È da poco passata l’una del mattino in Via dei Georgofili, quando un boato sconvolge il centro storico della città.
L’esplosione distrugge la Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili.
Sotto le sue macerie muoiono la custode dell’Accademia, Angelamaria Fiume in Nencioni, e i componenti della sua famiglia: il marito Fabrizio e le figlie Nadia 9 anni e Caterina, 50 giorni.
Si incendia inoltre un edificio di Via dei Georgofili e tra le fiamme muore uno studente di 22 anni, Dario Capolicchio.
Trentotto feriti, innumerevoli le ricadute agli edifici artistici e religiosi circostanti: la Chiesa di S. Stefano e Cecilia e il complesso artistico monumentale della Galleria degli Uffizi.
Dipinti di grande valore completamente distrutti mentre il 25% delle opere presenti in Galleria danneggiate gravemente.
In quell’anno altri ordigni esplosero a Roma e Milano.
Preciso il disegno criminale alle spalle: destabilizzare il funzionamento delle istituzioni democratiche e la vita civile del paese.
Grazie all’impegno di Gabriele Chelazzi e Pier Luigi Vigna, i magistrati che seguirono l’inchiesta, emerse con chiarezza la matrice mafiosa della strage, attuata con la precisa volontà di condizionare la vita politica strappando situazioni di favore per i boss detenuti nelle carceri di massima sicurezza.
Cosa nostra aveva infatti deliberato un vero e proprio stato di guerra contro l’Italia, volto a intimidire e minacciare le istituzioni affinché quel regime di norme penitenziarie restrittive nei confronti dei Boss potesse essere rivisto, pena lutti e devastazione al Paese intero.
Colpire il patrimonio artistico del nostro paese è colpire una millenaria storia, è distruggere il cuore di un paese.
…”un magistrato assassinato viene sostituito, con un commissario avviene la stessa cosa”…
Questa l’atroce, fredda e determinata teoria di chi ha deciso che bisognava distruggere l’insostituibile.
Quindi il 27 Luglio 1993 un’ altra bomba fece esplodere il Padiglione di Arte Contemporanea di via Palestro a Milano, e, il giorno successivo, 28 Luglio, a distanza di cinque minuti tra loro, alla Basilica di San Giovanni e alla chiesa di San Giorgio a Velabro a Roma.
La mafia, e tutte le organizzazioni criminali hanno purtroppo ramificazioni profonde nella società: hanno agganci, risorse, e solo il lavoro di uomini di coraggio e di valori han permesso, negli anni, di smantellare piano piano le fondamenta, e indebolirne la struttura.
Abbiamo bisogno di legalità.
Perché uomini come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Piersanti Mattarella, Rosario Livatino, Luigi Calabresi, e tutti gli uomini e le donne che con loro hanno perso la vita non siano morti invano, e perché tutti coloro che oggi combattono questa “montagna di merda” con tutte le loro forze, vadano avanti con coraggio, quel coraggio che arriva anche dalla certezza di non essere soli, mai!
Angelo Vaccarezza