Per un pensiero altro

Potere e simulacri

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Pensiero Altro 13 maggio

“Se posso permettermi il lusso del termine, da un punto di vista ideologico sono sicuramente anarchico. Sono uno che pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio” Sono parole di un nostro grande conterraneo: Fabrizio De André. Certo, il pensiero anarchico è così ampio e multiforme che sarebbe riduttivo pensare di poterlo riassumere in una sola frase, ma l’affermazione di De André centra un aspetto fondamentale: per quale ragione esiste il potere di un essere umano su un altro essere umano? Non sarebbe più saggio ascoltare le parole di San Paolo quando afferma che non potrebbero esserci trasgressioni se non ci fossero regole? In ogni caso è ben radicato nel pensiero collettivo il convincimento che un potere sia indispensabile al vivere in società che altrimenti ognuno perseguirebbe solo il proprio interesse senza curarsi di quello degli altri. In verità mi sembra che ora, in un sistema che si è sclerotizzato sulla logica del potere, gli esseri umani si comportino proprio in quel modo, secondo la regola del più gretto egoismo, e forse la causa è da cercarsi proprio nel sistema che dovrebbe evitare tale atteggiamento! Bene, delle due l’una, o ci si rende conto che l’uomo sarebbe più solidale e attento all’altro senza obblighi in tal senso o si deve ammettere che la logica del potere ha decisamente fallito, in ogni caso si ritorna all’affermazione deandreiana. Come possiamo procedere?

Vi voglio raccontare una antica leggenda sull’origine del potere! Si narra che all’inizio del tempo, proprio nell’istante in cui l’uomo scoprì di sentirsi diverso dagli altri esseri viventi, per una qualche misteriosa ragione i vari organi del suo corpo cominciarono a combattere una assurda lotta per decidere chi dovesse comandare. Per prime parlarono le mani: “È certo che sia nostro diritto, se non addirittura dovere, esercitare il potere sul corpo. Come tutti sanno sono le mani che rendono l’uomo faber, costruttore, manipolatore di materia e quindi padrone delle cose”. Dopo un breve istante di silenzio si sollevò la voce delle gambe: “Certo, il ruolo delle mani è rilevante, come non riconoscerlo, ma che sarebbe l’essere umano senza di noi? Rimarrebbe immobile come un sasso e a ben poco gli sarebbe utile la sua manualità. A buon diritto reclamiamo noi il ruolo di comando”. Non avevano ancora terminato il loro intervento le gambe che si udì il parlare profondo del cuore: “Che dovrei dire allora io, non è forse il mio ruolo imprescindibile? Il corpo morirebbe in pochi minuti se solo non pulsassi ininterrottamente il sangue nelle vene. Credo a ragione di poter esigere di essere il vostro capo”. Fu quindi il turno degli occhi: ”Però è certo che senza di noi nulla sarebbe accessibile all’uomo, a poco sarebbero utili le mani, addirittura pericolose le gambe, ed anche il cuore … a che serve vivere se non si può vedere la luce del sole?” conclusero gli occhi non senza una certa enfasi. In breve tempo ogni organo del corpo cominciò a manifestare la centralità del proprio ruolo esigendo il diritto al comando, uno spettacolo grottesco nel quale tutti parlavano e nessuno voleva prestare attenzione agli altri, fino a che tuonò imperiosa la voce del cervello: ”Adesso basta, troppo a lungo ho ascoltato i vostri deliri, mi vedo costretto ad intervenire. È evidente che sia io il più idoneo al comando, io che sono il gestore del pensiero, io che possiedo memoria e progettualità, io che ho permesso all’animale di sapersi uomo e di elevarsi al di sopra di tutti gli altri viventi, è per … insomma io … ma che succede?” Nel corso del suo intervento il cervello cominciò a sentirsi poco bene, subito dopo le gambe si accorsero di non riuscire più a reggere il peso del corpo, le mani tremavano disorientate, gli occhi videro confondersi forme e colori, il cuore stentava a svolgere il suo lavoro. Nel panico generale si poté ascoltare una voce ben poco elegante che ridacchiando sentenziò: “Permettete che mi presenti, sono l’ano, e non sono bravo con le parole, ma da quando avete iniziato a discutere sono entrato in sciopero ed ora state male e, se non riprendo il mio lavoro, la vostra fine è segnata. Bene, per farla breve, o accettate che sia io a comandare o non ci sarà nulla su cui esercitare il potere”. Tutti gli organi del corpo non avevano più forza per combattere e non poterono fare altro che sottostare al ricatto ed è da allora che, per sempre, chi anela e detiene il potere non può essere che uno s……!

Si tratta di una leggenda, magari le cose non sono andate esattamente in questo modo, quello che è certo è che il finale suggerisce uno sguardo critico e riflessioni severe. Diversi autori classici affermano che il potere diviene qualcosa solo nel momento in cui viene esercitato, e questo rimette al centro della riflessione il soggetto. In effetti nulla rivela più profondamente la natura di un uomo se non il consentirgli di gestire il potere. Lo si può verificare nel quotidiano, non serve scomodare i libri di storia. Il potere lo esercita chiunque, in misura diversa, ma chiunque, un esempio ? Un impiegato allo sportello! Ancora più pericoloso è quando lo può fare occultato dietro uno schermo o un telefono, senza doverci mettere la faccia. In quei frangenti riconosci l’odore anche attraverso il computer o l’apparecchio telefonico, già, perché il potere è lo stesso, cambiano gli uomini, puoi infatti avvertire profumo di rispetto e solidarietà oppure il più sgradevole odore di merda. Forse aveva ragione Spinoza quando affermava che chi detiene il potere ha bisogno che le persone siano affette da tristezza, già, perché la tua quota di potere la misuri su quanto fastidio puoi suscitare negli altri, ma potresti essere di certo più gratificato dall’aiuto che il tuo potere può offrire, ovvio, solo se sei della categoria profumata.

L’analisi più attuale sul concetto di potere la si può riconoscere nelle riflessioni di Pier Paolo Pasolini, in effetti il grande fustigatore del sistema borghese aveva colto il nocciolo ideologico che sta alla base del potere moderno: trasformare ogni essere umano in un produttore consumatore. A quel punto sei libero di desiderare quello che vuoi, di lottare per ottenerlo, di giudicare le persone in base a ciò che possiedono o vorrebbero possedere, l’importante è che non ti renda conto che il tuo reputarti diverso da un altro perché diverse sono le brame sia solo un inganno per far sopravvivere l’ingranaggio mercato, la nuova astuta sorridente ed ingannevole faccia del potere. Denaro e mercato, ecco i due simulacri genitori del nostro sistema: il papà denaro che sposa il mercato, eccellente connubio fondato sull’interesse reciproco; la mamma mercato che conserva l’unità della coppia con servile compiacimento garantendosi l’agiatezza; l’immancabile “altro”, il potere, che pasolinianamente si accoppia con entrambe: il teorema è servito. L’universo orrendo del cinema pasoliniano si presenta: un folle spettacolo in cui recitano simulacri capaci solo di generare il nulla, un’immensa celebrazione del nulla che acquista realtà solo attraverso l’inganno al quale è bene che tutti credano, ma il concetto di simulacro come metafora dell’oggi merita altro spazio che in questa sede, per questo appuntamento, non è opportuno impiegare.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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