Albenga. C’è chi ha tirato su le serrande della propria attività già da settimane, la gran parte solo ieri. Ma c’è anche chi è in “ritardo” (tanti per adeguarsi alle nuove normative) e chi è destinato a non riaprire più i battenti. Almeno non nella “vecchia veste” ed è “obbligato” a reinventarsi per non perdere tutto e non lasciare decine di famiglie di dipendenti letteralmente in mezzo alla strada.
È il caso, ad esempio, di Pingusto, in viale Liguria ad Albenga. Un locale aperto da 6 anni circa, molto noto e frequentano da centinaia di albenganesi e non. Ma dal quale arriva un grido d’allarme, che parte dalla Città delle torri ma che coinvolge, a cascata, tutto il mondo dell’all you can eat, savonese e non solo, rischiando di compromettere (forse definitivamente?) un business florido e molto amato dalle persone.
“Con queste nuove regole, la formula dell’all you can eat non funzionerà più, – ha spiegato il titolare di Pingusto Albenga Michele Neri. – Si tratta di locali che vivono e guadagnano sulla quantità delle persone che li frequentano e oggi, causa Covid19, non le avranno più. I distanziamenti sono giusti per fermare il virus, ma purtroppo noi che abbiamo locali che lavoravano anche con buffet a pranzo (oggi non permessi) ci troviamo fortemente penalizzati”.

“Siamo in un locale molto frequentato, che faceva una media di 1.500 coperti a settimana, mentre oggi ci troviamo con numeri enormemente ridotti. Lo abbiamo inaugurato 6 anni fa, grazie soprattuto alla formula dell’all you can eat. È cambiato tutto e ci restano due opzioni: la chiusura totale o reinventarci sotto una nuova veste”.
“Non sarà semplice e c’è ani he un evidente rischio imprenditoriale, ma cercheremo di adattarci e cercare di non puntare più non solo sulla quantità, ma anche e soprattutto sulla qualità. L’idea è quella di realizzare un sushi bar, che lavorerà molto d’asporto, come del resto stiamo comunque continuando a fare ora, anche se il ristorante non è aperto al pubblico”.

Una scelta, quella di cambiare veste, obbligata anche per questioni morali, che legano Neri ai circa 20 dipendenti che, da anni ormai, collaborano con lui: “Ogni imprenditore con coscienza si sente responsabile della vita dei propri dipendenti: sono coloro che fanno andare avanti i nostri locali, sono la nostra forza. Mi sono ritrovato a farmi esami di coscienza e a sentirmi in colpa perché ad oggi i miei lavoratori non hanno ancora visto un euro di cassa integrazione. Vederli demoralizzati e preoccupati perché non sanno come dar da mangiare ai propri figli mi fa star male. Abbiamo 20 famiglie alle quali non possiamo dare sicurezza, stabilità e futuro”.
Quindi, la conclusione, con l’amara riflessione del giovane imprenditore: “Ci siamo ritrovati con tante promesse, ma pochi fatti. Tanta propaganda politica, ma soprattuto tanta confusione: il decreto dello Stato è diverso da quello di Regione Liguria, che è ancora diverso dalle linee guida di Inail. Non me la sento di riaprire per mettere a repentaglio i sacrifici che abbiamo fatto per anni. Sono giovane, ma su Albenga ho sempre investito. Oggi mi sento affranto. Tutti gli anni versiamo fio fior di tasse e contributi, ma quando siamo stati noi ad aver bisogno dello Stato, ci ha risposto con un 2 di picche”, ha concluso il titolare di Pingusto Albenga.