate, palesi falsità su sostenibilità di programmi e progetti, incapacità gestionali, povertà morale e materiale, fino al totale fallimento da parte di perfetti sconosciuti mai, sottolineo mai, richiamati alle loro responsabilità da parte di amministratori pubblici, Coni, Figc, media e quel che resta della tifoseria) é come un fenomeno carsico. Appare e scompare.
Chi l’ha visto, anche solo per il tempo di un caffè in un campo di periferia, si è sentito prima allarmato e poi coinvolto nel vederlo annaspare. E come d’impulso si è richiamato a storie dei tempi passati e ad antichi salvataggi. Parola d’ordine: il Savona Fbc non deve scomparire. Non si cancellano 113 anni di Storia, quella vera, calcisticamente parlando. Mozione di sentimenti, ma tra il dire e il fare…E mentre alla Lega dilettanti si compiva l’ultimo atto con l’esclusione dalla Serie D e dai campionati inferiori, quattro amici al bar, mutuando Gino Paoli, discettavano su come e con chi andare in soccorso del blasone bianco blu, o meglio come per la pecora Dolly tentare una clonazione con cellule sane di esperienze precedenti.
Là sotto pareva esserci possibilità di veder riapparire un altro Savona: chi lo voleva “Vecchio”, chi “Nuovo”, quale che sia purché la Storia, ahi noi conclusa, non andasse perduta del tutto. Primi accorati appelli, ricerca di intese, proposte abbozzate, timide avances, apprezzabili quanto temerarie fughe in avanti con (presunti) quadri dirigenziali e tecnici. Giorni di attesa tra voci e ipotesi, anticipazioni e improvvise frenate. Tra il dire e il fare.
Costruire una società dal niente e sul niente è impresa non facile, anche partendo dagli scalini più bassi. Ed ecco che il fiume della speranza scompare di nuovo e repentinamente nel sottosuolo, nell’oblio e nella totale incertezza. Riaffiorerà? Come e quando? E per andare dove? C’è chi con buona volontà e pulsioni velleitarie, aspetta, a valle, che tra la terra smossa spunti un luccichio, (ri)emerga un filo di d’acqua. Ma come non ci si tuffa mai due volte nello stesso fiume, non sarà più, né potrà tornare lo stesso Savona Fbc fondato nel 1907 da una costola della Fratellanza Ginnastica Savonese.
Provarci si può. Si deve. Mentre la Città resta ancora una volta estranea, distaccata e silente.
Una Città che ha perso la sua identità storica di “Città del lavoro” e ormai confonde la sua quotidianità nel grigiore di una presunto vivere moderno costruito sull’appiattimento e sulla mediocrità di una cultura di un effimero da consumare subito in una sorta di voracità del nulla.
Di questo declino abbiamo scritto tante volte, spesso rievocando il passato altre volte cercando di delineare un futuro.
Oggi questo calar di tensione, questo abbandono di forza ci tocca in uno degli affetti più cari, uno dei tanti che conserviamo in questa nostra piccola Savona.
Abbiamo cercato di ricordare come gli striscioni bianco blu (divisa unica, del tutto originale nel panorama calcistico italiano) fossero anima, cuore, bandiera dello stare tutti assieme sotto la Torretta.
Tutto questo appare finito, definitivamente concluso.
Ostinatamente restiamo nella convinzione di non dover ancora esclamare: Il Savona Fbc è morto e che non si possa nemmeno aggiungere “Viva Savona”.