Per un pensiero altro

Per primo fu Caos

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Pensiero Altro 24 giugno

“Dunque, per primo fu Caos, e poi/ Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti/ gli immortali che tengono la vetta nevosa dell’Olimpo,/ e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade” Nel corso del nostro ultimo appuntamento abbiamo lasciato il poeta Esiodo al cospetto delle nove figlie di Zeus e Mnemosine che si apprestavano a cantare per lui la storia dell’archè, l’inizio di ogni cosa, la nascita degli dei, la Teogonia, appunto. In chiusura dell’interessante proemio che splendidamente ci illumina circa la teoria fondativa delle arti nel mondo greco, incontriamo, al verso 116, un’affermazione dal formidabile valore filosofico e teologico: per primo fu il Caos. Non si parla in nessun luogo di un essere perfetto e razionale, di un grande progettista o matematico dal quale prese origine il tutto, esso era da sempre, era è e sarà il principio e la fine: il Caos. Inevitabile corre il pensiero al momento in cui il Dio della Torah e della Bibbia si presenta a Mosè così: «io sono colui che sono» che, secondo le regole della grammatica ebraica, significa «io sono colui che c’era, che c’è e che ci sarà», cioè «io sono colui che è sempre presente», «io ci sono» (Esodo 3:13-15).

Un’enorme distanza distingue le due affermazioni: la seconda indica un elemento temporale che scorre dal passato al futuro sostando nell’istante impossibile del presente e, aspetto forse ancor più rilevante, indica Dio come il soggetto al quale fare riferimento per comprendere, ordinare e controllare l’Essere nel suo manifestarsi secondo categorie cronologiche, un sistema ordinativo così prossimo alle strutture del pensiero dell’essere umano per il quale il tempo è ordinato, logico e comprensibile. In Esiodo, al contrario, il principio è Caos. Va precisato che nella cultura greca il termine caos non indica, come nella nostra, il disordine; se non si afferra questo aspetto che, evidentemente, non riveste solo una valenza filologica, sfugge il senso filosofico dell’affermazione. Al contrario, se lo si comprende intimamente, tale messaggio spalanca la mente a riflessioni di ordine filosofico, epistemologico e scientifico dalla portata sorprendente. Il termine Caos, è bene chiarirlo per onestà intellettuale, non è stato letto in maniera omogenea dai vari studiosi che se ne sono occupati, possiamo comunque affermare che etimologicamente indica una fessura, un baratro, potremmo definirlo,con un rimando nemmeno tanto celatojun abisso abitato dalle tenebre. Esso non è presentato come esistente da sempre, è all’improvviso seppure ingenerato ma nel per sempre si colloca e permane. Secondo alcuni potrebbe essere paragonato a quello che l’astronomia contemporanea definisce un buco nero, per altri sarebbe più opportuno il riferimento alla nebulosa oltre la quale i nostri seppur potenti telescopi non sanno vedere nel loro percorso a ritroso dei miliardi di anni fino al Big bang, non è del tutto corretto riconoscerlo nell’acqua di Talete o nell’aria di Anassimene, ma nemmeno si può spiegarlo con l’archè infinito di Anassimandro, l’àpeiron, una volta, poi, assunto il termine da Platone ecco che perde il suo significato più destabilizzante poiché diviene, in un’ottica molto più umana, la materia che verrà plasmata dal demiurgo.

Ci siamo dilungati nello spiegare più cosa non sia il Caos piuttosto che enunciare che ciò che esso è per Esiodo e per la cultura arcaica, ora proviamo a completare. Caos è un abisso nel quale tutto è indistinto, né ordine né disordine ma unità degli opposti nella tenebra più profonda dove tutto ciò che sarà è presente nelle sue infinite possibili variabili e tutte simultaneamente e non ancora. Non è poi così difficile correre col pensiero ai principi della fisica quantistica. Molto brevemente quanto misteriosamente ecco nel Caos, che comunque permane, manifestarsi “Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti/ gli immortali che tengono la vetta nevosa dell’Olimpo”. Il femminile, la grande Madre è il primo distinguo nel caos, non altro dal Caos ma un qualcosa di specifico in esso. La presenza di una madre, che tale è il femminile in una prospettiva di peculiarità, comporta il meccanismo della generazione che è sempre l’insorgere di una determinazione. La logica greca non concepì parti virginali o generazioni dal nulla, molto più pragmaticamente immaginò l’unione di due antitesi (che senso avrebbe parlare di femminile se non postulando l’esistenza di un maschile?) ed ecco che “Gaia per primo generò, simile a sé,/ Urano stellato, che l’avvolgesse tutta d’intorno,/ che fosse ai beati sede sicura per sempre”. Nessun conflitto tra maschile e femminile, solo la logica cooperazione finalizzata all’atto procreativo, ma il Caos non è scomparso, anzi, l’abisso rimane, l’ordine introdotto dalla prima grande antitesi, femminile-maschile, non ordina il Caos, ne è semplicemente una manifestazione, una possibile manifestazione, quella che conosciamo, quella della nostra cosiddetta realtà che, comunque, non cancella la “vera realtà”, cioè il Caos stesso.

Ed ora possiamo domandarci: perché non riusciamo più a vedere né a concepire il caos e ci fermiamo ad una delle sue possibili forme? Evidentemente la prima risposta è nel limite delle nostre capacità, ma se fossimo in grado di osservare l’abisso oseremmo farlo? Forse l’umanità ha via via costruito una filosofia, una teologia, una scienza che siano in grado di organizzare la nostra esistenza all’interno delle strutture dello spazio e del tempo, dell’ordine causale, del principio di non contraddizione, ma non è inevitabile che prima o poi si raggiungerà il confine della nostra stessa costruzione, che si prenderà coscienza che il cielo è di carta? Non saremo allora costretti ad infrangere quel falsocielo e ad uscire per osservare l’abisso negli occhi? Mi torna alla memoria un vecchio film di estrema attualità, The Truman show, un film che riprende il tema dell’inganno e dell’autoinganno, una prospettiva filosofica ed un paradigma scientifico che accompagna da sempre il cammino dell’uomo e, periodicamente, ne mostra le contraddizioni. Penso alla religione induista, a Calderon de la Barca, al demone ingannatore cartesiano, alla realtà delle monadi leibnitziane, alla filosofia schopenhaueriana e, ultima ma non ultima, alla fisica quantistica. Ci siamo appena addentrati nella Teogonia ed ecco che il pensiero delle origini illumina meravigliosamente i nostri passi di oggi … ed è solo l’inizio!

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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