Nuovo mondo

I bar “da asporto” al tempo del Covid: percorsi, frecce e chiacchiere a distanza fotogallery

E i negozianti si dividono: per alcuni "qualche caffè è meglio di niente", altri aspettano certezze prima di riaprire

Albenga. “È bello rivedere i clienti, tanti dei quali sono amici, dopo mesi di ‘astinenza’. Ma il mese di lockdown ha avuto conseguenze catastrofiche in termini economici. Aiuti dallo Stato, di fatto, non se ne sono visti e sebbene la ripartenza, la cosiddetta Fase 2, sembri funzionare, è comunque lenta e incompleta. Abbiamo bisogno di qualcosa in più”.

Può riassumersi così il pensiero dei tanti baristi di Albenga che, a partire da lunedì 4 maggio, dopo oltre un mese di chiusura totale, hanno rivisto la luce fuori dalle proprie serrande, che sono state finalmente riaperte. Sono molto pochi a dire il vero perché tanti, per svariati motivi, non se la sono sentita.

E sono numerose, di conseguenze, le vie della Città delle torri che, nonostante l’allentamento del lockdown, risultano deserte in termini di attività commerciali. Scenari quasi surreali, con persone dal volto celato dalle mascherine che passeggiano lungo viali e arterie stradali svuotate della loro “anima” ovvero da decine e decine di attività commerciali. 

IVG.it, in una sorta di “tour”, ha intervistato 5 titolari di bar di Albenga per capire l’andamento della Fase 2 a pochi giorni dal suo avvio. Quel che è certo è che nessuno di coloro che ha deciso di riaprire, per ovvi motivi legati alle disposizioni sanitarie, lo ha fatto in un clima di normalità. 

C’è chi ha disegnato percorsi all’interno del proprio locale, con tanto di frecce e cartelli, chi riesce a servire dal bancone affacciato sulla strada, ma deve poi invitare i clienti ad allontanarsi per bere e mangiare, e chi, ancora, ha allestito una sorta di postazione esterna per garantire le distanze e evitare gli assembramenti. 

“Dopo due mesi chiusi in casa, fare qualche caffè è meglio di niente, ma non è certo semplice in queste condizioni, – ha dichiaro Manuela Messina, titolare del chiosco “Il Galeone”. – Noi abbiamo il bancone che da sulla strada per fortuna e la gente passa a prendere il caffè e se na va: almeno da questo punto di vista siamo facilitati”. 

“I clienti bisogna dire che rispettano le regole, ma se passano a prendere il caffè è normale che si scambino anche quattro chiacchiere, è inevitabile. Sono mesi che non vedono e non vediamo nessuno. Con i guanti e le mascherine impareremo a conviverci. Possiamo solo sperare che le cose migliorino, ma sono stati mesi davvero pesanti: soldi lo Stato non ne da ed è stato difficile. Speriamo pian piano di recuperare almeno la stagione e fare qualcosa”, ha concluso. 

Al bar Matteotti, di fronte alla stazione ferroviaria, invece, sono stati presi altri provvedimenti, come ha spiegato Savino Fezza, titolare insieme al fratello Ezio: “Bisogna stare tranquilli, avere pazienza e cercare di recuperare quanto perso anche se non è semplice. Noi abbiamo la fortuna di avere spazio davanti al bancone all’ingresso e abbiamo cercato di sfruttarlo al meglio per garantire le distanze, con cartelli apposti sul pavimento e un ‘vetro’ di plexiglass che ci divide dai clienti. In linea di massima gli avventori si comportano bene, ma alcuni vanno talvolta ripresi e redarguiti”. 

Fase 2, il

“Per noi il lockdown è stato ‘tanta roba’, ma in termini negativi. Ci siamo ritrovati senza incasso dalla sera alla mattina e non ce l’aspettavamo così tragica. Siamo tra le categorie che hanno subito un forte danno immediato, ma bisognerà ancora capire quali saranno le ricadute anche per altre attività e settori. Possiamo solo rimboccarci le maniche e andare avanti”. 

E c’è poi chi ha deciso di lavorare all’esterno, allestendo una sorta di postazione fuori dal proprio bar per garantire il distanziamento sociale ed evitare assembramenti. 

Si tratta di Rosario Bisesi del “Karma Caffè”, che ha spiegato: “Si tratta di un mondo nuovo per tutti, per noi e i clienti. Proviamo a seguire le regole alla lettera e per fortuna i nostri avventori ci aiutano. Riusciamo a far poco, ovviamente, ma almeno è un modo per incassare qualcosa e per far fronte alle spese, visto che lo Stato non ci è stato molto vicino. Contatti brevi e veloci per evitare assembramenti e possibili contagi: è un lavoro limitato e più complicato, ma siccome tutti abbiamo bisogno di lavorare ci dobbiamo adattare e andare avanti”. 

Fase 2, il

“Purtroppo la chiusura prolungata è stata un duro colpo per piccole e grandi aziende: lo Stato non ci è stato vicino come speravamo. Speriamo che la Fase 2 fili liscia e che ci permettano di riaprire davvero: ora devi stare sempre attento ad ogni minima cosa e anche alle azioni dei clienti, che non dipendono da te ma possono avere ripercussioni sulle attività. Abbiamo bisogno di poter sfruttare meglio anche le aree esterne e speriamo di poterlo fare dal 18 maggio per lavorare meglio e in modo meno complicato e pericoloso di adesso”. 

Problemi enormi per tutti e, ancora di più per chi, come Nico Ferrara dello storico “Caffè Roma”, deve preoccuparsi anche del presente e del futuro dei suoi dipendenti: “La Fase 2 è iniziata abbastanza bene: pensavo peggio, sono sincero. La gente ha tanta voglia di tornare alle vecchie abitudini, tornare a prendere il caffè al bar e socializzare. Ma il lockdown è stato un disastro e la mia preoccupazione è per il futuro. Sarà molto difficile ritornare ai regimi di prima. Personalmente non ho ricevuto nemmeno i 600 euro dallo Stato e ho dipendenti che, a loro volta, hanno spese e famiglie. I licenziamenti sono bloccati ed è una cosa che ritengo giusta, non vorrei mai lasciarli a casa, ma è ovvio che gli orari di lavoro dovranno essere ridotti in tutte le attività, con conseguenze devastanti a cascata sull’economia”. 

Fase 2, il

“Lo Stato deve intervenire in maniera decisa, non solo sospendendo le spese fisse, ma fornendo anche aiuti a fondo perso per favorire una vera ripresa. Ho colleghi baristi e ristoratori che hanno deciso di non riaprire del tutto e lo Stato si troverà di fronte a tantissime partite Iva e altri lavoratori disoccupati: questo porterà ad un aggravio nelle richieste di aiuto e, allo stesso tempo, impedirà a tante persone di spendere in negozi e attività come facevano prima”, ha concluso. 

Fase 2, il

Tra i bar ancora chiusi, ma ormai prossimo alla riapertura, c’è anche il “Family Coffee” di Alessia Preziuso, che ha preferito aspettare: “Riaprirò solo lunedì prossimo perché, ad essere sincera, temevo che lo Stato ci facesse richiudere nel giro di poco tempo e per me avrebbe significato ulteriori spese a fondo perso: non me lo potevo permettere. Io sono stata tra coloro che hanno ricevuto i 600 euro ad esempio, ma di certo non sono stati sufficienti. Abbiamo dovuto tirar fuori di tasca nostra i soldi per le spese fisse e andare avanti anche con la nostra vita. La paura di riaprire è di indebitarsi ulteriormente senza avere incassi sufficienti a coprire le spese è stata ed è tanta, ma alla fine riaprirò anche io perché ne abbiamo bisogno”. 

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