Campione

Quel legame speciale tra Pierino Prati e Savona che riempiva il Bacigalupo

Il calciatore più grande in maglia biancoblù. Impegno in campo e affetto per la città senza far pesare il suo glorioso passato

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Senza dubbio Piero Prati, scomparso ieri, lunedì 22 giugno, è stato il più grande calciatore che il Savona abbia mai avuto e basta scorrere le tappe della sua luminosa carriera per capirlo, a cominciare dalla tripletta nella finale di Coppa dei Campioni del 1969, vinta dal Milan al Santiago Bernabeu di Madrid contro l’Aiax.

Per non lasciare spazio agli equivoci va specificato che parliamo di calcio dei tempi moderni, pur se assai indietro negli anni, perché altrimenti andrebbero citati eroi dello sport come Valerio Bacigalupo e Felice Levratto: ecco, li ricordiamo subito.

A parte lo sfortunato campionato della retrocessione dalla Serie B nella stagione 1966-67, in cui Pierino segnò pur sempre quindici reti, è piuttosto il suo ritorno in biancoblù dal novembre del 1978 alla stagione 1980-81 ad aver lasciato a Savona il segno più incisivo di Prati calciatore e soprattutto uomo.

Molto si potrebbe capire sfogliando lo splendido volume ‘Storia del Savona Fbc – 1907/2007’, scritto da Nanni De Marco con la collaborazione di Eugenio De Vincenzo e Mario Varicelli per scoprire il rapporto speciale di Prati con i tifosi e in particolare gli ultras, compagni di squadra (tra cui un certo Walter Zenga…), dirigenti, giornalisti, in sostanza con la città. Non per nulla gli spettatori al Bacigalupo toccarono numeri da record per la C2.

Tra le amicizie savonesi di Pierino va ricordato senza dubbio Piero Iannicelli, allora titolare di un ristorante in via Pia (che si chiamava appunto Porta Pia), che Prati, quando i suoi impegni calcistici lo permettevano, frequentava con amici che venivano a trovarlo da Milano, Roma o Firenze, le città nelle cui squadre aveva militato e lasciato il segno.

I gol di Pierino aprivano il cuore a molti. Ci piace ricordare quello del Maestro ceramista Umberto Ghersi: un successo del Savona e un gol di Prati permettevano agli amici di strappare a Ghersi una delle sue opere, una civetta o un cavallo, che altrimenti non avrebbero mai lasciato il forno di Albisola in cui dava sfogo alla sua arte.

Già, le cene alla Porta Pia, alle quali ero invitato. Mi autocito solo per poter testimoniare l’attaccamento di Piero a Savona. Avrebbe potuto scendere in campo, fare i suoi gol (sarebbe stato sufficiente per guadagnarsi lo stipendio) e tornarsene a casa.

Invece Prati a quella tavola parlava del Savona e di Savona con autentico affetto nonostante il suo glorioso passato, non come uno che aveva segnato tre gol in una finale di Coppa Campioni.

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