Rosso pistacchio

Silvia Romano e il peccato di non essere morta

"Rosso Pistacchio" è la rubrica al femminile di IVG: ogni martedì si parla di donne con Marzia Pistacchio

Generica

(l’immagine di copertina è di Mauro Biani)

Biondissima, bellissima e giovanissima. Con la maturità appena lasciata alle spalle, un futuro nuovo di zecca davanti al naso. L’eccitazione della tua vita che sta finalmente per decollare, tutto nelle tue mani, tutto nelle tue mani.
Decisioni da prendere, università, città nuova, dove andare a vivere ma soprattutto: cosa fare da grande.
I tuoi compagni sono in difficoltà ma tu no, tu no, tu hai deciso da sempre e quell’estate è la tua, solo tua, decisamente tua, perché dopo quella estate si inizia a costruire.

“Nonna, ho deciso che mi iscrivo a psicologia”.
“Brava, a nonna. A Genova?”.
“No, a Torino”.
Singhiozzi sommessi. Lacrime. Sospiri e singhiozzi.
“A Torino!! Da sola!! Senza nessuno!! Che è pieno di neri e chissà cosa ti fanno!!”.

Non ci sono andata a Torino. Per non far piangere la nonna né altri.
Ma sì, stai qui vicino, è comodo, vai e torni, a pranzo sei a casa e mamma ti cucina.
Ma sì, dove devi andare, è comodo, vai e torni, dormi a casa al sicuro.
Ma sì, stai qui vicino, è comodo, vai e torni, a pranzo sei a casa e nessuno ti fa del male.

Il problema non sono i 4 milioni, il velo, la conversione, il sorriso.
Il problema non è che in Africa ci vuol tornare.
O se si è sposata.
O se la hanno trattata bene.
Il problema è che è donna.

Il problema è che una giovane, colta, bella donna italiana, doveva starsene a casa.
Non mettere in pericolo sé stessa e il proprio paese, e per cosa? Per aiutare quegli adorabili musetti cioccolatino, che basta adottare a distanza, e far vedere alle amiche a Natale nelle foto che vi mandano dopo il bonifico.
Rimanere a casa, fare cose che alle donne evolute è concesso: fare volontariato, mettere un bel tailleur, andare in chiesa, sposarsi.

E invece ha peccato di ubris, se esiste un ubris dedicato alle donne, e se non c’è lo invento io ora che tanto già mi dicono che sono arrogante.
L’ubris femmina. Il peccato di essere se stessa, libera, pensante, viaggiante.
Il peccato di voler vedere il mondo e magari cambiarlo. Perché, ve lo svelo, a ventitrè anni alcune creature privilegiate hanno ancora il desiderio di volerlo fare.

L’ubris femmina. Il peccato di essere bella in un posto pieno zeppo di grossi membri neri.
L’ubris femmina. NON ESSERE MORTA.
Il peccato di essere viva. Di essere sopravvissuta. Il peccato di avere ancora un sorriso stampato in volto, una speranza, una scintilla di vita così forte in quegli occhi che ci fa tremare, ci fa sussultare perché noi, noi non la abbiamo mai avuta né mai l’avremo.
Il peccato del coraggio.
E se fosse morta avremmo pianto. Avremmo cantato e sventolato il tricolore e ci saremmo sentiti uniti e disperati. Ma rassegnati e in un certo senso pacificati dalla giustizia degli eventi.

Io non sono andata a Torino, dove era pieno di neri. Sono andata a Genova. Mi sono iscritta a giurisprudenza e la ho mollata un mese dopo perché mi faceva schifo.
Non ho voluto far piangere mia nonna.
E oggi mi guardo allo specchio e cerco, disperatamente, di vedere nei miei occhi il rimasuglio, il resto, l’ombra, di quella diavolo di scintilla.

“Rosso Pistacchio” è la rubrica di Marzia Pistacchio, che ama definirsi “una truccatrice struccata”. Ogni martedì uno spazio al femminile dal taglio volutamente “leggero” in cui parlare a 360 gradi di tutto ciò che ruota intorno alle donne. In salsa savonese, naturalmente. Clicca qui per leggere tutti gli articoli

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