Idee a confronto

Savona, piano per rilanciare la Darsena ma c’è chi dice no: “A queste condizioni meglio chiusi”

La proposta è stata avanzata nella giornata di ieri da alcuni esercenti, ma non ha accolto il favore di tutti

Savona Darsena generica

Savona. Steward e spazi comuni per far fronte al rischio contagi. È questa, in estrema sintesi, l’idea lanciata da alcuni esercenti della darsena savonese per far fronte alle nuove normative sanitarie. 

Una soluzione, quella invocata dai commercianti, che suona come un grido disperato di fronte alle incertezze economiche scaturite dall’emergenza sanitaria: “Le generose dimensioni, la propensione alla sorvegliabilità dovuta alla conformazione raccolta della vecchia darsena si prestano in maniera ottimale alla creazione di un ‘villaggio’ salubre ed idoneo ad un servizio diffuso di ristorazione” spiega il promotore dell’iniziativa, Luca Mantovani, all’interno di un documento indirizzato al Comune di Savona ma anche a polizia municipale, Autorità Portuale e Demanio Marittimo.

L’idea degli esercenti prevederebbe la realizzazione – all’interno di aree ad accesso pubblico di proprietà del comune e del demanio e dell’Autorità portuale – di zone di accoglienza libere garantite da piani di sanificazione e con la presenza di steward anche a servizio dei pubblici esercizi. I cittadini, secondo il progetto degli esercenti, potrebbero prenotare un tavolo con i soli oneri di sanificazione e allo stesso modo acquistare e farsi consegnare, in modalità idonea alle disposizioni sanitarie, cibi e bevande da parte degli esercizi della Darsena che aderiranno al servizio.

I promotori dell’iniziativa, inoltre, ipotizzano anche la realizzazione di un App dedicata al servizio di prenotazione degli ordini e dei pagamenti. I costi della fruizione, pulizia, igienizzazione, gestione tavoli e del servizio, invece, verrebbero addebitati direttamente agli avventori in quota pro capite come “servizio accoglienza” con un costo fisso per persona.

Ma se da un lato c’è chi intravede in questo progetto un modo per ritornare ad una pseudo-normalità, dall’altro lato c’è chi non ci sta. E’ il caso ad esempio di Domenico Quacquarelli, proprietario di un locale della darsena: “A queste condizioni è inutile riaprire – spiega il commerciante a IVG – i margini di guadagno, con le nuove regole, sarebbero troppo bassi e a questo punto è meglio restare chiusi”.

Affitti da pagare, rischio di una nuova impennata dei contagi e regole “apparentemente” impossibili da far rispettare, soprattutto per determinate attività. Così Domenico, quanto meno al momento, non riesce a intravedere la luce in fondo al tunnel: “Nessuno sta pagando gli affitti e in questo momento siamo tutti rovinati – spiega il commerciante savonese – Inoltre ci sono alcune attività per le quali sarebbe impossibile far rispettare le normative anti-assembramento. Pensiamo ad un pub in Darsena, per esempio”.

Domenico, in definitiva, non ha dubbi: “Se vogliamo salvarci, non dobbiamo riaprire. Parlo con i miei colleghi ogni giorno e non solo l’unico a pensarla in questo modo. Le bollette non si abbassano, gli affitti restano. Al momento il ‘gioco’ non vale la candela” chiosa il commerciante savonese.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Cristian Saporito, titolare di un locale a Legino: “Ho un locale di 60 mq e farci riaprire a queste condizioni è improponibile – racconta il commerciante -. Non avrei più il giro di prima e di conseguenza i guadagni non mi permetterebbero di arrivare a fine mese. Il problema è che loro vogliono farci comunque riaprire, ma io pago 980 euro di affitto al mese, aggiungiamoci il commercialista e i fornitori. I conti non possono tornare”.

Un deciso no alla riapertura arriva anche Alessia Rea, proprietaria del ristorante Ancora 2 a Savona: “Insieme a mio marito abbiamo fatto una simulazione per vedere quanti posti resterebbero a disposizione nel locale con le nuove normative – racconta la commerciante – ed è assolutamente impensabile riaprire a queste condizioni. La gente ha ancora troppa paura e per il momento è più conveniente, sotto tutti i punti di vista, continuare con le consegne a domicilio. Vogliono farci riaprire, ma devono metterci nelle condizioni per poterlo fare. Siamo stanchi e, dopo anni di sacrifici, stiamo morendo di fame”.

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