Savona. È morto Pierino Prati, aveva 73 anni ed era malato da tempo. Grande ed indimenticato calciatore degli anni Sessanta e Settanta. Un’icona, capace di segnare oltre 200 reti in carriera. Tra queste, si ricordi una memorabile tripletta nella finale della Coppa dei Campioni 1969, nel 4-1 con cui il Milan, allenato da Nereo Rocco, annichilì il primo Ajax dell’astro nascente Cruijff, al Santiago Bernabeu di Madrid.
Appena due anni prima, stagione 1966/1967, allora ventenne, Prati intento a spiccare il volo verso i grandi palcoscenici, venne mandato in prestito al Savona, nella nostra provincia a farsi le ossa.
Una gloria effimera quella degli striscioni, nell’ultima annata in Serie B della loro storia. Le sue 15 marcature, assieme a quelle del compagno d’attacco Glauco Gilardoni, non bastarono infatti a evitare la retrocessione.
Pierino “la peste” rimase legato alla città al punto che, dopo avere scritto importanti pagine sportive nel Milan (dove vinse, oltre alla sopracitata Coppa dei Campioni, anche uno scudetto, due Coppe delle Coppe e una Coppa Italia), con la Roma, una rapida parentesi alla Fiorentina e con l’Italia (con cui si laureò, nel 1968 a Roma, Campione d’Europa), tornò sotto la torretta per altri tre anni in Serie C2, dove concluse la sua parabola agonistica.
A distanza di pochi mesi della bandiera Valentino Persenda, mancato lo scorso autunno (ndr, con 12 stagioni in biancoblù da giocatore, più due da allenatore), se ne va dunque un altro beniamino della tifoseria savonese.
Quel Savona che nel tale periodo lanciò, tra gli altri, giovani divenuti poi nomi illustri, come Furino.
E più avanti ancora, a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, un rampante Walter Zenga tra i pali.
E che esultò nuovamente alle volée del goleador d’eccezione Pierino Prati, il figliolo prodigo, rientrato nella piazza che lo aveva lanciato. 108 presenze e 48 gol totali con la casacca dei biancoblù.
In pochi ricordano. Chi era ragazzo, chi non era nato. Restano i racconti di chi oggi ha magari qualche capello più imbiancato. E le immagini, talvolta di repertorio. Le radioline e i giornali. Gli spalti dello stadio Bacigalupo gremito in ogni ordine di posto, curve comprese. Simboli di un calcio ormai tramontato.

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