Liguria. Un francescano alla guida dell’arcidiocesi di Genova. Dopo 14 anni di incarico, infatti, il cardinale Angelo Bagnasco lascia l’incarico: al suo posto il frate Marco Tasca, padovano, generale dei frati conventuali.
La notizia è trapelata questa mattina dagli ambienti ecclesiastici genovesi, fino ad una conferma indiretta con l’arrivo della convocazione della stampa, a mezzogiorno, per una “importante annuncio” da parte del cardinale Angelo Bagnasco, metropolita genovese dal 2006.
Un fulmine a ciel sereno? Quasi, o per lo meno, non del tutto: la successione alla guida pastorale della città era nell’aria, con la proroga dell’incarico di Bagnasco “in scadenza”. Ma il nome di monsignor Tasca non era tra quelli in circolazione nei mesi scorsi: ancora una volta, papa Francesco ha optato per smentire i facili pronostici. La scelta del “francescano” arriva in un periodo di profondo rinnovamento della Chiesa Cattolica, ed era stata in qualche modo richiesta da una parte della comunità dei fedeli genovesi, che a febbraio avevano lanciato una petizione per trovare una figura “di cambiamento”.
Marco Tasca è nato a Sant’Angelo di Piove di Sacco, provincia di Belluno, il 9 giugno 1957. Ha fatto il noviziato alla Basilica di Sant’Antonio a Padova nel 1977, e preso i voti nel 1981. Tra il 1977 e il 1982 ha frequentato l’Istituto Teologico Sant’Antonio Dottore a Padova, dove ha conseguito il baccellierato in teologia.
E’ stato poi a Roma dal 1982, presso il Collegio Internazionale “Seraphicum” del proprio ordine, frequentando i corsi dell’Università Pontificia Salesiana. Ordinato sacerdote nel 1983 nella sua parrocchia di origine, a Sant’Angelo di Piove. Nel 1986 ha ottenuto la licenza in teologia pastorale. Il 29 gennaio 2013 il 200º capitolo dell’ordine dei frati conventuali lo ha eletto ministro generale per sei anni, fino alla scadenza del mandato, il 25 maggio 2019.
Difficile ovviamente prevedere quali saranno i suoi accenti pastorali nel ministero genovese. Tuttavia il suo passato parla di una grande attenzione alle relazioni umane e sociali: alla rielezione a capo dell’Ordine, nel 2013 parlò circa “l’importanza dell’interculturalità legata alla possibilità di accogliersi nella diversità delle proprie identità. Questo lo dimostriamo con la nostra stessa vita e penso che questa possa essere una strada che conduca alla pace […]. È, inoltre, estremamente importante il dialogo con l’Islam”. L’impegno nel dialogo ecumenico e interreligioso, sulle orme di san Francesco, è sempre stato al centro del suo ministero come ministro generale.
Nel 2018 prese parte al Sinodo generale dei vescovi sui giovani, assise alla quale partecipò anche monsignor Anselmi: “Chiediamo ai giovani che ci ascoltino, ma anche loro vogliono essere ascoltati, essere persone che danno il loro contributo, da giovani, al bene di questa Chiesa”. Nel rapporto con i giovani, fondamentale è il linguaggio: “Le categorie di secoli fa hanno fatto il loro servizio” e oggi ne servono di nuove, aveva chiarito proprio durante il sinodo, affrontando il tema del linguaggio sulla sessualità.
Nei messaggi annuali in occasione della festa di san Francesco come ministro generale, padre Tasca ha spesso parlato di fraternità, sia riferendosi all’Italia, sia alle relazioni internazionali ed ecumeniche. Le sue parole del 4 ottobre 2018 suonano quasi profetiche rispetto alla situazione che stiamo vivendo in questi mesi di quarantena: “La politica si sta impegnando nel fornire risposte ai problemi urgenti, ma verso cosa ci muoviamo? Oggi manca un grande sogno condiviso dal popolo”.
Un arcivescovo la cui cifra, guardando al suo cammino fino a oggi, potrebbe essere riassunta con una parola: dialogo. Dialogo e apertura agli altri, un “altri” che coinvolge tutti, dai giovani ai fedeli di altre religioni, fino alle controparti politiche. E c’è anche un dialogo interno alla Chiesa, seme e al tempo stesso frutto di quella sinodalità di cui tanto si parla durante questo pontificato ma che ancora stenta a essere accolta. D’altronde padre Tasca ha preso parte a ben tre sinodi dei vescovi durante questo pontificato e ha potuto respirare da vicino quest’aria che soffia da Roma.
Per l’arcidiocesi, ma anche per l’intera conferenza episcopale ligure, si preannuncia un cambio sensibile, anche sotto il profilo teologico. Senza stravolgimenti, certo, con la gradualità e la continuità che contraddistinguono i processi della Chiesa cattolica, ma indubbiamente un profilo differente dai predecessori.